Poiché mi aveva preso brutto l’uzzolo di giocar di ruolo, ier l’altro installai nuovamente Dragon Age II (sorvolare sulla definizione di gdr, please!). Nella schermata di creazione del personaggio, optai per l’avatar femminile, ché non mi garbava di rimirare le virtuali terga di un simil-Leonida per le trenta ore necessarie a completare l’avventura.
Svestita tosto l’armatura della mia guerriera, mi persi a contemplare davanti e dietro, e sopra e sotto un due pezzi viola che di stoffa poca ne avea e due nappe a guisa di fibbia che lo fissavano in vita. Vagolai così per il “corridoio” d’apertura lasciando che la mia Jaclyn conducesse la sfilata della maison BioWare, accompagnata da nani con il virile petto in bella mostra e sorelle dal seno alquanto generoso.
Al 50° pedone investito, decisi di recarmi nuovamente dal mio analista di fiducia
Ritornatomene mestamente a casa, disinstallai Dragon Age II e, ripescatolo da uno scaffale impolverato, trassi Grand Theft Auto: Vice City. Vestiti nuovamente i panni di Tommy Vercetti, tornai a mordere le lingue d’asfalto a bassa risoluzione dell’immortale capolavoro di Rockstar North. Al cinquantesimo pedone investito, tuttavia, pratica “innocua” che al giocatore garba, decisi di recarmi nuovamente dal mio analista di fiducia. Egli mi sconsigliò caldamente di proseguire in siffatta, “dangerosa” attività: «Le forze dell’ordine,» mi confidò «sono molto meno aggressive da codesto lato dello schermo, che noi chiamiamo “realtà”. E decisamente meno armate».
Di nuovo tra le mura domestiche, decisi di trastullarmi un po’ con URU: Ages Beyond Myst, pregevole rompicapo videoludico di Cyan Worlds, impegnato a girare valvole, a far di conto e ad aggiustar teleferiche danneggiate. Insicuro del mio operato in-game, tornai per un’ultima volta dal pregevole consulente, ma lo trovai impegnato a stanare un Pokémon annidato sotto la scrivania, in attesa che iniziasse una disfida tra ventidue omini in bermuda supervisionati da un lugubre figuro di nero vestito! La morale? A ciascuno lo hobby suo!