Chi mi conosce sa che impazzisco per le belle storie: ecco perché il titolo di questo pezzo è cucito addosso al nome di uno dei romanzi di Lansdale che preferisco. Perché, in un certo senso, ho dedicato tutta la vita alle storie: quelle degli altri (narrate attraverso film e romanzi) e le mie, che cerco di raccontare, almeno un pochino, in ogni pezzo che scrivo. Questa passione si riflette anche sui videogiochi. Divoro in maniera compulsiva avventure di stampo narrativo anche quando il contorno da giocare non è granché appetitoso. Per farla breve, impazzisco per i titoli à la Telltale, sono andato in brodo di giuggiole per Life is Strange e, spesso, in The Witcher 3 non vedevo l’ora di rinfoderare la spada e mettermi a parlare coi comprimari. Ho un bersaglio grande così disegnato sulla schiena per pipponi filosofici, storie strappalacrime e tasselli di mosaici molto più grandi da incastrare. Perché una storia scritta bene riesce a incantarmi senza fatica, per ore, perfino facendosi perdonare tante magagne o qualche cliché non proprio ben utilizzato. Questa è la versione di me che spopola in autunno-inverno e poi si allunga, a fatica, fino alla primavera.
Quando arriva l’estate, però, parte una trasformazione irreversibile. Intendiamoci… non una mutazione da film dell’orrore, con ciuffi di peli neri che spuntano dalle orecchie, canini che si allungano e vestiti che si strappano, come nella splendida transizione da uomo a mostro di Un Lupo Mannaro Americano a Londra di John Landis. No. La mia metamorfosi è altrettanto bestiale ma decisamente interna (specialmente dal punto di vista dei ciuffi di peli neri, dato che resto glabro come un putto): da curioso e appassionato amante delle storie mi trasformo in un pesta-tasti con la passione per l’equivalente videoludico del B Movie. La parte di me dolce, amorevole e comprensiva arranca affaticata dall’afa, mentre il Re del Popcorn si fa strada reclamando la sovranità dell’estate.
Dev’essere un discorso universalmente noto, visto che era proprio l’estate il periodo perfetto per godere di un bel film di serie B (come venivano e vengono ancora etichettati ingiustamente gli horror) al tempo dei Drive In. Una tradizione che è rimasta, e per accorgersene basta dare un’occhiata alla programmazione cinematografica delle ultime settimane. Devo quindi pensare di non essere l’unico a spegnere la parte da mammifero del mio cervello per lasciare agire quella rettiliana: quella dell’istinto, dell’emozione facile, dell’adrenalina. Le mie estati sono sempre state abitate da lunghissime maratone di titoli dell’orrore, sia per quanto riguarda il cinema (quella dei film di Lucio Fulci di qualche anno fa mi è rimasta nel cuore), sia per i videogiochi. In quel caso estendo l’interesse a tutti quei titoli che mi promettono emozioni forti con un mantra ben specifico. Poche parole, pochi tasti, un solo obiettivo: questo diventa l’imperativo non appena la temperatura ambientale supera i trenta gradi.
ho già iniziato alla grande il giropizza di titoli a basso grado di umanità
Insomma… la mia estate passerà così, con niente di più complesso di un paradenti che vola verso l’infinito dopo un diretto che ha connesso perfettamente con la mascella dell’avversario. Nulla di più profondo di un cartone sul viso del poveretto di turno. Nelle orecchie la colonna sonora carpenteriana di IT Follows, al cinema tra qualche giorno (e non perdetevi la mia recensione, a breve su queste pagine), e un bel romanzetto di Lansdale o di Don Wislow sul comodino. Per la roba impegnata ci si rivede a settembre, semmai. Questa è la lunga notte del Drive-In.