Il gioco di Gerald - Recensione

Questo è indubbiamente l’anno di Stephen King, romanziere complesso e raffinato, assai difficile da “portare” fedelmente al cinema. Con vive speranze per il prossimo IT, e abbandonata la delusione de La Torre Nera, arriva in sordina su Netflix Il gioco di Gerald, tratto dall’omonimo romanzo del Re.

Una coppia in crisi decide di recarsi al lago per un weekend in solitaria, nel tentativo di riaccendere la passione con un gioco erotico, “divertimento” che ben presto si trasforma in una fantasia di stupro. Jessie, quindi, sarà vittima del marito Gerald, e quando il gioco avrà per il consorte un tragico risvolto si troverà legata a letto, impossibilitata a muoversi; come conseguenza, la psiche della donna comincerà a vacillare e la sopravvivenza non sarà solo più fisica, ma anche mentale.Il gioco di Gerald immagine Netflix 02Mike Flanagan, regista che firma la pellicola, è entrato nelle mie grazie con il recente Somnia, dove ha dimostrato – oltre ad una grande abilità nel creare suspance palpabile – una certa vena autoriale nel trattare il tema del sogno come contrasto o catarsi di un dolore latente.

per rendere il giusto tributo a King è necessario assorbire il messaggio per poi teorizzarlo in immagini

Il gioco di Gerald si trasforma da thriller in film di sopravvivenza in pochi attimi, per regalare le sue più raffinate sfumature quando la psiche della protagonista comincerà a incrinarsi, scindendosi letteralmente in più entità che rappresentano passato, presente e futuro delle azioni della donna. In particolare, nel passato si celano le risposte che permetteranno a Jessie di mantenere un briciolo di lucidità, lo stretto indispensabile per trovare “la chiave” che possa salvarle la vita e liberarla da ben più che un semplice paio di manette fisiche.

L’analisi di Flanagan, così come quella di King, si focalizza proprio sulle manette e sull’adolescenza di una giovane Jessie, rubata, sporcata e che ha taciuto per troppo tempo. Le manette del silenzio (da cui Jessie era vincolata) pesano oggi più che mai, ed è proprio la negazione del suo status di prigioniera ad averla portata alla situazione presente, sposa di un uomo che – forse – non l’ha mai amata veramente oppure, più crudelmente, l’ha usata per i suoi scopi. Un mostro, in definitiva, come quelli che lei stessa si troverà a fronteggiare e a cui attribuirà il suo costante insuccesso esistenziale.Il gioco di Gerald immagine Netflix 01

i peggiori mostri sono quelli che lasciamo crescere in silenzio dentro di noi

Flanagan rimane fedele al materiale originale e lo interpreta basandosi su quel gioco di maschere tanto caro a King: ovvero, mostrarci come i peggiori mostri siano quelli che lasciamo crescere in silenzio dentro di noi, per poi diventare burattini dell’altrui volontà. Banale, forse, ma la messa in scena del regista è certosina, con sequenze oniriche ispiratissime e altre scene che strizzano l’occhio al genere horror di appartenenza.

Il gioco di Gerald si dimostra una delle migliori trasposizioni cinematografiche di un romanzo del Re, a tratti veramente coraggioso, a dimostrazione di come per rendere il giusto tributo a King sia necessario assorbire il messaggio per poi teorizzarlo in immagini. Flanagan, che sa fare del buon cinema, ha capito tutto questo, rivelandosi un regista da non sottovalutare.

VOTO 7.5

Il gioco di Gerald immagine Netflix locandinaGenere: thriller
Publisher: Netflix
Regia: Mike Flanagan
Colonna Sonora: The Newton Brothers
Intepreti: Carla Gugino, Bruce Greenwood, Carel Struycken, Henry Thomas, Chiara Aurelia
Durata: 103 minuti

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