Dopo la fresca e precisa pennellata con cui il nostro Emanuele ha inquadrato Google Stadia pochi giorni fa, ho pensato di buttare giù qualche pensiero personale per intavolare una chiacchierata con voi. Sono sicuro che la mia situazione è condivisa da parecchi, e pure mi sono chiesto se fossi davvero titolato – per una ragione banale che scoprirete fra qualche riga – a parlare di questa piattaforma. Ebbene, ho deciso per il si, sperando di non essere sommerso con un mare di improperi da chi è già nella trincea dello streaming, talvolta guardato con sufficienza da giocatori nella mia stessa posizione.
GIOVANI VECCHI
Ad oggi non ho provato Google Stadia, e per il momento non ho intenzione di farlo. Di per sé ciò non vuol dire molto: di rado sono stato un early adopter, ma in questo caso ammetto che la nuova tecnologia mi attirava parecchio. “Nuova? Ma che dice quel babbazzo del Paschetto??”, vi sento già precisare – giustamente – nei commenti. Certo, certo, i precursori ci sono, tra i tanti mi viene in mente Geforce Now di Nvidia, e se non fossi su un volo per Bologna andrei a recuperare lo speciale di TGM di più di due anni fa (eccolo, a cura di Claudio Todeschini), in cui affrontavamo nel dettaglio il panorama dell’offerta streaming nel mercato videoludico. Come al solito, eravamo sul pezzo ben prima che Stadia fosse avvistata all’orizzonte. TGM forever.
I servizi streaming sono forse la più importante e naturale evoluzione del mercato videoludico
Alla fine
ho deciso di stare alla finestra in attesa dei movimenti del mercato, neanche fossi un cecchino in modalità overwatch di XCOM. D’altra parte, nel mio caso l’incentivo per sobbarcarmi la spesa necessaria risulta a dir poco inesistente. Il mio piccolo Rudi è una bestiola con un i7 e GTX 1080, tra l’altro ben piazzato in salotto e collegato alla TV di casa.
Ancora più rilevante è la mia velocità di banda: nominalmente sta intorno ai 35 Mbps, in teoria di poco sufficienti per giocare in 4K, ma di rado sono l’unico utilizzatore della connessione internet, per cui sono tutt’altro che sicuro che potrei usufruire appieno dell’abbonamento PRO. Allora, dico io,
perché non aspettare l’anno prossimo, quando sarà disponibile il servizio base, e iniziare a vedere come va con quello?
A mio modo di vedere, i servizi streaming sono forse la più importante e naturale evoluzione del mercato videoludico, progressivamente sempre più digitale e meno legato a store e prodotti fisici, i quali, comunque, spero rimangano per la gioia dei collezionisti – Danilo, lo sai che ti vogliamo bene. Proprio sotto l’aspetto prettamente tecnologico, il prodotto di Google ha già raggiunto risultati ben oltre la concorrenza, rendendo pressoché impercettibile il lag alla maggior parte dei giocatori. Escludo a priori la scena eSport, dove, per esempio, i giocatori di picchiaduro si portano stretti stretti da casa i propri joystick, e giocare online è rigorosamente verboten perché la connessione internet potrebbe far perdere loro qualche cruciale frame…
IN ANTICIPO SUL RITARDO
Dove, invece, la casa di Mountain View ha fatto un clamoroso autogol è l’aspetto fondamentale di qualsiasi piattaforma di gaming: i videogiochi a disposizione.
Fra chi si professa orgogliosamente master race, o anche per chi ha seguito il mercato console, è difficile trovare un’immediata collocazione di Stadia
Uno dei titoli di punta è Destiny 2, per dire,
che mi portai a casa anni fa in bundle con la mia scheda video. In più, non esistono esclusive tali da ingolosire per davvero nella direzione di Stadia. Tutto questo, naturalmente, al di là di casi isolati – come quello di
Red Dead Redempion 2 – per cui il rapporto tra requisiti PC (quelli per un’esperienza classica, s’intende) e qualità del gioco in questione potrebbero spingere sul servizio Google i
giocatori più disimpegnati sul lato hardware (console comprese, chiaramente),
che magari tornano sul gaming dopo una lunga latitanza, desiderosi di godersi uno dei migliori giochi di questa generazione – più che Stadia in sé. D’altra parte,
il tempismo nel lancio è parecchio difficile da gestire: ci ritroviamo agli sgoccioli del ciclo dell’attuale generazione di console, per cui la quasi totalità degli appassionati videogiocatori ha ormai una (o più) console nel salotto di casa, e noi PCisti dovremmo aver avuto tutto il tempo per aggiornare la nostra configurazione a un livello tale da poter gridare fieri a petto nudo davanti alla finestra spalancata sulla notte: “
MASTER RACE! MASTER RACE!”. Complicato, quindi, fare breccia in un mercato ormai consolidato, quasi stagno, in cui tra l’altro gli sviluppatori stanno già riservando i loro migliori colpi per
PS5 e
Xbox Scarlett.
Forse Google avrebbe dovuto puntare tutto sugli early adopter? Si tratta di una razza di sognatori nati, talvolta facoltosi ma anche pronti a svenarsi, che non badano a spese pur di vivere con un piede nel futuro e con l’ultimo gadget a portata di mano.
Al momento, forse, Stadia non è abbastanza futuribile nemmeno per gli early adopter
Anche secondo me, per i motivi ben delineati da Emanuele, Stadia non è adatta a questa schiera di esseri proiettati verso il futuro: per una vera “esperienza da sci-fi”
dovrebbe essere possibile collegare il joypad di Stadia alla stessa rete wifi di qualsiasi altro dispositivo dotato di schermo, pronti a giocare in ogni modo e luogo fino allo stremo delle forze. E invece no, finiamo con un’esperienza azzoppata da
limitazioni fin troppo piantate nel presente. Spero, allora, che Google porti pazienza per qualche tempo, approfitti di questi mesi per migliorare le interfacce di Stadia con gli altri dispositivi e si presenti ai nastri di partenza della
prossima generazione con una selezioni di titoli dagli attributi quadri. Nel frattempo, se cerchiamo flessibilità e divertimento, possiamo anche fare come il mio vicino di volo, che sta giocando a Pokémon sulla sua colorata e stilosa Switch. E in aereo non c’è neanche internet!