Le premesse di Aladdin sono quelle che già conosciamo dall’omonimo film d’animazione Disney, oltre che dalla recente operazione che mira a rendere live action tanti vecchi classici.
Archiviato anche Dumbo, adesso l’attenzione è tutta sul nuovo arrivato, che conferma le intenzioni produttive della casa dietro a questi progetti, ovvero rievocare ricordi ed emozioni, senza stravolgere il concept di base, affidandosi a registi ben capaci – qui Guy Ritchie –a cui, però, viene sempre lasciato poco spazio autoriale.
Aladdin dunque si mostra così, semplice nelle intenzioni, con una trama fedelmente smontata e ricostruita dall’originale sfruttando al meglio i suoi cavalli di battaglia, in questo caso il tanto criticato Genio di Will Smith.
Sembra quasi paradossale che l’elemento disprezzato da tutti nella campagna marketing, proprio il Genio, si dimostri alla fine uno dei più riusciti dell’intero film, amalgamando sapientemente l’esperienza e le caratteristiche di Will Smith con l’irriverente personaggio che gli viene cucito addosso, giocando più volte con lo spettatore e lo stesso Aladdin, condito anche da un background e un’evoluzione della storia leggermente diversi dall’originale, ma che non stonano con tutto il resto del film.
Aladdin è la dimostrazione di come l’industria cinematografica Hollywoodiana sia rimasta ancora sotto l’effetto diThe Millionaire , il film di Danny Boyle, cercando di fondere usi, costumi, danze, coreografie e momenti canori della migliore Bollywood in una grossa produzione statunitense, con una linea di fedeltà che viene tracciata anche e soprattutto a livello narrativo – altro elemento che molti non hanno gradito, dopo l’annuncio di ingaggiare attori con chiari tratti medio-orientali.
il genio di Will Smith, aspramente criticato dal web, si è rivelato essere una delle cose migliori di tutto il film
Di contro, tolte le canzoni, i vestiti sgargianti e le magie del Genio, ci sono Jasmine e Jafar, due aghi della bilancia che segnano tanto i punti forti quanto le debolezze del film.
Jasmine è un personaggio ben più stratificato rispetto al modello primigenio; sembra quasi sia lei la protagonista del film, ammiccando anche a qualche tema femminista che sicuramente porterà molti a pensare nuovamente al #metoo o ad azioni politicamente corrette. Sono più di dieci anni che la Disney ha fortemente incalzato la figura femminile al cinema (Rapunzel salva l’amato, in Frozen le due ragazze si salvano a vicenda), mentre Aladdin presenta i classici contorni dell’eroe venuto dal basso, il famigerato “straccione” ma al contempo “diamante allo stato grezzo”. Se Jasmine ottiene più favori, Jafar è inspiegabilmente una nemesi più vicina alla macchietta che alla minaccia mortale. Difficile capire se si sia trattato di un caso di miscasting, ma il suo ruolo diviene fin troppo meccanico, ancor più prevedibile di quanto un film del genere possa diventare, risultando quasi un personaggio opzionale, facilmente trascurabile.
Al netto di un film confezionato a dovere, rimane comunque l’amaro in bocca per la criticabile decisione di Disney di ingaggiare nomi di alto livello alla regia per poi tenerli con le mani legate in sede di scrittura. In alcune scene, il personaggio del Genio appare come una diretta connessione al cinema di Guy Ritchie, irriverente, pop, aiutato da piccoli momenti di pura comunicazione con lo spettatore per renderlo partecipe dell’avventura, riducendo Aladdin alla stregua di Dumbo. Un buon film in cui, però, del talentuoso regista si riconosce poco o nulla.
VOTO 7
Genere: avventura, commedia
Publisher: Disney
Regia: Guy Ritchie
Colonna Sonora: Alan Menken
Interpreti: Will Smith, Mena Massoud, Naomi Scott, Marwan Kenzari, Navid Negahba
Durata: 128 minuti