Californium - Recensione

PC

Le opere e la genialità di Philip K. Dick hanno ispirato tantissima produzione videoludica più o meno recente: ne parliamo in questo ricchissimo speciale dedicato all’autore americano.

Per una volta Philip Dick non è solo l’ispiratore, saccheggiato di spunti e idee, ma il vero fulcro di un videogioco. O di un’esperienza interattiva, se pensate che non sia lo stesso“. Con questa frase apriva l’anteprima di TGM (cartacea, la trovate qui) dedicata a Californium, riassumendo a grandi linee l’ispirazione e il succo del gioco di Darjeeling. Una marea di titoli devono qualcosa alle suggestioni dello scrittore californiano – anche se molte di queste passano, a loro volta, da reinterpretazioni cinematografiche – mentre Californium prova a fare qualcosa di molto più specifico, cerca di mettere il fruitore in contatto diretto con la letteratura di Philip Kindred Dick. Vedremo come questo fattore sia parte dei problemi del gioco, e alcuni dei mugugni dipendono proprio dalla mia doppia condizione di videogiocatore e adoratore di P.K.D., unico e vero idolo che continuo a venerare come un bimbetto. Californium è fin troppo “scolastico” nel parlare dei temi cari all’autore, e quando prova a essere un videogioco lo fa in un modo che – almeno, io lo penso fortemente – sarebbe sembrato erroneo persino a Dick. Probabilmente i videogiochi gli sarebbero piaciuti tantissimo, su questo io e Darjeeling Prod. siamo perfettamente d’accordo, ma ne avrebbe senz’altro individuato le potenzialità più estreme. Molto più estreme.

TIME (AND SPACE) OUT OF JOINT

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Riavvolgiamo il nastro del gioco. Elvin Green è uno squattrinato scrittore di Berkeley, appena lasciato dalla moglie con un biglietto sul tavolo – a suo modo gentile – e in evidente difficoltà anche sul lavoro. Le persone per strada sembrano – anzi sono, nel raffinato stile visivo del gioco – figure bidimensionali messe lì per ricordare paranoicamente a Elvin la sua debolezza e impreparazione al mondo, persino quelle che gli sono evidentemente amiche. All’improvviso, la lettera greca Tetha appare sulla televisione del suo appartamento, e una voce gli entra in testa delirando di cose che potrebbero non essere quello che sembrano. Così inizia il viaggio di Elvin Green attraverso mondi lontani nel tempo e nello spazio, che lui dovrà aprire… sempre nello stesso fottutissimo modo.

Californium prova a metterci in contatto diretto con la letteratura di P.K.D.

Le citazioni variano da quelle giustamente risapute – ma che alcuni potrebbero comunque non conoscere – ad altre più raffinate e dirette, evidentemente, a chi conosce già il lavoro dello scrittore. C’è la figura ricorrente della moglie Thea, che torna in ogni mondo ma, va detto, non ha mai la connotazione spesso spaventosa che le figure femminili hanno nei libri di P. Dick; abbiamo poi elaborate distopie che controllano i cittadini, minatori marziani in rivolta e macchine che vanno a prevaricare e distruggere gli esseri umani, insieme a tante altre suggestioni di cui sarebbe fin troppo logorroico elencare la provenienza. E ovviamente ci sono un paio di temi portanti, quello nel segnale che entra nel cervello di Elvin, come in Radio Libera Albemuth e VALIS, insieme alla sottile consapevolezza di trovarsi nel gioco di qualcun altro, di essere protagonisti di trasformazioni al di fuori della nostra volontà, come accade in Ubik, Le Tre Stigmate Di Palmer Eldritch e in un sacco di altre opere di Dick.

MONDI IMPERFETTI

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Tutto questo va benissimo, naturalmente, ma nasce da un approccio alquanto didascalico (comunque comprensibile: il progetto nasce da un documentario, ndII-V). Soprattutto, sfrutta fino a non poterne più l’idea del pixel hunting in uno scenario tridimensionale, ripetendolo in luoghi più piccoli e in intere porzioni di città, comunque molto contenute nelle dimensioni. È apprezzabile nella prima ambientazione, come apertura alla storia, e sono pure godibili le distorsive variazioni dell’ambiente per guidarci allo spot interattivo, ma non si va oltre a questo e, anzi, l’ossessione di dover trovare tutti i varchi diventa presto fastidiosa. Alla lunga distoglie persino dalla storia, senza contare il fatto che, per come la vedo io, far sempre tutto nello stesso modo non è certo una caratteristica saliente della letteratura di Dick.

C’è più Philip Dick in The Stanley Parable che in Californium

Nella materia di Californium si nasconde la soluzione a tutto questo, in particolare nel libro dell’I-Ching che viene citato in uno scenario, sulla cui consultazione Philip Dick ha fondato la bizzarra non linearità di The Man in the High Castle (da cui, com’è noto, è tratto un notevole serial di Amazon). Ogni passaggio saliente del libro è deciso affidandosi al libro cinese degli Oracoli, con responsi arbitrari ma non soggettivi che, specie in un videogioco, potrebbero aprire a tante diramazioni della trama e, forse, anche del finale. Tale considerazione mi sembra troppo specialistica per farla entrare nel giudizio, e tuttavia sono fermamente convinto che ci sia più Philip Dick in The Stanley Parable, o anche nel pur diversissimo Everybody’s Gone to the Rapture, piuttosto che nella timida interpretazione di Californium. Peccato.

L’opera prima di Darjeeling è una creatura ambiziosa e a suo modo utile, ma non riesce a esprimere al meglio le pur notevoli potenzialità. Come omaggio a Dick è scolasticamente corretto ma fin troppo didascalico, e comunque fa quello che oggi può essere tranquillamente evitato, in tema di avventure interattive in prima persona: prova a essere un videogioco vero, e in questo risulta tremendamente semplice e ripetitivo. Gli amanti di Dick possono trovarci spunti interessanti, ed è dotato di grafica e stile visivo di notevole fascino, ma risulta uno strumento imperfetto nel veicolare l’articolata materia di questo inarrivabile autore, trattata in modo più arguto da altri magnifici videogiochi.

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Pro

  • Efficace stile visivo.
  • Tante belle citazioni.
  • La "superficie" di Dick è sempre affascinante...

Contro

  • ... ma non si va molto al di sotto.
  • Molto ripetitivo sul piano ludico, fin quasi a diventare fastidioso.
7

Buono

Marietto è così dentro alla sci-fi che non riesce a trovare la strada per uscirne. Per lui i videogiochi sono proprio questo, una porta per accedere a un pezzo di fantascienza che si realizza qui e ora, senza aspettare la fine del mondo.

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