Non mi vergogno ad ammettere che, di tanto in tanto, immagino come possa diventare la mia vita se il fato riservasse per me qualche forma di disabilità. Cerco di figurarmi le difficoltà nell’uscire di casa o nel prendere la macchina per andare a fare la spesa, o se riuscirei comunque a continuare il mio lavoro. Tento di capire come potrebbe essere un mondo senza suoni o, peggio, almeno per il sottoscritto, completamente al buio. Non esagero affatto nell’affermare che l’idea di poter comunque continuare a videogiocare mi doni un pochino di sollievo, ma la realtà dei fatti è che il potersi godere un videogioco non è un evento così scontato: molti titoli necessitano di una perfetta coordinazione, e l’utilizzo di un controller (o dell’ormai storica accoppiata mouse e tastiera) potrebbe diventare decisamente difficoltoso; inoltre, eventuali difficoltà visive, e in minor parte difficoltà uditive, possono compromettere del tutto l’esperienza di gioco.
Forse è proprio per i motivi sopra citati che mi son sempre interessato al videogioco accessibile, pensato per essere usufruito anche da disabili motori o sensoriali o, soprattutto ultimamente, adattato per l’occasione grazie a tecnologie esterne. In questo lungo primo week-end di dicembre, nella bella Bologna, sta terminando l’ultima edizione di HANDImatica, una mostra-convegno che ha lo scopo di raccogliere e mostrare le ultime tecnologie digitali disponibili per una miglior integrazione scolastica, lavorativa e sociale. Tra i tanti temi trattati ci tengo a ringraziare soprattutto due realtà che osservano particolarmente da vicino il nostro meraviglioso mondo. La prima è Gioco Anch’Io: Gioco Digitale Accessibile, un team composto da giovani studenti guidati dal Prof. Fulvio Corno, docente al Politecnico di Torino, e dalla Dott.ssa Valentina Pasian, logopedista, che vede nei momenti ludici un’importante fonte di insegnamento e unione sociale. Oltre a rendere accessibili giochi fisici, come macchine telecomandate e droni, grazie all’utilizzo di Arduino il team si prefissa anche lo scopo di rendere i videogiochi fruibili a chi è affetto da disabilità motorie, il tutto rigorosamente con metodi low-cost e facilmente acquistabili da chiunque.
Il problema è che, spesso e volentieri, i giochi per non vedenti vengono fatti da vedenti
Infine continuano i lavori sul terzo capitolo di Nicolas Eymerich, Inquisitore, che – pur mantenendo un’anima adventure – offre componenti che strizzano l’occhio al genere roguelike. A differenza dei titoli precedentemente elencati, quest’opera vanta uno stile grafico unico nel suo genere, con scene disegnate a mano che vengono “scoperte” mano a mano che si avanza nell’avventura. Il contributo di Enea Cabra, soprannominato “Il Magister”, è a dir poco fondamentale per una buona riuscita delle opere, e come giustamente mi ha fatto notare, «Il problema è che, spesso e volentieri, i giochi per non vedenti vengono fatti da vedenti, e per forza di cose sono soggetti a limitazioni: è impensabile che, quando entri in una camera di un albergo, per capire dove si trova la porta devi prima andarci a sbattere, cosa che accade in diverse opere videoludiche; tu devi saperlo fin da subito, dai suoni e dai rumori, dove si trova l’uscita.»
Ciò che ho scoperto oggi ha arricchito non poco il mio bagaglio culturale