Secondo molti dizionari online, tra cui l’Oxford, il rage-quit (che d’ora in poi scriverò senza trattino perché è orrendo) è l’atto di “abbandonare rabbiosamente un’attività che si è rivelata frustrante. Si applica in particolare ai videogiochi“. Qualche settimana fa il buon Davide Mancini ringraziava i ragequitter che incontra nelle sue incursioni notturne sui campi da calcio di FUT, e capisco perfettamente il suo punto di vista. Lo capisco talmente tanto che online non ho praticamente (ehm… vabbè dai, chi non ha peccato scagli la prima pietra) (io, nd Kikko) mai mollato una partita o una gara a metà, consapevole proprio di quel che ha scritto la nostra principessina, ossia che dall’altra parte dello schermo, per così dire, ci sono altre persone a cui, con l’abbandono subitaneo e violento, rovinerei la partita.
Lo ammetto senza vergogna, sono uno che cede abbastanza facilmente al ragequit
Correre come un pazzo per limare il tempo sul giro, cercare di conquistare quella maledetta medaglia d’oro sui tracciati multilap, o quelli neri, richiede una dose di sangue freddo – almeno per me – pazzesca. E sono lì, concentratissimo, a muovere impercettibilmente le dita sulle frecce direzionali della tastiera (perché a TrackMania si gioca con la tastiera, non scherziamo mai), sguardo fisso, il cuore che batte a mille. Faccio tutto perfetto, non sbaglio niente, il differenziale del cronometro mi dice che ho un vantaggio di 2 millesimi, mancano due curve al traguardo, e poi sfioro con la ruota anteriore il bordo esterno dell’estremità di un pixel di un ostacolo, perdendo preziosissimo tempo che mi fa arrivare secondo, magari proprio per 2 millesimi, giusto perché se devi essere trollato, tanto vale essere trollato bene.
Ma non è ancora il momento di mollare. Nossignori. Ci riprovo, perché so benissimo di potercela fare. Ho fatto quella curva un sacco di volte, l’ho sbagliata una sola, e che sarà mai. Ricomincio. Tutto perfetto, ma mentre si avvicina quel punto comincia a salire, incontrollata, la tensione. L’ansia da prestazione. Il pensiero “oddio, quella curva non la prenderò mai più bene in vita mia“.
Al decimo errore, prima di tagliare il traguardo ho già premuto Alt-F4
La tastiera non si rompe, ma solo perché con l’avanzare dell’età ho imparato a scegliere componenti robusti e che possano resistere ai ragequit. È una meccanica, e qualche pezzo se ne va in giro per la stanza dopo i pugni che ci ho tirato sopra. Pugni forti, come ha sperimentato Ivan sulla sua pelle (confermo, nd Kikko). Pazientemente, raccolto tutti i tasti e li rimetto al loro posto. La barra spaziatrice fa un po’ fatica a rientrare in sede, ma alla fine torna com’era prima. L’oro non l’ho mica guadagnato, alla fine, e so che per almeno due o tre giorni farò bene a tenermi alla larga dai tracciati di TrackMania, se ci tengo alla salute e alla mia tastiera, che è sì robusta, però ecco. Vabbuò, dai, domani sera, per rilassarmi, cambio completamente genere… fammi vedere un po’ com’è questo Cuphead.