Go Nagai è uno dei nomi più importanti nell’ambito dei fumetti giapponesi e
Devilman, insieme a Mazinga, è probabilmente la sua opera più conosciuta e amata. Nonostante abbia visto la luce quasi 50 anni fa,
il capolavoro del maestro mantiene ancora oggi la sua carica eversiva e resta attuale in tutta la sua crudezza e nella profonda sfiducia verso il genere umano. Quando Netflix ha commissionato una nuova serie animata basata sul demone-uomo più famoso al mondo, però, si è trovata davanti a un dilemma per nulla banale: a chi dare in mano un lavoro simile per mantenere intatto il senso di anarchia che permeava l’opera originale?
La scelta, per nulla banale, è ricaduta su Masaaki Yuasa. Senza mezzi termini, un pazzo. Un pazzo che ha dimostrato di avere uno dei tratti artistici più caratteristici e schizzati in circolazione, che sa giocare alla grande con l’onirico e che ha la forza espressiva necessaria per far meglio del primo storico (ma decisamente edulcorato) adattamento televisivo di Devilman. Insomma, se c’era una persona capace di trasmettere la rabbia, la violenza e la schizofrenia del Devilman originale, quella era Masaaki Yuasa.
Masaaki Yuasa ha fatto la scelta di trasportare tutto ai giorni nostri
E quindi com’è
Devilman Crybaby? Esattamente come ci si aspetterebbe dal suo regista.
Si parte dallo stesso presupposto narrativo: Akira è un ragazzo gentile che si trova coinvolto nella guerra millenaria tra uomini e demoni e ottiene i poteri di Amon, uno degli esseri demoniaci più spietati dell’inferno. Il suo cuore però resta umano e nella lotta che seguirà cercherà di salvare i suoi amici e la donna che ama. Questa semplice linea narrativa, però, ha tempo di crescere per assumere contorni decisamente meno netti: i personaggi sono quasi tutti ambigui, profondamente combattuti e capaci di azioni discutibili.
Yuasa ha fatto la scelta di trasportare tutto ai giorni nostri e ciò ha modificato radicalmente la sceneggiatura del Devilman originale, mantenendo però intatto lo spirito e i punti cardine della storia. Siamo nel mondo dell’informazione, dei social network, di internet, dei like, della manipolazione dell’immagine, del sessismo e del bullismo virtuale, e Yuasa afferra tutti questi spunti e li inserisce all’interno dei suoi dieci episodi, costruendo un quadro desolante e pessimista di un’umanità agli sgoccioli. La serie, inoltre, non lesina sui momenti disturbanti, dissacranti e profondamente violenti: c’è tantissimo sesso, quasi sempre inquadrato in modo morboso, la violenza – anche sessuale – è mostrata senza filtri con i corpi dilaniati, il sangue che schizza e le atroci dipartite. Ciò permette allo show di mantenere costante il disagio nello spettatore e di raccontare la sua parabola di eros e thanatos col sesso che (come in ogni racconto horror che si rispetti) è sempre via d’accesso per un male antico e inafferrabile.
Devilman Crybaby potrà essere diverso nella forma rispetto all’originale, ma ne preserva lo zeitgeist
Lo spettatore è ipnotizzato anche e soprattutto grazie alla forza audiovisiva. La scelta di un artista dal tratto così peculiare per un prodotto di massa come questo è stata decisamente coraggiosa: il lavoro di Yuasa è anarchico e schizzato, e può non piacere a tutti perché gioca con le proporzioni in modo estremo; a volte l’autore preferisce votarsi a uno stile spartano che appare molto diverso rispetto agli anime moderni, super curati fino all’ultimo particolare.
L’apoteosi artistica di Devilman Crybaby emerge quando questo approccio unico si unisce a un’animazione stilosissima e a un comparto sonoro favoloso, perlopiù elettronico ma che conta anche elementi “sacrali” con cori e canti gregoriani. Considerato come un unicum audiovisivo,
Devilman Crybaby è fenomenale: impossibile staccare gli occhi da ciò che succede grazie anche al ritmo fluidissimo (20 minuti densi ad episodio) che cattura lo spettatore una puntata dopo l’altra e a una sceneggiatura che fila liscia come l’olio, senza nessun punto morto. Dieci episodi che sono un pugno allo stomaco dopo l’altro, duecento minuti abbondanti di girato di grande qualità.
Devilman Crybaby potrà essere diverso nella forma rispetto all’originale, ma ne preserva lo zeitgeist, trasportandolo cinquant’anni nel futuro e raccontando la storia (che sa essere metareferenziale) di due profeti moderni, il cui messaggio arriva dalla rete sui telefoni cellulari e sulla televisioni.
VOTO: 8