Lungi da me quei titoli di coda

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Fa presto Kratos a dire ad Atreus “chiudi il tuo cuore al dolore”. Lui è un Dio e possiede capacità divine, mentre io sono solo un uomo senza Leviatano e schiavo delle mie emozioni. Capita anche a voi, vero? Ne sono sicuro, in fondo siamo fatti della stessa umida sostanza: alcuni giochi sono talmente ben realizzati da risultare strazianti per il semplice fatto di avere una fine, è triste ma è così.

Andrebbe scritto sulla confezione accanto al PEGI o, quantomeno, si potrebbe inserire tra le potenziali controindicazioni prima del download, una postilla del tipo “questo RPG è talmente bello che finirlo può causare malessere psicofisico, non affezionatevi troppo”. Oppure, “divertitevi con questo Action-Adventure, ma a vostro rischio e pericolo”.finale migliori videogiochi

Andrebbe scritto accanto al PEGI: “questo titolo è così bello che finirlo può causare malessere psicofisico”

Prima non ci facevo caso e, se me ne accorgevo, non è che dedicassi chissà quali grandi momenti alla riflessione, anche perché, spinto dalla fanciullesca brama di nuovi stimoli, il passaggio al titolo successivo sciacquava via ogni traccia di amarezza per la fine di ciò che avevo vissuto. Adesso, invece, grazie ad anni di onorato e appassionato servizio, il diletto assume forme e colori diversi a seconda di ciò che percepisco durante le sessioni di gioco, riuscendo talvolta a scavare in me fino a ricavare una nicchia in profondità, quasi fosse una sorta di intima esperienza che cresce di intensità per poi trovare il proprio posto, adagiandosi dove si annidano i miei pensieri felici.

Cos’è questo mutamento interiore? Si può forse chiamare “maturità ludica”? Immagino di sì o, almeno, voglio credere sia così, dacché le partite non sono più una forsennata maratona alimentata dall’effimera volontà di superare l’ultimo ostacolo per salvare la principessa e, compulsivamente, potermi dedicare all’impresa eroica successiva (gli eroi non riposano mai, è un duro lavoro e, a dirla tutta, non sempre ben retribuito): adesso l’orgasmo ludico scaturisce dal gustare ogni passo del cammino che conduce al traguardo, e da ciò che si incontra durante il tragitto. Non è più solamente il semplice e ossessivo conseguimento dell’obiettivo maximus.finale migliori videogiochi

Certi capolavori videoludici sono come quei libri che conquistano fin dalla copertina o, più propriamente, dalle prime righe

Anche se si può tentare di mantenere un certo e razionale distacco emotivo, alcuni progetti sono semplicemente troppo geniali o affascinanti per lasciarci insensibili: più il fiore digitale sboccia tra le nostre mani e ci mostra la bellezza delle idee che lo compongono, più è facile che, tra le sensazioni, si insinui il timore che quella goduria debba terminare. Certi capolavori videoludici sono come quei libri che conquistano fin dalla copertina o, più propriamente, dalle prime righe; col nostro permesso si permettono di fagocitare ogni attimo libero che ci ritagliamo. Sono esattamente come quei racconti che leggeremmo anche nei momenti di intimo raccoglimento spiritual-fecale a costo di non sentire più i piedi o, ditemi se sbaglio, come quei film per cui saremmo ben disposti a sacrificare qualche ora di sonno e, inevitabilmente, parte della nostra parvenza umana il mattino dopo. Se ne desidera ardentemente un altro vitale sorso, niente di più e niente di meno, senza correzioni pixelalcoliche o ingredienti non previsti dalla ricetta: solo un’altra mappa, un’altra missione, un altro appiglio cui aggrapparsi per non precipitare nel baratro dei titoli di coda.

Si prova con ogni mezzo a procrastinare l’epilogo, magari spulciando ogni anfratto già perlustrato in cerca di un pertugio nascosto o un nemico ignorato, oppure approfittandone per aumentare anche quelle abilità meno utili che, come timidi germogli, spuntano dai rami più nascosti dell’albero dei talenti. Spremendo ogni stilla di un gameplay che sentiamo quasi appartenerci, tanto è forte il piacere che ci regala farne parte, ci rifiutiamo di arrenderci all’ineluttabile epilogo finché il protagonista del gioco, esausto e disperato, non si gira verso di noi con l’aria distrutta e le occhiaie di chi ha un urgente bisogno di ferie e ci implora di passare ad altro, evidenziando, come il più convincente degli imbonitori, le meraviglie dei nuovi titoli appena pubblicati, nella speranza di convincerci ad intraprendere un nuovo cammino virtuale senza di lui. Non mi ero mai messo nei panni dei protagonisti dei videogiochi, poveracci.finale migliori videogiochi

La chiusura di un cerchio, per quanto meraviglioso sia stato percorrerlo, sublima e cristallizza le emozioni

Ma forse il bello è proprio questo, a pensarci bene. La chiusura di un cerchio, per quanto meraviglioso sia stato percorrerlo, sublima e cristallizza le emozioni provate durante il viaggio, in modo che rimangano impresse indelebilmente nel giocatore, ricordandogli quanto la sua passione sia capace di fargli visitare mondi fantastici senza bisogno di muoversi da casa (con la Switch il discorso è un filo diverso, ma non fino a stravolgerlo). Proprio come tutti i viaggi, uno dei grandi piaceri è anche trovarsi tempo dopo a ripensare ai luoghi in cui ci siamo smarriti volontariamente o casualmente, tornando a riassaporare quel brivido della scoperta che è il sale di ogni Avventura, e che ha insaporito le nostre giornate da straniero in terra straniera. Che poi, in effetti, nulla vieta di avviare di nuovo un capolavoro già terminato se ne sentiamo la voglia, nevvero? Magari non ci sommergerà con la stessa valanga di travolgenti emozioni, ma di sicuro le nostre sensazioni saranno lì intonse ad attenderci proprio dove le avevamo salutate, giusto ad un tiro di schioppo dai temuti titoli di coda: al diavolo la tristezza, la vita del videogiocatore è fantastica!

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