Entrare nel primo centro ricerca e sviluppo di G2A, situato nella città di Rzeszów, in Polonia, è una strana esperienza. Ci sono uffici con meme appiccicati alle porte, una palestra, due saune e delle stanze adibite al relax da utilizzare ogni volta che si vuole. Il clima è disteso e “familiare”, così tanto che un paio di settimane fa persino il CEO, Bartosz Skwarczek, ha potuto festeggiare il proprio 40° compleanno in sala mensa con una torta gigante e un cappellino di carta in testa, circondato dai suoi dipendenti e da noi, curiosi giornalisti.
Siamo stati al “G2A Root”, un tour di 5 giorni in Polonia alla scoperta di questa peculiare realtà
LA DIFFICILE ARTE DEL COMUNICARE
La comunicazione è sempre stata il punto dolente di G2A. A tratti è anche comprensibile, dato che è estremamente difficile riuscire a dare la giusta immagine di sé quando il proprio motto è l’esasperazione del ‘rompere gli schemi’, ma mai la legge”. I dubbi sorgono già quando ci si chiede da dove vengano prezzi così bassi. Alla base del loro successo c’è il semplice libero mercato. Le chiavi digitali dei giochi presenti all’interno del loro vasto catalogo online sono vendute da privati, che ne decidono autonomamente il prezzo. Esse vengono acquistate presso grossisti, nazioni con prezzi più vantaggiosi, bundle distribuiti da siti terzi e persino recuperati da giveaway. Quindi vengono rivendute, appunto, su G2A. A questo proposito, l’accusa mossa da alcuni reporter e sviluppatori è quella di aver permesso a tanti venditori di arricchirsi con chiavi comprate attraverso carte di credito rubate, o con codici gratuiti acquisiti fingendosi giornalisti o influencer.
La comunicazione è sempre stata il punto dolente di G2A, problema a tratti comprensibile
Ad aggiungersi ci sono state, poi, mosse di marketing tecnicamente legali ma moralmente discutibili, come la scelta di pubblicizzare siti di eloboosting e compravendita di account di League of Legends, che causò nel 2015 una feroce diatriba con Riot Games. Non c’è da stupirsi, dunque, che digitando il loro nome sui motori di ricerca si incappi facilmente in discussioni sulla loro affidabilità e legittimità.
GUARDARE AVANTI
Negli ultimi anni G2A è stata disposta a fare ammenda e a ricominciare da capo col dialogo. D’altronde anche la comunicazione è una parte fondamentale del business se si gestisce una compagnia da centinaia di dipendenti e più di 12 milioni di utenti.
Il marketplace polacco, oggi, sta tentando di ripulirsi dalla brutta nomea che lo accompagna
Nondimeno, nel 2016 è stata inaugurata la G2A Arena, una struttura polifunzionale di 16 mila metri quadrati nella periferia di Rzeszów, che ha già ospitato tantissime conferenze e concerti. Parallelamente, la società di Bartosz Skwarczek e Dawid Rożek non ha mai smesso di lavorare sulla sicurezza del proprio sito. Nei suoi uffici a Varsavia è stata presentato alla stampa ‘Skynet’, un’intelligenza artificiale attualmente in fase di sviluppo che aiuterà nello smascheramento di potenziali transazioni anomale da parte degli acquirenti. “Ogni marketplace al mondo deve fare i conti con una piccola percentuale fisiologica di frodi. C’è una soglia tollerata, di circa il 2% sopra la quale nessuna compagnia di carte di credito accetterà di lavorare con te. Noi siamo già al di sotto, ma stiamo tentando di migliorare sempre di più”.
Presto, un’apposita IA si ‘nutrirà’ di centinaia di dati raccolti durante le transazioni su G2A
In 8 anni, la allora “Go 2 Arena” si è trasformata da piccolo rivenditore di codici incapace di ottenere contatti con i produttori di videogiochi in un gigantesco mercato globale. Ponendosi come obiettivo quello di offrire i prezzi più bassi sul mercato in modo omogeneo, non ha avuto paura di tirare (fin troppo) la corda per raggiungere tale risultato. Oggi, tuttavia, gli impegni sembrano anche altri: non solo migliorare la propria immagine, ma anche tentare di uscire, a piccoli passi, dalla zona grigia del mercato digitale nella quale ha navigato in più di un’occasione.