Il Destino è quel che è

Destiny 2: server down per manutenzione, saranno offline anche domani

“Il destino è quel che è, non c’è scampo più per me.”

In questi giorni un po’ allucinanti, in cui fra un alieno e l’altro vorrei disintegrare il sistema fiscale italiano, ho visto riemergere dall’orizzonte il mio personale spettro di Destiny, intenzionato stavolta ad avere la meglio. Col primo capitolo ho avuto tutte le possibilità del caso, solo slittate un pochetto rispetto al 2014: ho comprato il gioco di Bungie dopo l’uscita de Il Re dei Corrotti, ma l’ho comunque tirato avanti per oltre un anno, pensando in diversi tratti di essere caduto nella dipendenza di cui molti parlavano.

C’è chi mi ha raccontato Destiny come una specie di “sfida da atletica leggera” (giuro, è pure un noto blogger di fama nazionale) in cui ripeti continuamente le stesse missioni per migliorarti a ogni tentativo, oppure come un ibrido che riprende il linguaggio degli action game più ermetici e te lo ributta in faccia contornato dalla salsa FPS più diffusa che esista – definizione ben più ricercata, in effetti viene da un collega di TGM. Quest’ultima suggestione si riferiva a dettagli come il venditore Xûr o la Strana Moneta, e più in generale a un fascino ambientale che ho poi ben compreso e ha avvolto anche me, seppur non definitivamente. Un “famolo strano” ammiccante ma molto efficace, anche quando devi fare le stesse cose di sempre.

il destino è quel che è

Il mio Cacciatore è rimasto seduto ad aspettarmi mestamente, ormai vecchio persino nel mantello; con il senno di poi, dev’essere uno dei Guardiani morti nella Torre

Ciò non è stato sufficiente a tenermi in carreggiata, con l’ulteriore infamia dell’abbandono temporaneo (ma prolungato, i ragazzi sono ancora lì) del #teamcrimine in assetto competitivo: Claudio e Marco si sono messi sulla scia dell’unico vero veterano redazionale di Destiny, Kikko nostro, ma nel frattempo avevo già abbandonato il gioco e, soprattutto, ero già sufficientemente convinto della scelta. Una scelta costretta inizialmente da fattori esterni, dinnanzi a gioconi che non permettevano troppe distrazioni (o non le volevo, semplicemente), ma che è diventata costante nel momento in cui, lontano dal Crogiolo, dai raid e da tutto il resto, mi sono reso conto che il tempo continuava ad essere tiranno e Destiny, per quanto vigliacco come piace a me, non riusciva mai a guadagnarsi la priorità. Non facevo più sacrifici per lui, e il mio Cacciatore androide è rimasto seduto nella Torre ad aspettarmi mestamente, ormai vecchio persino nel mantello. Con il senno di poi, dev’essere uno dei Guardiani morti in Destiny 2 .

Nel mio caso è difficile trovare ragioni squisitamente oggettive. Il fatto di essere restio ad abbandonare la postazione PC ha sicuramente il suo peso, specie se considero che la somma degli elementi di Destiny e Destiny 2 non mi è certo aliena (qui le prime impressioni di TGM, a firma Astrotasso). Il linguaggio da congrega di folli invasati mi è sempre piaciuto (“dai, facciamo un Cala la notte!“, sentivo dire ai ragazzi), così come l’attenta dosatura della “vaniglia” ARPG (dalla parte di Diablo e affini, quindi spumosa già in partenza) unita a consuetudini FPS versus/co-op, o anche le ambientazioni dal tono rimbombante e metafisico. Nella Torre ho sempre intravisto la Grecia antica minacciata dai persiani, con eroi così evoluti da considerarsi semi-dei e atteggiarsi come tali, stagliandosi a difesa di una magnificenza apparentemente eterna. Ora che l’orda definitiva sta per arrivare, e arriverà su PC con frame rate sbloccato e dettagli grafici drasticamente migliori (almeno, così sembra), anch’io potrei farmi travolgere definitivamente. Non so se farmi salvare dalle navi che continueranno a passare di lì (ah, che poeta), o lasciarmi andare fra i flutti. Voi che farete?

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