Non ho mai giocato molto sul cellulare, forse perché faccio fatica a trovare qualcosa che mi dia vera soddisfazione. Spesso manca la profondità di gameplay o il livello di cura dei dettagli cui sono abituato su altre piattaforme, perciò non seguo con particolare attenzione la scena del mobile gaming. Questo comunque non mi impedisce di fare un giro sul Play Store del mio smartphone e vedere cos’ha da offrirmi, specie all’appropinquarsi delle festività o di periodi in cui starò via da casa per una settimana o più.
Qualche mese fa, prima di tornare a casa dalla famiglia per Natale, ho scaricato un paio di free-to-play tra i più noti: Brawl Stars e Command & Conquer Rivals. Senza star qua a fare recensioni, ho trovato il primo simpatico e fatto bene, ma non mi ha privato del sonno, come tra l’altro nemmeno i precedenti giochi di Supercell. Rivals, invece, mi ha rapito come non mi sarei mai aspettato grazie alla combinazione di strategia militare e abilità manuale richiesta al giocatore per vincere gli scontri, rigorosamente PvP. Per una volta, ho trovato un gioco per mobile dove le sfide quotidiane sono sufficienti a fornire una quantità di moneta in-game tale da permettere una costante, seppur lenta, progressione delle unità da utilizzare in battaglia. Anche grazie all’estrema brevità di ogni match, Rivals è diventato parte integrante della mia routine quotidiana, al punto di modificarla proprio per ottenere i massimi vantaggi dalle attività quotidiane e dagli eventi periodici a tempo. Nel giro di un mese ci avrò giocato una trentina d’ore, che di per sé non è molto, ma è appunto molto di più di quanto sia abituato a stare a giocare sullo smartphone. Avevo iniziata con qualche partitina a tempo perso per poi rendermi conto che ci passavo anche mezz’ore intere sul divano di casa, quando avrei invece potuto, per esempio, finire God of War, che sta ancora lì a metà (ma che figo, comunque!).

Rivals ha modificato la mia routine quotidiana per ottenere i massimi vantaggi dalle sue attività a tempo
In parte, lo strategico ambientato nello storico mondo di C&C mi ha fatto quindi riconsiderare la possibile qualità di un gioco per smartphone e il divertimento e livello di sfida per noi che ci fregiamo del titolo di “hardcore gamer”, ma all’orizzonte si profilava qualche nuvola, anzi, diciamo pure un nuvolone, scuro e carico di tempesta, ormai un classico di tanti giochi, mobile e non: le
microtransazioni. Certo, mi era successo di battere avversari che avevano eserciti sbloccabili solo attraverso moneta reale, a testimonianza che Rivals non fosse un pay-to-win nella sua forma più becera, ma
era indubbio che avessi sentito la forte tentazione di velocizzare la progressione con sonanti euro (pound, nel mio caso, ma vabbè). Tanto più che con l’aumentare del mio livello, il matchmaking mi poneva di fronte avversari sempre più bravi e, sempre più spesso, muniti di unità avanzate. Volevo quindi recuperare lo svantaggio tattico per assicurarmi che una vittoria o una sconfitta fosse puramente dovuta alla mia abilità e quella del mio avversario. Ecco dunque farsi sempre più forte il prurito davanti alle offerte giornaliere di crediti e gemme varie, anche perché poi pensavo: con tutto il tempo che ci sto passando, sarebbe anche giusto premiare il lavoro di questi sviluppatori che mi stanno offrendo tanto intrattenimento.

Esistono sistemi di monetizzazione alternativi che non attirano con il canto delle sirene della vittoria facile
Ma non l’ho mai fatto.
Mi sono reso conto che i vari loot box, oltre a costare cifre non indifferenti, offrivano quantità di moneta in game a malapena sufficiente a fare la differenza ai livelli cui ero ormai giunto con la mia progressione, per cui sarebbe servito almeno un centinaio di pound per colmare il gap di cui sopra. Ora, chiamatemi pure braccine corte, ma mi sembrava davvero eccessivo, e a qual punto si è poi accesa la spia nella mia testa che mi avvisava: “
Tra una settimana sarai di nuovo di fronte alla stessa situazione. Occhio!”. Mi sono tornate alla memoria tutte le polemiche dell’anno scorso sulle loot box e sulla loro categorizzazione come gioco d’azzardo in certi Paesi, e per la prima volta ho sentito il problema sulla mia pelle. Pur non essendo attirato dai casinò (l’Hippodrome di Leicester Square sta a mezz’ora da casa mia e ci entro solo per qualche raro cocktail, che fanno bene),
Rivals era diventato una tale presenza nella mia giornata che per la prima volta sono stato vicino a cascare nella pratica delle loot box. Mi ha fatto riflettere proprio questo: nonostante mi dedichi al videoludo da trent’anni, e da almeno venti sia abituato a gestire un mio budget, è bastato un semplice gioco mobile, strutturato con intelligenza, e anche un po’ di furbizia, per abbassare le mie difese. Se io quindi sono stato sul punto di cedere al lato oscuro delle micro-transazioni, quanto è più difficile resistere per persone più giovani, che magari hanno accesso a soldi non guadagnati da loro? Esistono sistemi di monetizzazione alternativi che non attirano con il canto delle sirene della vittoria facile. Ho infatti apprezzato giochi da pagare in maniera tradizionale, come Reigns o Rebuild, o anche sistemi in cui si paga per continuare a giocare quando si terminano i tentativi giornalieri gratis, come in Project Loading, stilosa produzione italiana alternativa a Candy Crush e soci. L’ironia della sorte è che mi sono liberato dalla dipendenza di Rivals, e relativo rischio di esborsi economici, non solo per la mia fortezza morale, sulla cui tenuta avrei avuto qualche dubbio sul lungo periodo.
Un bel giorno, infatti, non sono più riuscito ad avviare Rivals sul mio cellulare. Nessuna richiesta di aggiornamenti, nessuno problema hardware. Il giorno prima avevo cambiato la password di EA Origin, il cui profilo avevo legato a Rivals, e da lì è nato il problema, irrisolvibile perché l’app si bloccava ancor prima della schermata iniziale. A salvarmi, quindi, è stato un bel baco di EA: su quello, di questi tempi, si può sempre fare affidamento!