Appare un po’ emblematica la scelta di Zerocalcare di aprire questa nuova serie animata per Netflix raccogliendo le critiche di chi – molto probabilmente – si è riempito la bocca di vocaboli, senza aver neanche visto il racconto: “Zerocalcare non dice nulla di nuovo, è il solito sinistro represso, è tutto parlato in romano, non si capisce nulla, Roma Ladrona” e altro ancora, con un netto distacco di pubblico tra chi ha amato l’opera, traendone il messaggio e chi, invece, è stato troppo pigro per guardarla con attenzione. Qualcuno che magari è attivo sui social e ha tenuto a farci sapere che Strappare lungo i bordi era una stupidaggine e non valeva il tempo della visione, che dietro c’era il solito complotto di inculcarci a forza il politicamente corretto. Da qui arriviamo al titolo di questa seconda opera, Questo mondo non mi renderà cattivo, che prende spunto proprio dai polpastrelli, quelli ingialliti da innumerevoli bastoncini di nicotina e odio viscerale verso tutto: non rendeteci cattivi, più di quanto, forse, non siamo già.
La nuova serie di Zerocalcare – della quale, grazie a Netflix, ho potuto visionare buona parte degli episodi in anteprima – è una diretta evoluzione di Strappare lungo i bordi, un Super Saiyan di secondo livello che esplode, surclassando il primo, perché i fuoriclasse, se hanno verbo e matita buoni, emergono subito e chiaramente, il resto è fuffa. Un campione può anche battere un calcio di rigore e sbagliare, mandarla in alto, ed è proprio in quel momento che lo spettatore ha voglia di tendere le braccia a quel codino, stare vicino a Baggio, affranto davanti alla porta immacolata e la palla altrove.
Zerocalcare è Baggio, che si ritrova a vivere un momento di forte disagio nel suo quartiere, uno di quei momenti in cui la nostra etica dice di essere nel giusto e le nostre azioni sono legittime. Fuori c’è il nemico, eppure il mondo sembra indicarci il contrario, ovvero che per quanto – ipoteticamente – i nostri atti siano giusti o sbagliati, il più delle volte quello che siamo, quello che diciamo, chi attacchiamo o amiamo, scaturisce da un disagio che ci mangia da dentro e che se non viene urlato o vomitato contro qualcuno, resterà pesante come un macigno nascosto nella cassa toracica.
Estetica e lavoro di animazione hanno beneficiato di cura maggiore come anche la narrazione, sempre ricca, inedita, mai ripetitiva, pur con qualche volo pindarico che arriva comunque all’obiettivo. D’altra parte, lo scotto emotivo da pagare è assai maggiore.
Un po’ come la crosticina di una ferita che non si è rimarginata del tutto, questa storia di quartieri, di amici che hanno enormi pesi sul petto, di altri che tornano dopo lunghi periodi di assenza, fanno i conti con chi ce l’ha fatta, con Zero che tra tutti ha avuto successo, ma ha perso quel senso disperato a cui tutti si aggrappano per andare avanti giorno dopo giorno.
Chi guarda avanti cerca di sopravvivere ma rischia di perdere qualcosa di importante lungo la strada, di non scorgere chi è in difficoltà e capire quelle difficoltà. L’aspetto più importante di questo assaggio di episodi è che essere Superman in un mondo pieno di criminali è estremamente difficile, ma potremmo provare una strada inedita: capire.
Capire cosa rende il mondo cattivo, e come questa cattiveria si rispecchia negli spazi web e social, nelle risse per strada, nella considerazione che abbiamo verso l’altro.
Non vedo l’ora di guardare il resto delle puntate di Questo mondo non mi renderà cattivo, perché torna prepotente quella crosticina che nasconde una ferita ancora aperta: per ora ho grattato la superficie, qualcosa si è rotto e sta uscendo sangue, l’emozione provata alla fine di ogni episodio è stata quella della delusione, perché sentivo che questa serie stava parlando a me e al mio “nemico”, rendendoci uguali e immaturi al tempo stesso, con lo stesso sangue che sgorga dalla medesima ferita.