Siamo a tre giorni dalla fine dell’anno e, come ogni periodo festivo che si rispetti, è tempo di pulizie, di cose da sistemare e di bilanci da fare. Come ogni volta, ripensando a tutti i titoli giocati per lavoro e piacere nel 2017, cose recuperate per strada, roba acquistata e mai toccata, mi faccio prendere dalla voglia, evidentemente ereditata da mio padre che passava giornate davanti Access, di mettere a posto la mia collezione in un database, o in un “qualcosa” che segni i cosa, i quando e i perché. Per fortuna o purtroppo, il mio OCD non è abbastanza forte da far partire un’opera di catalogazione efficiente, ma ammetto di avvertire un certo senso di frustrazione a riguardo, che poi è parte del processo che mi fa desiderare la libreria cloud mondiale globale totale, soprattutto perché trovo veramente difficile investire nel tempo in un qualcosa che nella mia testa dovrebbe crearsi attraverso l’uso stesso per essere davvero efficiente.
L’alternativa potrebbe essere quella di cominciare da un banalissimo file Excel contenente il diario di gioco e alcuni appunti, più che altro anche per tenere traccia di ciò che si fa e avere un comodo memorandum. Sarebbe la cosa più logica, soprattutto quando per lavoro entri in contatto con una miriade di giochi diversi, provandone a cogliere il senso e aspetti salienti. Tuttavia, nel momento in cui mi “accontento” mentalmente di preparare il semplicissimo foglio di calcolo, inevitabilmente finisco per visitare siti come Darkadia, Collectorz, RF Generation, Backloggery, VG Collect, ma anche i corrispettivi cinematografici come Letterboxd e Trakt, o finanche soluzioni più generali come Delicious Library, e mi risale di nuovo la scimmia.
E se il desiderio di archiviazione fosse solo un modo per liberarsi dall’incombenza di voler ricordare?
E se il desiderio di archiviazione, di catalogazione e di collezione fosse solo un modo per liberarsi dall’incombenza di ricordare? Un po’ come mettere le foto ricordo in un baule e riporlo in cantina, al servizio di una superficiale nostalgia e poco altro. A che serve catalogare le esperienze se poi il loro valore è quello di trofei da esporre agli amici a mo’ di collezione di farfalle? Una cosa è desiderare il tracking totale delle proprie esperienze, un’altra è passare del tempo a cercare formalmente un sistema di catalogazione efficiente e dettagliato. Il primo sarebbe parte dell’esperienza stessa, il secondo dalla volontà di archiviarla di per sé, ed è quello il sentimento che mi genera conflitto interiore.
A volte ho la sensazione che la scimmia di catalogazione che mi prende sia semplicemente la voglia di godermi un po’ di ricordi, ma per quello non ho certo bisogno di un guardare uno scaffale digitale pieno di JPG delle copertine. E dunque, come ogni anno, alla fine, continuerò a non far nulla (ripromettendomi però di segnare sommariamente tutto quello a cui giocherò come vademecum personale), e a custodire gelosamente tutta la mia memoria ludica nella mia testa fallace, o fisicamente ammassata sugli scaffali, negli scatoloni di cose risalenti all’infanzia e all’adolescenza, nell’attesa di trovare una soluzione a riguardo. Idee?