In questi giorni, prima che fosse tolto definitivamente il velo sulla qualità di Mass Effect: Andromeda, un vero e proprio putiferio si è scatenato intorno alla presunta lead facial designer del gioco, tale Allie Rose-Marie Leost, il cui ruolo nel progetto è stato messo in discussione da BioWare, per quanto rientri misteriosamente nei titoli di coda. Da una parte, la casa di Dragon Age e Mass Effect (più che di Baldur’s Gate o KOTOR, quei tempi sono ormai lontani) si preoccupa di difendere l’accusata dalle ingiurie, gravi in tutti i casi, dall’altro prende le distanze dall’ex modella e cosplayer, precisando il suo status di ex dipendente e la sostanziale falsità del suo coinvolgimento nella posizione di “lead”. Legittimamente, se così è, dal momento che la stessa Allie Rose-Marie Leost aveva sbandierato il suo ruolo su pagine personali ora modificate.

Un vero e proprio putiferio si è scatenato intorno alla presunta lead facial designer del gioco
Personalmente, dopo aver affrontato negli ultimi mesi blockbuster commerciali come
Call of Duty: Infinite Warfare,
Ghost Recon: Wildlands e
Mass Effect: Andromeda (con l’eccellente intermezzo di
Nioh, grazie al cielo), devo dire di non sentirmi particolarmente interessato alle speculazioni su una singola vicenda come quella di BioWare e Allie Rose-Marie Leost: per una ragione o per l’altra, ho ben capito che non si tratta di titoli capaci di restare nella memoria, e che anzi, pur se non brutti, verranno consumati dalla massa senza che ci sia nulla di ludicamente rilevante da aggiungere. Nondimeno, però,
sono rimasto sbalordito dalle conseguenti aggressioni sui social, anche solo nell’aver cercato di “personalizzare” i risultati di un colosso come Mass Effect: Andromeda in una singola e fragile figura. La ragazza potrebbe aver fatto qualsiasi errore, compreso quello allucinante di pasticciare coi software grafici di un’opera milionaria, sulla base di chissà quali amicizie o prestazioni; in un titolo del genere, però, che fa delle relazioni con i PNG uno dei suoi nodi cardine, resterebbe ben più incredibile il fatto che nel corso degli ultimi mesi non sia avvenuto un vero controllo qualitativo, e che al contrario
Mass Effect Andromeda sia stato reputato pronto per l’uscita. Incrociando le dita, magari, con un atteggiamento comunque imperdonabile per realtà produttive di simili dimensioni.

Nuove IP e talenti meno “antichi” avanzano, peraltro in scuderie tutt’altro che povere
Quello che mi preme è non perdere di vista lo scenario generale: nuove IP e talenti meno “antichi” (più di dieci anni di militanza, in tutti i casi) avanzano, peraltro in scuderie tutt’altro che povere, ad esempio nel caso di Arkane, Guerrilla, Platinum Games o CD Projekt RED;
le grosse case e i marchi del passato, invece, sembrano tentare di interpretare i cambiamenti dei gusti o del mercato senza capirli fino in fondo, inseguendo tentativi più che rivoluzioni. I numeri possono ancora essere dallo loro parte, ma solo perché hanno accumulato un vantaggio commerciale enorme, in potenza già scricchiolante sui budget più alti.
Nei problemi di Mass Effect: Andromeda non ho riconosciuto la svogliataggine o l’impreparazione di una singola persona, ma un intero sistema di sviluppo che ha funzionato a singhiozzo: intravedo validi professionisti e creativi, certo, ma anche il lavoro di chi si sente semplicemente “impiegato” in una grande azienda, col compito di elaborare un progetto entro standard fin troppo precisi. Sospetto l’orrore della scarsa passione e forse anche della noia, ovvero di carenze imperdonabili per chi ha la pretesa (o l’ambizione) di appassionare una sconfinata platea.
Nello stesso periodo di tempo ho invidiato tantissimo Davide Mancini, responsabile delle ottime ed emozionanti recensioni di Horizon Zero Dawn e Nier: Automata, trovatosi di fronte all’altra faccia del moderno gaming ad alto (o medio-alto, nel secondo caso) budget. La differenza evidente, a mio modo di vedere, è che questi giochi sembrano aver emozionato in primis chi li ha realizzati, con un flusso creativo che non necessariamente (e certo non in Nier) ha compreso la statura tecnica. Ci sono ragioni di passione e di idee, di originalità narrativa e di voglia di osare, di superare la paura che attanaglia i progetti della dimensione di Mass Effect: Andromeda. Allie Rose-Marie Leost può anche essere la dea della bellezza, ma non ha il potere di rovinare un capolavoro che non è mai nemmeno esistito.