Roots, un reportage alla scoperta di G2A

Entrare nel primo centro ricerca e sviluppo di G2A, situato nella città di Rzeszów, in Polonia, è una strana esperienza. Ci sono uffici con meme appiccicati alle porte, una palestra, due saune e delle stanze adibite al relax da utilizzare ogni volta che si vuole. Il clima è disteso e “familiare”, così tanto che un paio di settimane fa persino il CEO, Bartosz Skwarczek, ha potuto festeggiare il proprio 40° compleanno in sala mensa con una torta gigante e un cappellino di carta in testa, circondato dai suoi dipendenti e da noi, curiosi giornalisti.g2a

Siamo stati al “G2A Root”, un tour di 5 giorni in Polonia alla scoperta di questa peculiare realtà

Un’immagine simile va un po’ a cozzare con quella che è la fama dell’azienda stessa. Il famoso marketplace digitale – una sorta di eBay per videogiocatori – ha sempre scelto di navigare in acque non proprio cristalline e ne ha pagato le conseguenze, diventando nell’immaginario di tanti un orco malvagio che non si è fatto scrupoli a favorire il mercato grigio e l’illegalità per il proprio profitto.  Chi pensa che un’attività come la nostra possa vivere grazie al commercio di chiavi rubate non sa di cosa parla“, ripetono loro. Eppure qualcosa deve averlo innescato, questo sospetto. Come lo si blocca?

LA DIFFICILE ARTE DEL COMUNICARE

La comunicazione è sempre stata il punto dolente di G2A. A tratti è anche comprensibile, dato che è estremamente difficile riuscire a dare la giusta immagine di sé quando il proprio motto è l’esasperazione del ‘rompere gli schemi’, ma mai la legge”. I dubbi sorgono già quando ci si chiede da dove vengano prezzi così bassi. Alla base del loro successo c’è il semplice libero mercato. Le chiavi digitali dei giochi presenti all’interno del loro vasto catalogo online sono vendute da privati, che ne decidono autonomamente il prezzo. Esse vengono acquistate presso grossisti, nazioni con prezzi più vantaggiosi, bundle distribuiti da siti terzi e persino recuperati da giveaway. Quindi vengono rivendute, appunto, su G2A. A questo proposito, l’accusa mossa da alcuni reporter e sviluppatori è quella di aver permesso a tanti venditori di arricchirsi con chiavi comprate attraverso carte di credito rubate, o con codici gratuiti acquisiti fingendosi giornalisti o influencer.g2a

La comunicazione è sempre stata il punto dolente di G2A, problema a tratti comprensibile

Su tale fronte G2A ha sempre tentato di difendersi a muso duro. Nel primo caso l’azienda ha affermato che, per quanto il rischio di frodi faccia ‘parte del gioco’, per loro sarebbe impensabile mettere in circolo con leggerezza dei codici ottenuti grazie al furto. Il rischio è che vengano ritirati, come nel caso dei giochi Ubisoft revocati dalle librerie di alcuni utenti di Steam nel 2015, danneggiando non solo sviluppatori e consumatori economicamente, ma anche la reputazione dello stesso marketplace. Per quanto riguarda, invece, quelle finite nelle mani di finti giornalisti e youtuber, G2A non si è mai trattenuta dal reindirizzare la colpa sugli stessi publisher, rei di distribuire gratuitamente il loro prodotto con troppa leggerezza e noncuranza. Qualcosa, tuttavia, è andato storto nel modo in cui la società polacca ha tentato di farlo capire al pubblico. Tra AMA fallimentari e comunicati stampa evasivi, ci ha messo del suo nel complicare parecchio il rapporto con la stampa e i consumatori.

Ad aggiungersi ci sono state, poi, mosse di marketing tecnicamente legali ma moralmente discutibili, come la scelta di pubblicizzare siti di eloboosting e compravendita di account di League of Legends, che causò nel 2015 una feroce diatriba con Riot Games. Non c’è da stupirsi, dunque, che digitando il loro nome sui motori di ricerca si incappi facilmente in discussioni sulla loro affidabilità e legittimità.

GUARDARE AVANTI

Negli ultimi anni G2A è stata disposta a fare ammenda e a ricominciare da capo col dialogo. D’altronde anche la comunicazione è una parte fondamentale del business se si gestisce una compagnia da centinaia di dipendenti e più di 12 milioni di utenti.g2a

Il marketplace polacco, oggi, sta tentando di ripulirsi dalla brutta nomea che lo accompagna

Il marketplace polacco, oggi, sta tentando di ripulirsi dalla brutta nomea che lo accompagna, attraverso una serie di iniziative. Il primo passo è stato G2A Direct, che permette agli stessi publisher di operare a diretto contatto con loro. In seguito è arrivata anche una decisa stretta sui venditori: la richiesta di tutta una serie di informazioni e certificazioni che ne faciliterebbero l’individuazione in caso di comportamento illegale. Inoltre, la compagnia ha smesso di vivere solamente di videogiochi. All’interno del sito sono state inserite sezioni dedicate all’e-learning e all’hardware. L’obiettivo, tuttavia, è quello di espandersi ancora, diventando un vero e proprio punto di riferimento per geek. Presto si potranno comprare non solo componenti per il proprio PC, ma anche gadget, merchandising ufficiale, poster e quant’altro.

Nondimeno, nel 2016 è stata inaugurata la G2A Arena, una struttura polifunzionale di 16 mila metri quadrati nella periferia di Rzeszów, che ha già ospitato tantissime conferenze e concerti. Parallelamente, la società di Bartosz Skwarczek e Dawid Rożek non ha mai smesso di lavorare sulla sicurezza del proprio sito. Nei suoi uffici a Varsavia è stata presentato alla stampa ‘Skynet’, un’intelligenza artificiale attualmente in fase di sviluppo che aiuterà nello smascheramento di potenziali transazioni anomale da parte degli acquirenti. “Ogni marketplace al mondo deve fare i conti con una piccola percentuale fisiologica di frodi. C’è una soglia tollerata, di circa il 2% sopra la quale nessuna compagnia di carte di credito accetterà di lavorare con te. Noi siamo già al di sotto, ma stiamo tentando di migliorare sempre di più”.g2a

Presto, un’apposita IA si ‘nutrirà’ di centinaia di dati raccolti durante le transazioni su G2A

L’IA si “nutrirà” di centinaia di dati raccolti durante le transazioni su G2A, e non solo. Grazie alla loro analisi incrociata, Skynet sarà in grado di determinare con maggior precisione se e quanto una compravendita sia potenzialmente fraudolenta, in base al numero di anomalie rilevate. Il progetto sembra ambizioso e remunerativo – specialmente se verrà messo a disposizione dei partner commerciali – ma il rischio di creare un vero e proprio mostro, come nel caso del criticatissimo sistema automatizzato di gestione del copyright su YouTube, rimane dietro l’angolo. “Il nostro obiettivo” ha affermato il responsabile della comunicazione Maciej Kuc, «è quello di ridurre al minimo il blocco dei cosiddetti falsi positivi, ovvero transazioni bloccate perché ritenute pericolose ma che, in realtà, sarebbero state del tutto legittime“.

In 8 anni, la allora “Go 2 Arena” si è trasformata da piccolo rivenditore di codici incapace di ottenere contatti con i produttori di videogiochi in un gigantesco mercato globale. Ponendosi come obiettivo quello di offrire i prezzi più bassi sul mercato in modo omogeneo, non ha avuto paura di tirare (fin troppo) la corda per raggiungere tale risultato. Oggi, tuttavia, gli impegni sembrano anche altri: non solo migliorare la propria immagine, ma anche tentare di uscire, a piccoli passi, dalla zona grigia del mercato digitale nella quale ha navigato in più di un’occasione.

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