Esiste una definizione universalmente accettabile di “gamer”, o videogiocatore? Mi ponevo il dubbio qualche giorno fa, cercando di rifilare la mia vecchia PlayStation 4 a mio cognato (per i suoi figli, ovviamente), così che lui possa mandare in pensione la sua ormai incartapecorita Xbox 360 e io possa passare a una PS4 Pro. Alla mia – interessatissima, ovviamente – proposta ha cercato di aggirare il problema rispondendomi che insomma, suo figlio non è che giochi tanto, giusto qualche partita a FIFA o “agli Skylanders” (sic). Insomma, non è mica un videogiocatore. Come se fosse una mezza onta, tra l’altro, ma non è questo il punto. Il punto è che suo figlio è un videogiocatore, gli piaccia o non gli piaccia. E pure papà, dal momento che qualche sfida a FIFA col pargolo ogni tanto se la fa pure lui. Videogiocatore a sua insaputa, forse, magari non incallito o “hardcore”, come usa dire oggi, ma indubbiamente videogiocatore.
la popolazione giocante è definita nei modi più disparati, ma siamo sicuri che sia davvero così?
Spulciando qualche statistica in giro per il web, studi e analisi sulle demografiche e le abitudini legate al consumo di videogiochi, la popolazione giocante è definita nei modi più disparati:
in base a quante ore passa con un pad in mano (o lo smartphone, o mouse e tastiera, non sottilizziamo), a quanti giochi acquista, al numero di piattaforme ludiche possedute, ecc. L’unico risultato che ho ottenuto da questo pigro girovagare è che non esiste una definizione univoca. Al che, la domanda: dovrebbe esistere, secondo voi?
La proposta ludica è talmente articolata ed enormemente varia da unire mondi e abitudini apparentemente inconciliabili, e lontanissimi tra loro. C’è chi scarica Clash of Clans e Candy Crash sul cellulare, ci gioca in ogni momento della giornata e di solito non va molto oltre; c’è chi si compra la PlayStation (o l’Xbox, non sottilizziamo), ma per lui il mondo dei videogiochi sorge e tramonta solo con gli ultimi capitoli di FIFA o Call of Duty.
La proposta ludica è così articolata e varia da unire mondi e abitudini lontanissimi tra loro
C’è chi si incazza come una biscia se non affronta ogni side quest di ogni gioco di ruolo vecchia scuola, studiandosi bestiari e schede personaggi, imparando a memoria incantesimi e magie; c’è chi porta a livello 305 tutti e tre i personaggi di
Destiny 2 in quattro giorni, e poi si lamenta che il gioco è una delusione; c’è chi rifugge dalle novità e passa le serate in cantina a rimettere in sesto un vecchio cabinato con
Bubble Bobble o
Space Pilot; c’è chi passa compulsivamente da un gioco all’altro, facendo incetta di tutto quel che passa sui saldi di
Steam e
Humble Bundle, senza preferenze particolari di acquisto, o di fruizione; c’è chi spende centinaia di euro per poter avere il sistema di gioco più performante di tutti, solo per poter rubare cinque o sei frame al secondo in 4K con tutti i dettagli attivati.
Il videogioco è ormai così trasversale da non poter essere intrappolato in qualche casella
Ne ero convinto anche prima ma, stilando questa breve e ovviamente banale lista di stereotipi ludici,
mi sono ancor di più convinto che nella definizione di videogiocatore ci vanno tutte quante queste persone. Ma tutte, eh, dalla prima all’ultima, nessuno escluso. Perché ce n’è davvero per tutti i gusti e tutte le tasche.
Il videogioco è ormai talmente universale e trasversale da non poter più rimanere intrappolato in una serie di “caselle” per definizione limitanti. La cosa divertente (insomma…) è che, tipicamente, i videogiocatori mal sopportano chi ha abitudine ludiche diverse dalle loro; andate a dire ai duri e puri che anche il signore impettito che gioca a
Candy Crush in metropolitana è un gamer come loro. E allo stesso modo, andate a dire al signore di cui sopra di far parte dello stesso gruppo degli “smanettoni”.
Se ne facciano una ragione: fanno parte tutti della stessa, grande famiglia dei videogiocatori. Ebbene sì, anche mio cognato.