Ci vuole coraggio, anche – e soprattutto – quando sei uno grande e grosso come Call of Duty e Battlefield. Ed è fin troppo facile, in queste ore, dire che è più coraggioso tornare indietro di 100 anni, piuttosto che buttarsi con un’astronave nello spazio. È facile, certo, ma maledettamente vero.
Devo ammettere che non ho seguito, negli scorsi anni, le prestazioni di visualizzazione dei rispettivi trailer di annuncio su YouTube. In realtà si è trattato di tante mani e tanti stili diversi: la mutilata Infinity Ward per Call of Duty: Ghosts, i nerboruti di Sledgehammer per Advanced Warfare, i redivivi di Visceral per Battlefield Hardline, la stessa DICE per Star Wars Battlefront… che non è Battlefield ma, beh, presenta affinità che vanno ben oltre le prime sei lettere del nome. Tuttavia, ho ben chiara la situazione attuale e i pazzeschi numeri di utenti YouTube che le due serie si stanno dividendo: i più che rispettabili 15 milioni di visualizzazioni per Call of Duty: Infinite Warfare e la sorpresa per la prima Guerra Mondiale di Battlefield 1, che ha attirato addirittura 20 milioni di appassionati sul suo trailer di presentazione.
Lo scontro appare davvero epocale, come se questi anni di indecisioni e controversie fossero arrivati al dunque. Call of Duty sembra aver deciso che la fantascienza è la sua nuova casa, pronta a crederci fino in fondo, mentre Battlefield tenta il colpaccio più ardito della sua storia. È senz’altro vero che quella di Infinite Warfare sembra sci-fi più decisa, con astronavi e battaglie fuori dalla ionosfera, ma anche con androidi, protesi cibernetiche e altre suggestioni che, in un modo o nell’altro, si erano già viste negli immediati predecessori. Per Battlefield 1 è diverso: risalendo indietro con la memoria nella storia degli FPS, trovo l’indomito multiplayer Verdun degli indipendenti di Blackmill, oppure ancora prima le intrigantissime digressioni ucroniche di Iron Storm, in un 1964 ancora impantanato nelle trincee del 1917 (e comunque non riesco a non citare Valiant Hearts, anche se non c’entra nulla come genere). Per il resto, il tema della Prima Guerra Mondiale è la più grande Cenerentola della storia degli sparatutto, cui non è stata nemmeno offerta una scarpetta di cristallo per provarci davvero. Almeno fino a oggi.
Battlefield tenta il colpaccio più ardito della sua storia
E, badate bene, per quanto sia già chiaro dove batte il mio cuore, non lo sono altrettanto le sorti della battaglia. Da una parte c’è il peggior capitolo della serie da farsi perdonare, dall’altra la capacità non ancora dimostrata di tirar fuori una modalità storia degna del suo nome. Personalmente, però, sono già piuttosto contento: so che per l’anno in corso non mi addormenterò in attesa del solito (e ovvissimo) conflitto tra brand, sempre diverso eppure così dannatamente uguale. Stavolta ci sono i due angoli delle guerre digitali, lontani da un presente che di conflitti e di bombe vere non ne può davvero più.