Il vero problema del franchise di Predator è che, dopo il primo storico capitolo, il resto sono stati film che hanno mancato un gradimento che mettesse d’accordo tutti. Quello che piaceva al pubblico non piaceva alla critica e viceversa e di mezzo ci si è messo il boxoffice che ha registrato sempre numeri bassi, al netto di sequel che cercavano comunque di tentare nuovi approcci, anche interessanti, fallendo tuttavia nella commercializzazione del progetto. Predators del 2010 e The Predator del 2018 sono gli unici due che, pur non trovando il plauso della gran parte del pubblico, osavano qualcosa di diverso, dato che il classico stilema di Predator aveva già fallito nel sequel del 1990.
Dunque, per non gettare alle ortiche un potenziale marchio vincente, 20th Century Studios (che ora, ricordiamo, si riorganizza sotto direzione Disney) tenta la carta dello streaming diretto su Disney+ e una collocazione temporale antecedente a quanto narrato, creando con Prey un prequel nemmeno vicino: ci si sposta nel 1719, dove il classico Predator ferale si scontra con una tribù Comanche, mentre una ragazza cerca di farsi strada nella caccia ed essere riconosciuta dal suo stesso gruppo.
D’altra parte, cambia il titolo ma la sostanza rimane invariata: da Predator a Prey il passo è breve ed è un cambio ben distinto nella logica narrativa degli eventi. Nella scalata di ricerca di un avversario adeguato, il feroce alieno inizierà con animali di piccola taglia, per poi scoprire e concentrare i propri sforzi sul genere umano, ancora privo di tecnologia, ma capace di sfruttare l’intelletto e la naturale predisposizione alla sopravvivenza, così da trasformare una preda innocente in una predatrice assetata di sangue, dall’esecuzione chirurgica.
Prey in qualche modo, nell’essere funzionale e ben equilibrato nella sua realizzazione, è anche un monito sul perché il franchise non abbia mai avuto il successo sperato; tutto, sostanzialmente, si riassume nella difficoltà di esplorare un concetto primordiale come quello della caccia.
Prey è senza ombra di dubbio uno dei migliori prodotti dedicati all’alieno Yautja
L’eventuale successo di Prey, quindi, è tutto da ricercare nell’inedita cornice narrativa, con una contestualizzazione di sicuro interesse, che purtroppo si consuma in una manciata di scene, in particolare quando – per l’ennesima volta – dopo una fase iniziale sperimentale e anche interessante, si ritorna al semplicistico montaggio di scene su come ragiona e si muove il Predator, sul conoscere la sua attrezzatura per la giusta offensiva, con qualche piccola variazione sul tema; a conti fatti, però, la risoluzione finale gira sempre sul terreno già battuto da ormai diverse decadi.
Si poteva fare di più? Difficile dirlo, dato che Prey è senza ombra di dubbio uno dei migliori prodotti dedicati all’alieno Yautja, capace di inserirsi in un trittico perfetto assieme a Predators e The Predator, ovvero tutte variazioni di un genere – anzi, di un film – che hanno cercato di costruire una loro base narrativa per eventuali sequel.
Chissà, magari la scelta di destinarlo al pubblico in streaming potrebbe incontrare maggior fortuna e cercare di costruire qualcosa attorno, ad esempio sequel diretti di questo capitolo realizzato dalla stessa valida mano dietro Cloverfield Lane, Dan Trachtenberg. Tuttavia, Prey in qualche modo celebra il meglio e il peggio del franchise di Predators e proprio nel finale sembra chiedere agli stessi spettatori se sono davvero interessati a ipotetici seguiti. A voi la scelta, ma esclusivamente in streaming: al cinema, ormai, il Predator fatica a funzionare.
VOTO 7
Genere: azione, fantascienza
Publisher: Disney+
Regia: Dan Trachtenberg
Colonna Sonora: Sarah Schachner
Interpreti: Amber Midthunder, Dakota Beavers, Stormee Kipp, Michelle Thrush
Durata: 99 minuti