Il Buco - Recensione




Un film come Il Buco non apporterà grandi novità o rivelazioni latenti per quanto riguarda la veicolazione di messaggi di denuncia sociale nel cinema. In un mondo che viene post Parasite, e citando un’altra opera del regista Bong Joon-ho, Snowpiercer aveva già messo in pratica ciò che vuole raccontare Il Buco, cambiandone totalmente la prospettiva. Se il treno senza fermate avanzava in modo orizzontale, la prigione-torre de Il Buco è una struttura verticale composta da più di 200 piani.  A ognuno di questi ci sono due detenuti, con un buco al centro del pavimento e del soffitto, una tromba senza scale dove dall’alto verso il basso si ferma una piattaforma piena di cibo e vivande. La tavola si fermerà pochi secondi, il tempo necessario per cibarsi di ciò che è rimasto; è dunque facilmente intuibilw che chi è ai piani alti ha più possibilità di mangiare, mentre più si scende di piani, meno cibo rimane. Va da sé che attorno al piano 70, oltre qualche briciola, non rimarrà più nulla.

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Il Buco non si nasconde dietro qualche morale spicciola, ma affonda la lama nella carne senza paura, con un thriller a tinte horror che presenta costruzione dell’immagine e concettualizzazione della struttura parecchio rimembranti di Cube-Il Cubo.  Temi quali la razionalizzazione delle risorse e lo spreco la fanno da padrona, in un mondo dove la divisione delle ricchezze mai è stata equa e chi ha tanto (e senza meriti evidenti ha la fortuna di stare nei primi piani) mangia senza freno, fregandosene di ciò che lascerà ai detenuti dei piani inferiori.

Il buco non racconta nulla di così originale, pur mantenendo il grado di denuncia sociale molto alto

Le carte in tavola cambiano quando, una volta al mese, i detenuti vengono spostati in piani diversi, ergo chi ha mangiato beatamente al piano 10 per un mese, adesso potrebbe ritrovarsi al piano 170, con la consapevolezza di non mangiare per lo stesso lasso di tempo, facendo uscire fuori istinti suicidi o peggio, di cannibalismo. Questa sovversione improvvisa di ruoli sottolinea la violenta e imprevedibilità della vita: se Chris Evans in Snowpiercer percorre una linea guida verso il capo del treno, senza mai guardarsi dietro, ne Il Buco chiunque potrà guardare gli altri dall’alto verso il basso in ogni momento, per rendersi conto della situazione, implorare pietà o ipotetici aiuti.

C’è un bonus, prima di venire imprigionati , ovvero la possibilità di portare qualcosa dentro fino a fine detenzione. Insomma, anche qui la morale sin dalle primissime battute è semplice e diretta: il nostro protagonista porterà un libro, Don Chisciotte della Mancia, dunque la cultura con la forma di romanzo, mentre il suo momentaneo compagno di cella avrà un coltello, la violenza. Anche qui la metafora è esplicita, dal momento che lo stesso personaggio centrale, pieno di orgoglio e ideali nel chiedere di razionalizzare il cibo (gli viene pure chiesto se è un comunista), vedrà cambiare e annientare ogni sua facoltà mentale per la mera sopravvivenza.

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La struttura, così come la costruzione di ogni singola immagine, è veicolo di angoscia continua, arricchita dalla costante domanda sul perché uomini e donne siano stati mandati – o si siano fatti rinchiudere volontariamente – in quella che è una trappola mortale. Quest’ultimo aspetto inevitabilmente stona con tutto il racconto, che si avvale della formula più antica della fantascienza e dell’horror per raccontare il sociale, la relativa denuncia e circondare il racconto di una cornice estrema e macabra.

La soluzione finale, in cui si cercherà un segno di equilibrio e umanità, smarrisce un poco di fascino nella semplicistica messa in scena, che fin troppe volte cerca di fondere la realtà con una dimensione onirica distogliendo lo sguardo dal focus dell’osservazione, ovvero da ciò che davvero si cerca di capire durante la visione. Qualche grattacapo in più non dovrebbe portare a una comprensione del finale – fatto, finito e abbastanza semplice da capire – bensì a rendersi conto che oggi, un film come Il Buco, perde di mordente proprio a causa di tanti altri film che affrontano temi simili e vengono narrati meglio. Tuttavia, se inseriamo debitamente il film in un contesto di produzione europea, con un budget ridotto per l’opera prima del regista, Il Buco emerge come una chicca che magari non racconta nulla di nuovo, ma va comunque a impreziosire la branca più metaforica e minimale del cinema di fantascienza.

VOTO 7.5

il buco netflix recensioneGenere: thriller, fantascienza
Publisher: Netflix
Regia: Galder Gaztelu-Urrutia
Colonna Sonora: Aranzazu Calleja
Interpreti: Ivàn Massagué, Zorion Eguileor, Antonia San Juan, Emilia Buale Coka
Durata: 94 minuti

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