… Nasce così, la vita mia. Come comincia una poesia. Io credo che lassù c’era un sorriso anche per me. La stessa luce che si accende quando nasce un re…
Questo, vi avviso, sarà un editoriale incasinato. Salterò da un discorso all’altro senza un apparente (ed effettivo) filo logico. Racconterò aneddoti più o meno personali, perché sì, e piazzerò anche qualche link ad alcune gemme della musica italiana che – nemmeno mi ricordo più il motivo – mi riportano a eventi del passato. Che poi la cosa comica è che io sono sempre stato uno di quei truzzi che si fermavano davanti al semaforo rosso, in macchina, con Radio Cassa Dritta sparata a tutto volume. Conservo ancora gelosamente qualsiasi compilation risalente alla ridente epoca di Radio Italia Network e la sua Los Quarenta, e – ovviamente – accarezzo ogni settimana la mia collezione di CD di Gigi D’Agostino. Eppure c’è qualcosa nella musica italiana che mi ha sempre affascinato, tanto da avere un brano adatto per ogni situazione. E, come avrete capito, il brano adatto per questa smielata lettera d’amore è proprio Vent’anni, di Massimo Ranieri. Il motivo? Il 24 settembre 1997 apparse sugli scaffali Ultima Online.
… A volte un uomo è da solo perché ha in testa strani tarli, perché ha paura del sesso o della smania di successo…
Ai tempi ero appena entrato in adolescenza. Quell’adolescenza brutta in cui ti ritrovi ciccione, possibilmente sociopatico e incapace di rivolgere una singola parola a qualsiasi soggetto di sesso femminile. Mi innamoravo pressoché quotidianamente, per poi conservare una lunga sfilza di delusioni che mi scavavano nel profondo. Non che ricevessi rifiuti, eh. Non ci provavo direttamente. Facevo prima. Risparmiavo tempo. Però avevo un modem, di quelli che quando si connetteva a internet rischiavi di evocare Satana a causa dei rumori immondi che ne uscivano dall’interno. Il fatto è che ancora non lo usavo. Quando uscì l’opera di Lord British io me ne fregai altamente: le carte di credito erano qualcosa che avevo visto solo nei film americani, e soprattutto non capivo il senso di giocare a qualcosa di così complicato e poco accattivante. Quell’anno il monopolio delle mie giornate le avevano le avventure grafiche Lucas (compreso quel The Curse of Monkey Island che mi obbligò ad acquistare una Sound Blaster), il secondo capitolo di Tomb Raider, Age of Empires e Diablo. Gran parte delle mie esperienze erano prettamente single player, anche perché se un’ora di internet costava duemila lire, tre ore di internet ne costavano seimila e due schiaffi.
… Ed io non vedo più la realtà, non vedo più a che punto sta, la netta differenza fra il più cieco amore e la più stupida pazienza…
Fu proprio Diablo a farmi scoprire le meraviglie del multiplayer e della potenza delle amicizie online. Percorrendone i tetri corridoi mi legai in qualche modo a una giocatrice (se la memoria non mi inganna si faceva chiamare Maal, o qualcosa di simile), che – a detta sua – lavorava a pochi chilometri da casa mia e aveva una decina di anni in più di me. Non fatevi strani pensieri: passavamo semplicemente qualche oretta assieme maciullando scheletri e demoni, e gli unici contatti che avevamo era tramite la chat di gioco e ICQ. Oggi sono nettamente convinto che, in realtà, tale donzella si chiamasse Ugo e fosse un camionista di centotrenta chili, ma tale dettaglio non è così importante: ormai avevo conosciuto le meraviglie dell’online, e da lì a Starsiege: Tribes il passo è stato breve. Ormai lo sanno anche i muri: il sottoscritto e il buon Mancini si sono conosciuti virtualmente dalla fine del 2000, grazie proprio a quella meraviglia che fu allegata al numero 130 di The Games Machine. In realtà le conoscenze scaturite dall’epoca “tribbara” non si fermano qui, ma già rischio le botte dal Kikko per la lunghezza di questo articolo, e preferisco evitare di peggiorare la situazione. Ebbene, tra i tanti compagni di Clan vi era un certo “Yoda” (nome non proprio originalissimo, ma io mi facevo chiamare “Reboo” quindi ero messo peggio) che mi consigliò di giocare assolutamente a Ultima Online. Non passava giorno che non mi cantasse le lodi dell’opera di Lord British e io, ovviamente, gli diedi retta.
… Nello specchio questa sera ho scoperto un altro volto, la mia anima e’ più vera della maschera che porto…
Dopo qualche giorno sui server OSI, vuoi per la giovane età e la conseguente mancanza di pecunia, vuoi per qualche conoscente virtuale che militava su qualche Shard non ufficiale, mi sono ufficialmente trasferito su Universo. Lì, tra le vie di Minoc, sono entrato in un tunnel da cui non sarei più uscito. Non mi soffermerò a lodare ulteriormente Ultima Online: ne ho scritto già a sufficienza qui e qui, e la “mia storia” non è ancora giunta al termine! Quegli anni, ammetto, nella mia labile memoria sono molto fumosi: sono passato da uno Shard all’altro, prendendomi brevi pause di tanto in tanto. Credo di essere sopravvissuto su Universo per più di un anno, per poi trasferirmi assieme al mio capo gilda, la compianta XV Legio, su Dragonlance. In tali lande ho compreso che, in realtà, Ultima Online – per il sottoscritto – riusciva a dare il meglio di sé solo se unito a del sano gioco di ruolo. Così, il destino ha voluto che finissi su The Miracle.
… Con il passato che ho, dopo mille battaglie e pericoli, di niente al mondo mi pento; nemmeno il vento è più curioso di me…
La “mia storia” è strettamente legata a The Miracle: il mio attuale soprannome deriva dal mio personaggio, ancora vivo e vegeto su qualche isola caraibica su Ardania; in più di due lustri di gioco ho conosciuto persone splendide che mi hanno fatto ridere, divertire, emozionare e persino arrabbiare. Ho conosciuto amici, di quelli veri, e ne ho persi altri per colpa del destino beffardo. Ho passato intere nottate in bianco a “ruolare”, facendo finta di essere un marinaio, un sacerdote, un re e persino un bandito rinnegato, il tutto senza mai abbandonare quel nome e cognome a cui sono così profondamente legato. E poi, per qualche scherzo del fato, ho conosciuto persino la mia dolce metà, che mi sopporta da quasi dieci anni.
Ora, in qualche modo, sono “vecchio” per giocare ancora a Ultima Online. Non tanto in senso anagrafico: semplicemente il tempo libero è sempre minore, e quel poco che riesco a ritagliare dalla “vita reale” viene speso inevitabilmente in altri modi. La nostalgia c’è, e ci sarà sempre, e mai rinnegherò tutto quello che l’opera di Lord British prima, e The Miracle poi, hanno fatto per portarmi qui dove sono adesso. Mi hanno fatto superare un’adolescenza scomoda, mi hanno permesso di entrare in contatto con altre persone che condividevano le mie stesse passioni nonostante la distanza, e soprattutto mi ha aiutato in un periodo particolarmente buio della mia vita, in cui sembrava che ogni cosa che facessi fosse un fallimento. Ho già ringraziato Richard Garriott personalmente, durante una bizzarra intervista su Skype, ma dubito che col mio inglese spicciolo, e con i pochi minuti a disposizione, abbia davvero capito quanto ha fatto per la mia vita. Così, approfitto di questo ventennale per ringraziarlo nuovamente, e insieme a lui ringraziare anche tutti coloro con cui ho condiviso un tratto della mia strada. Ultima Online non morirà mai. Le storie legate a Ultima Online non moriranno mai.
Ah… se vi garba, leggetevi il nostro speciale sui vent’anni del gioco. Lo trovate qui.