Le passioni, come tali, si ritagliano sempre una fetta importante delle nostre sensazioni ed emozioni. Gioiamo e ci turbiamo a seconda dei momenti positivi di qualcosa che ci piace, un po’ come seguire la nostra squadra del cuore: se vince siamo euforici, meno se si subisce una sconfitta. Il pareggio, invece, è un limbo di inespressività a cui rispondiamo facendo altro, quindi perché non macinare qualche chilometro in Pokémon GO? Avete presente quella spiacevole situazione di essere un assiduo giocatore di Destiny da più di cinque anni e sentirsi costantemente dire “Destiny è un gioco morto”? Esatto, e pur riconoscendo e concordando su una sequela di problemi che ha il titolo Bungie, la passione mi tiene incollato ai miei Guardiani, pronto a grindare pesantemente e passare notti insonni dietro a Crogiolo o raid, rimanendo inamovibile nel mio status di forte sostenitore del gioco.
mi accontento di quei dieci o quindici minuti occasionali, tra lavoro o impegni editoriali
Tutto questo grosso antipasto solo per sottolineare che quella stessa passione tendo a riversarla su un altro titolo, questa volta prettamente mobile e altrettanto dichiarato morto – senza tesi a supporto della tesi – almeno un paio di volte ogni mese. In questo caso la frase cambia, per entrare in un generico “
Ma c’è ancora qualcuno che gioca a Pokémon GO?” e qui alzo timidamente la mano. Sono un assiduo giocatore di
Pokémon GO, uno di quelli che non necessariamente vuole macinare i km settimanali per ottenere i bonus, ma mi accontento di quei dieci o quindici minuti occasionali, tra lavoro o impegni editoriali, per fare l’accesso quotidiano, inviare qualche pacchetto amicizia, girare Pokéstop o catturare una manciata di Pokémon.
La statistica settimanale è abbordabile e non richiede l’intervento di specialisti del settore per farmi internare: appena un 10-12 km a settimana e, dopo quasi tre anni, mi sento di smentire categoricamente questo luogo comune: sì,
Pokémon GO ha un bacino d’utenza molto più grande di quanto possa sembrare. La community di
Pokémon GO che si è andata a creare nel corso di questi anni è variegata, coraggiosa e pienamente appagata dal tempo speso dietro il titolo Niantic. Certo, siamo lontanissimi dalle meccaniche ricche e sopraffine di Ingress, ma l’accessibilità è stato fin da subito il cavallo di battaglia per abbracciare un bacino d’utenza vario, per poi selezionare lo zoccolo duro di giocatori con i successivi aggiornamenti, le lotte tra gli allenatori, i raid, gli eventi a tema e tantissimi modificatori che rendono il gioco sempre più frizzante, senza dimenticare la caccia ai Pokémon Leggendari su cui si aprirebbe una parentesi fin troppo lunga e dispersiva. Devo ammette che gran parte del divertimento in
Pokémon GO lo si prova quando si ha un partner fisso con cui scambiare, lottare e camminare assieme, e io
ho la fortuna di condividere quel quarto d’ora quotidiano con la mia compagna, che non manca mai occasione per ricordarmi di avere un livello personaggio più alto del mio o Pokémon rari che fatico ad ottenere.
gran parte del divertimento in Pokémon GO lo si prova quando si ha un partner fisso con cui scambiare, lottare e camminare assieme
Un particolare evento però mi ha spinto a scrivere queste righe: circa due settimane fa, Warner Bros ha organizzato un evento stampa per il lancio del film – ora nelle sale – Pokémon: Detective Pikachu, di cui già ho firmato una recensione. Oltre a farci vedere il film, riempirci di gadget e regalarci un’intera giornata in un parco divertimenti, in un momento in particolare dove una mezz’oretta mi divideva della proiezione del film, decido di accedere a
Pokémon GO, notando con dispiacere la mancanza di Pokéstop nei pressi della mia posizione, ma in una landa desolata, si ergeva una palestra e il timer segnalava l’inizio di un raid arduo nel giro di una manciata di minuti. Nell’avvicinarmi al luogo prestabilito, collocato nella realtà appena davanti la biglietteria,
ho notato come tanti altri ragazzi, alcuni anche non troppo giovani, si aggiravano come me, attendendo l’inizio del raid. L’applicazione puntuale mi segnalava la presenta di altrettanti giocatori in zona in attesa dell’evento e gli sguardi rubati, misti tra curiosità e vergogna, improvvisamente rompono ogni barriera, per avvicinarsi e dichiarare i nostri nickname, così da presentarci e consigliarci i Pokémon miglior con cui affrontare il raid, tutto questo mentre volgendo lo sguardo verso l’entrata del parco, noto altri ragazzi che smartphone in mano si avvicinavano a noi, presentandosi anche loro e lucidando al meglio i loro Pokémon migliori.
il videogioco in quella particolare giornata si è riscoperto mezzo di unione e non più di divisione
Inutile dire che il raid è stato un successone, ma cosa ancor più importante è stato incorniciare questo momento come qualcosa che difficilmente si riesce ad ottenere, ovvero
un momento di condivisione di gioco, senza alcuna barriera o filtro, riducendosi ad essere semplicemente una dozzina di persone che cercava di dare forma al principio fondamentale di un’attività ludica, ovvero relazionarsi con gli altri. Fin troppe volte si sfrutta il medium del videogioco per sottolinearne i possibili effetti negativi su giovani videogiocatori sempre in sede di stragi di sangue o simili, e quasi mai ci si sofferma – per quanto insignificante agli occhi del mondo – a raccontare piccoli aneddoti del genere. Ora non è certo questa la sede per discorsi simili, pena l’allontanamento dall’idea principale, ma per quella manciata di minuti, in pochi metri quadri di terreno, si era creata un’armonia speciale, qualcosa che facilmente si definisce come ‘magico’ in mancanza di altri aggettivi, ma effettivamente qualcosa c’è stato. La mia lista amici di
Pokémon GO si è ingigantita dopo quella giornata e l’invio quotidiano di oggetti o Pokémon con queste altre persone è un appuntamento fisso. Per quanto criticabili o bersaglio di (pre)giudizi esterni, questi momenti sono davvero più unici che rari e quando accadono credo valga la pena raccontarli. Che sia giocare a casa o su mobile, con i vostri amici o rispettivi partner, il videogioco in quella particolare giornata si è riscoperto mezzo di unione e non più di divisione. Sognare un mondo senza bandiere, tifo o odio è difficile, ma
queste piccole parentesi fanno bene al cuore e alla mente.