La Verità nell'audiovisivo, da Pixar a Remedy

Woody e Buzz di Toy Story apprendono la loro verità “esistenziale” dalla televisione, conoscendo dettagli sulla loro natura o sulla propria storia “mediatica”

Abbiamo poi amato la testardaggine di Buzz Lightyear (Toy Story) nel credere di essere davvero uno space ranger, e quando arriverà la totale rassegnazione? Esatto, proprio davanti la TV, quando in casa di Sid assisterà definitivamente alla pubblicità di quello che lui è per davvero, un giocattolo. La verità passa per l’audiovisivo esattamente come per Woody (accade in Toy Story 2) con un altro livello di conoscenza tramite vecchi show televisivi che lo vedono protagonista di una serie tutta sua. Lui già sapeva di essere un giocattolo – il giocattolo di Andy – ma non di essere un prodotto così famoso e ricercato.Gli Incredibili raggiunge un apice pazzesco in questa considerazione: nel primo capitolo conosceremo gli eroi proprio tramite interviste video con lo stile di programmi televisivi anni ’60, dove ci vengono spiattellati subito dubbi, sicurezze, paure e obiettivi, per non parlare della scena pazzesca dove Mr. Incredibile scopre la sorte dei suoi super compagni osservando attonito un report con tutti i decessi, occhi spalancati sul video e carico di tensione quando digita il nome della moglie. Con Gli Incredibili 2 avviene quasi il lavoro contrario, la paura del nuovo millennio, divenire parte dell’audiovisivo per esserne totalmente rapiti e controllati dal nemico di turno.

Potrei continuare all’infinito (le sfere di emozioni in Inside Out racchiudono piccole porzioni di video, il piccolo Carl Fredricksen di Up che in un cinegiornale scopre e ama l’avventura, gli umani nella navicella spaziale in Wall-E scopriranno l’ammutinamento del computer di bordo – somigliante a HAL 9000 di Kubrickiana memoria – attraverso una diretta streaming, mentre il capitano riprende il controllo della nave) e ne uscirebbe senz’altro un articolo didascalico, oltre che di analisi. Di sicuro sono arrivato a una considerazione certamente non nuova, ma che è mutata dai tempi che vedevano – e forse ancora oggi è così, almeno in parte – l’audiovisivo come un male da estirpare, una macchina demoniaca posta sulla via sbagliata.Studi come Remedy hanno dimostrato di amare il loro medium di appartenenza e lodare quello che più li ispira; Pixar, benché non faccia film live action, riconosce l’importanza di questo tipo di linguaggio, veicolando e mescolando dirette influenze. C’è fiducia in questo, nel cinema e come nella televisione. La consolidazione di un potere impressionante, capace di veicolare – nel suo buon uso – addirittura la Verità.

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