Bright - Recensione

Bright, già dal concept di partenza, rischiava tantissimo, giacché palesava nel DNA un guizzo parzialmente inedito nel panorama cinematografico, fondendo due generi in un unico film: il thriller urbano con il fantasy puro. Orchi, maghi ed elfi, che in una realtà parallela sono esistiti davvero, hanno distrutto ogni idea di religione e si sono integrati in una società comune, dove non mancano comunque le lotte razziali: gli uomini condividono la città con gli elfi, gli esseri altolocati, ricchi e bramosi di potere, mentre gli orchi sono i nuovi afroamericani, che occupano ghetti, imbrattano le strade di graffiti e vivono nella nomea di essere stati in passato servi di un potente mago che ha quasi distrutto la Terra. Due agenti di polizia, uno umano, l’altro orco, si ritroveranno a fare i conti con alcuni elfi rinnegati che sono alla ricerca di alcune bacchette magiche con lo scopo di far tornare in vita il suddetto mago oscuro.

La bilancia delle aspettative era improbabile trovasse un equilibrio atto a soddisfare ogni spettatore curioso: Bright era potenzialmente tanto un capolavoro quanto un progetto fallimentare, anche solo guardando al soggetto. Nonostante i critici statunitensi lo abbiano salutato come il peggior film di questo 2017, con il tempo abbiamo cominciato a fidarci poco dei pareri d’oltreoceano per affidarci a un gusto personale: come previsto, Bright non è assolutamente il disastro annunciato.

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Tutto sembra riportarci alla mente District 9 di Neill Blomkamp

L’idea di base al film è l’aspetto più interessante, quella sfumatura che potrà forse rendere il film in futuro un possibile cult; mai si era arrivati a contaminare due generi per realizzare un urban fantasy così sfrontato nel mostrare senza paura la “sua” realtà. Lotte razziali, integrazione, la paura del diverso e la scalata sociale divisa per razze: tutto sembra riportarci alla mente District 9 di Neill Blomkamp, dove agli alieni si sostituiscono elfi e orchi (in una pacifica integrazione durata migliaia di anni), ma con una costante paura del diverso che porterà a rivolte cittadine, con la polizia violenta e corrotta pronta a puntare la pistola a comando del miglior offerente.

La coppia di poliziotti formata da umano e orco – rispettivamente Will Smith e Joel Edgerton – funziona il giusto, senza brillare mai. L’umano è tornato da poco in servizio, dopo essere stato quasi ucciso in azione; l’orco, invece, è un ibrido odiato sia dai suoi simili che dai suoi colleghi, a causa dell’essere il primo della sua specie a indossare un distintivo. Se Will Smith se la cava con il minimo sindacale, Joel Edgerton, nonostante un buon trucco, è troppo caricaturale, risultando molto più vicino al Drax di Dave Bautista visto in Guardiani della Galassia, goffo ma di grande forza fisica. Meglio gli elfi, realizzati con i classici stilemi che conosciamo: orecchie a punta, eleganza, saggezza e capelli da sfilata di moda.

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Bright è un interessante esperimento che ha tuttavia bisogno di limarsi le unghie

Nonostante un approccio iniziale di grande impatto, verso la metà del racconto Bright frena bruscamente, facendosi inglobale totalmente dalla prevedibilità della storia e omettendo ogni scintilla di qualità. Al netto di un paio di soluzioni visive veramente eccezionali e coraggiose – fuori di testa ma talmente coerenti che, per osmosi, anche lo spettatore arriva a credere che una bacchetta magica possa disintegrare un umano in meno di un secondo – il film mostra il fianco proprio nel delineare in modo chiaro i contorni degli eventi narrati. Quello presentato è un mondo vasto e inesplorato, laddove allo spettatore mancano talvolta le giuste chiavi di lettura per comprenderlo. Questo fatto diventa un’arma a doppio taglio: da un lato inserisce tantissimi elementi concettualmente interessanti, ma al contempo nega ogni tipo di background, togliendo le basi necessarie per assorbirli nella loro interezza. Questo porta Bright a concludersi come un semplice action, con un finale figlio di una svolta narrativa così vecchio stampo e classica da andare controcorrente rispetto al flusso dell’inedita forza narrativa con cui il film si presenta nella sua prima metà.

Diretto da David Ayer, già regista di Suicide Squad, Bright è quindi un interessante esperimento che ha tuttavia bisogno di limarsi le unghie. Il materiale c’è, ma la contestualizzazione nel mondo civilizzato attuale è un grosso ostacolo per la credibilità generale, senza un background ben delineato. Magari, se è vero che Netflix si sta muovendo per confermare un sequel, sarebbe meglio affiancare Max Landis – figlio del più noto John e sceneggiatore del film – con una penna più esperta.

VOTO: 6.5

bright netflix recensioneGenere: fantastico, azione
Publisher: Netflix
Regia: David Ayer
Colonna Sonora: David Sardy
Interpreti: Will Smith, Joel Edgerton, Noomi Rapace, Lucy Fry, Edgar Ramirez
Durata: 117 minuti

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