Come vi dicevo tempo fa, mi piace quando un gioco ti mette alla prova e contempla il fallimento, sfruttando l’episodio come base per andare avanti in uno scenario alterato. Probabilmente è il mio retaggio di appassionato di giochi sportivi, dove anche una gara o una finale persa non è la fine del mondo e si va avanti senza problemi, accettando la sconfitta e traendo insegnamento da essa. Nel corso del tempo, con i roguelike prima e i soulslike dopo abbiamo anche imparato diverse sfumature del concetto di ripetizione come forma di crescita e miglioramento; tutto sommato, in un mondo sempre più variegato che interpreta il non farcela come una conseguenza in grado di creare esperienza per il futuro, abbiamo le spalle sufficientemente larghe per accettare l’onta del fallimento. Dall’altro lato ci sono sempre i giochi dove il meccanismo è invece molto più lineare: se non superi l’ostacolo, ricarichi e ci riprovi. Fair enough. Ma cosa succede quando si hanno entrambe le opzioni a disposizione? Pensate ai manageriali, agli strategici, ma volendo anche agli sportivi.
C’è un uso corretto dei salvataggi e un uso eticamente meno cristallino?
Ma c’è un uso corretto dei salvataggi e un uso eticamente meno cristallino? È un po’ lo stesso discorso che Claudio faceva tempo fa con i rewind nei giochi di guida, ma estendendo il concetto ad ampio raggio, che differenza c’è tra salvare spesso ed essere un tipo prudente (e se non cogliete la citazione di Psycho Mantis siete persone brutte) rispetto all’utilizzare capziosamente il save game per trarre vantaggio sul sistema? Tecnicamente nessuna, ma personalmente credo ci sia un piccola discriminazione etica. Salvare in buona fede serve soltanto a ridurre la frustrazione in caso di imprevisto, ma resta nel campo del tenere l’incredulità sospesa; abusare di quella funzione, secondo me, rompe gli argini dell’immedesimazione, perché si pensa a livello di metagioco e non semplicemente al fatto che possa andarti male. Da questo punto di vista, per quanto complessivamente odiosi in termini di user experience, confesso che non mi è mai spiaciuto il concetto di save point alla giapponese, perché in un certo senso ho sempre trovato la soluzione integrata e funzionale alla proposta ludica. Detto ciò, magari è un problema mio, ma ricaricare un salvataggio che mi riporta in una situazione di vantaggio e potenza dopo aver scialacquato le possibilità a disposizione mi fa sentire un po’ una persona peggiore, e mi scatta immediatamente il senso di colpa. Mi è capitato, chiaramente, soprattutto quando per lavoro hai dei tempi stretti, e pur convivendoci serenamente penso sempre che “vabbè, ma avrei dovuto comunque ricominciare o accettare l’esito negativo delle mie decisioni”.
Che succede però, quando è il sistema a porre il giocatore in una situazione grigia?
Lo so, ho rosicato, ma è stato un po’ come essere deluso da una visione del futuro che non si è avverata. Non si fa, non si esce e ricarica la partita, perché è davvero contro i miei principi da giocatore, ma l’ho fatto ben tre volte finché non si è ripetuta la condizione che avevo già vissuto nel primo playthrough. Sta roba mi sta tormentando da giorni, e so che se vincerò lo Scudetto lo vivrò un po’ meno bene perché mi sento di aver rubato tre punti così, nonostante sul campo alla fine il mio 1-0 l’avevo ottenuto alla prima occasione. Ditemi che non sono l’unico a vivere questi drammi interiori.