Un po’ me lo immagino il giovane Hideo Kojima annoiato tra i banchi della facoltà di economia: assorto nei pensieri e intento a scrivere le sue interminabili storie da 400 e più pagine puntualmente scartate dagli editori a cui le proponeva: troppo articolate, troppi dettagli; se non attiri il pubblico con la prima manciata di pagine lo perdi, figurarsi centinaia e centinaia.
Soltanto quando ricevette in regalo il Famicon della Nintendo, Kojima capì dove poter indirizzare il flusso di creatività che fuoriusciva dalla sua testa attraverso il miglior medium a sua disposizione, il videogioco, contaminandolo come possibile con la sua seconda grande passione: il cinema.
Non è certo un segreto quello di un Kojima affamato cinefilo, pronto a divorare qualunque pellicola gli capiti sotto il naso. Basta passare per caso nei suoi profili social più attivi, Instagram in particolare: dopo la rottura con Konami, l’autore non ha atteso neanche un giorno per diventare l’uomo più social del pianeta, al pari di un ragazzo che finalmente riesce a chiudere una relazione sentimentale malsana. Niente è più liberatorio del mostrare al mondo la felicità di poter riprendere le redini della propria vita, tornando a respirare con i propri polmoni.
Questo ultimo weekend è stato particolarmente pieno di brio: il gran varietà di opinioni che si sono susseguite su Death Stranding sono state stranamente più pacate del solito, almeno osservando i miei lidi social. Paradossalmente, c’è stato più trambusto allo scadere dell’embargo sulle recensioni, dove il provato dei diversi redattori aveva gettato ancor più confusione per chi era lì ad attendere delucidazioni sulla natura stessa del titolo. Fa eccezione la disamina del nostro ottimo Dan Hero, eccellente proprio nel descrivere cosa il gioco di Kojima Production può dare e cosa no.
Tra i tanti “non siete pronti”, al solito “Kojima se lo può permettere” e l’immancabile “tocco”, ciò che mi ha letteralmente rapito più di 20 ore in questo weekend è stata la risposta del particolarissimo multiplayer asincrono.
Molti di voi l’avranno sicuramente provato, quindi non voglio ammorbarvi con altre parole, ma se ancora non avete solcato le terre deflagrate dal Death Stranding sento di potervi dire almeno questo: nel gioco la mappa è condivisa con tanti altri giocatori, non visibili, ma potremo vedere solo il loro lascito in termini di costruzioni di strade, edifici o veicoli. È possibile porre un “mi piace” per segnalare di aver apprezzato il loro lavoro, magari una scala posizionata precedentemente tra due sporgenze rocciose che al nostro arrivo si dimostra una manna dal cielo, stanchi, feriti e privi di strumenti o equipaggiamento per affrontare quel particolare ostacolo.
ciò che mi ha totalmente rapito di death stranding è il suo particolarissimo multiplayer asincrono
Non nascondo che sono stato trascinato in queste due giornate intense di gioco da un unico elemento, condiviso con tanti altri giocatori, ovvero vedere l’evolversi di questa grande mappa sotto i miei occhi e lasciare informazioni da spartire con un altro giocatore, ad esempio i compiti per la costruzione di una grande autostrada in una porzione di mappa che solcheremo nel secondo capitolo.
Un’esperienza straniante, ma sicuramente appagante. Qualcosa che soltanto un titolo come Journey era riuscito a trasmettermi, quella sottrazione totale della comunicazione, per spingerci a comunicare con suoni sparsi nel silenzio.
Dunque è in parte vero quando si dice che il gameplay di Death Stranding è sacrificato. La materia ludica vine affrontata in modo non convenzionale e, anzi, viene messa – se non veicolata – alla stregua di una narrazione al limite del cinematografico, sorretta da un pazzesco cast di attori digitalizzati e dalla sua stessa realtà post apocalittica, tanto originale e affascinante quanto desiderosa di farsi scoprire tramite la curiosità indotta nello stesso spettatore. Personalmente ho passato decine di minuti a leggere tutte le mail e le interviste per scoprire qualcosa di più di quel mondo. Al netto di tutto questo, per quanto già scritto da tanti altri, mai mi sono sentito così connesso con tanti altri sconosciuti come in questo weekend passato su Death Stranding.
Come i migliori film, qualche saluto e ringraziamento:
Ringrazio winstonAlmedia che dopo una scalata difficile con il vento che spostava il peso delle valigie costantemente, ha messo a fine percorso un Box postale con musica di accompagnamento. Mi è venuto naturale far sedere il mio Sam e recuperare fiato e resistenza.
Ringrazio KINGARKOS che ha costruito una serie di ponti utili ad evitare una zona pullulante di CA.
Ringrazio EddYBBoy che mi ha segnalato un vicino rifugio per la puntuale cronopioggia che si è abbattuta su di me, salvando una manciata di valigie ormai già deteriorate.
Ringrazio Josip_4774 che con pochi cartelli indicativi e qualche ‘mi piace’ ha contribuito alla costruzione di lunghe porzioni di autostrada e facilitato la vita a tanti altri giocatori nella stessa sessione.
Probabilmente il gioco non riuscirà a lasciare il segno per tanti altri videogiocatori, ma santa miseria, quanto mi sta piacendo tutta questa idea della “connessione in movimento” dietro Death Stranding.