Una mod Soulslike per DOOM?

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Beh, no, non esiste ancora, ma sarebbe senz’altro un esperimento interessante. Il pensiero blasfemo mi è sopraggiunto direttamente con la pratica, giocando a DOOM, con l’esperienza ancora fresca di Dark Souls 3 e del suo vicinissimo emulo Ni-oh, ancora sotto forma di demo. Sia chiaro, prima che qualcuno desideri la mia morte: il gioco di id mi piace da matti così com’è, e anzi sono addirittura raggiante al pensiero che il Re sia davvero tornato. Il nuovo capitolo della serie FPS più seminale che sia esistita mostra di nuovo – e chiaramente – la sua paternità nei confronti di emuli come Serious Sam o Hard Reset, coraggiosamente controcorrente dopo le centinaia di sparatutto in stile CoD, Half-Life o mix ARPG che ci sono passati davanti negli ultimi 15 anni. Un’eredità abbandonata da DooM 3 anche per ragioni tecniche, per il non poter renderizzare contemporaneamente (almeno, non su un PC medio del 2004, né tanto meno su console) un numero di nemici in linea con gli esordi, e che ha lasciato al nuovo capitolo, quasi dodici anni dopo, la responsabilità di fare questa e tante altre belle cose.

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Perché un FPS così “muscolare” dovrebbe – o no – riprendere qualcosa dai Souls?

DOOM è di nuovo un’impresa cazzuta, ed è da questo assunto che parte il ragionamento, alla ricerca di un motivo per cui un FPS così “muscolare” dovrebbe – o non dovrebbe – riprendere qualcosa dai Souls. Ho ripensato all’ultimo editoriale di Claudio su TGM cartacea, dove il gattone bergamasco si riferisce alla soglia competitiva (single player, nel caso specifico) che alcuni giochi sono in grado di esaltare, oggi come nei tempi andati, nei combattimenti di un ARPG, nelle furiose sfide dei titoli di corse o, aggiungo io, nei serratissimi massacri di uno sparatutto in prima persona. Allo stesso tempo, davanti ai miei occhi passava il magnifico level design che id è riuscita a donare anche a DOOM, pieno di diramazioni e segreti che è bellissimo ripulire nelle fasi di calma relativa, magari individuando un momento tranquillo prima della fine del livello. Metteteci anche le aggiunte con cui id Software ha aggiornato il gameplay al 2016, attraverso modifiche agli armamenti, bonus costanti e piccoli parametri che, volendo, potrebbero contare ancora di più in caso di perdita alla morte del marine.

Chiaramente esistono distanze abissali, nella struttura non continua dei livelli come nel diverso peso – e senso – che DOOM prevede non tanto nei combattimenti, perfetti in entrambi i casi, quanto negli upgrade che eventualmente saremmo chiamati a recuperare. Nelle mani di un abile modder tante cose dovrebbero cambiare o essere introdotte, magari con il respawn automatico dei demoni, checkpoint più lontani con funzioni da HUB e altre caratteristiche che, come raccontato qui, possono essere comunque accostate a qualsiasi gioco d’azione – pur senza costituire di per sé una garanzia di qualità. Dopo le nostre dipartite, i pezzi di upgrade fondamentali per l’avanzamento potrebbero essere riportati nel luogo di origine, invece di sparire come le anime di un Souls, meglio se con qualche criptica spiegazione a condire la trama durante l’incedere del nostro eroe. Ed ecco grossomodo la modifica, che chiameremo per comodità “Demon’s Doom” (TM), per cui se qualcuno vuole fare i big money con il sottoscritto – ed è un modder capace – si faccia sentire che organizziamo la rapina. Anzi, lo faccia a prescindere, altrimenti lo denuncio per plagio.

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Mi piacerebbe qualcosa di più “strutturale”, per ampliare l’incanto, al di là di quanto concesso


Com’è ovvio, sarebbe facile inciampare non in uno, ma addirittura in due rischi di “lesa maestà”, di fronte all’incarnazione del pur istinto e, dall’altra parte, a un mistico sogno di tattica e sofferenza. Non di meno, sono convinto che qualcosa di simile sia già nella testa di qualche sviluppatore, anche solo per un banale calcolo di probabilità sul numero oceanico di SH indipendenti. Di sicuro non sarà The Surge, l’annunciato ARPG fantascientifico dagli autori di Lords of the Fallen, fondato su combattimenti melee e strumenti “industriali” trasformati in armi; in qualche modo, però, il gioco di Deck 13 potrebbe avere comunque un merito di fantasia, nel mostrare come la fantascienza possa trovare – attraverso robotica e quant’altro (mi viene in mentre la clonazione, in caso di continue rinascite) – tutte le varianti narrative per giustificare un’operazione del genere, magari anche nel level design e nel senso di mistero nell’esplorazione. Non mancano nemmeno gli esempi di gestione del loot in senso ARPG, da Borderlands a Destiny, ma non troverete nessuno che si è preso la briga di andare a scovare la “sportività” degli FPS dove davvero si trova, non nelle pieghe delle statistiche ma nel nervo delle mani. Una sfida quasi impossibile, forse, ma che mi ha solleticato nel momento in cui, alla fine di un livello di DOOM, mi sono trovato a desiderare di averne ancora, di trovare qualcosa di strutturale per ampliare l’incanto al di là di quanto concesso, con i canonici livelli di difficoltà. E sì, forse avrei bisogno di disintossicarmi, ma tanto non lo farò.

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