L’editoriale di oggi arriva tardi, lungo, perché io e il buon Claudio, ispirati dalle note degli 883, abbiamo fatto le tre di notte a parlare del nostro talk (che poi è il suo con il mio ruolo di disturbatore ufficiale) a Campus Party, evento sulla cultura digitale di cui vi abbiamo parlato in lungo e in largo (anche sulla rivista in edicola questo mese), a cui The Games Machine ha l’onore di partecipare.
Siccome al solito sono un professionista lungimirante, è soltanto ieri in treno che ho cominciato a focalizzare l’idea di quello che succederà stasera. Ho iniziato a guardare le facce degli iscritti al talk e al workshop, e ho iniziato a mettere insieme i pezzi: il cuore del pubblico è costituito da giovani universitari, e l’idea è quella di raccontare come sono cambiate l’industry e l’editoria negli ultimi venti anni. Ovviamente, nessuno può farlo meglio di Claudio e, in generale, di The Games Machine, perché al netto di tutto, il suo percorso evolutivo va di pari passo con quello del medium. Quando sono nato TGM già c’era, ed è una cosa che ho messo a fuoco ieri leggendo le note del talk: per me la rivista è qualcosa che esiste da sempre, nella misura in cui, sin da quando ho memoria di giocatore, era – prima saltuariamente, poi in maniera continuativa – una risorsa a cui potevo avere accesso. L’idea che stasera possa essere su un palco a parlarne, a testimonianza di una continuità invidiabile, è emozionante e mi fa un certo effetto. Sebbene siano “solo” quattro anni che sono entrato in famiglia, il fatto di leggerla da venti non mi ha mai fatto realizzare davvero quanto sia in una posizione invidiabile per molte persone, compresi probabilmente parte di quei ragazzi che stasera saranno a pochi metri da me, e che con buona approssimazione sono un po’ me qualche anno fa.
Campus Party, da questo punto di vista, è un evento a cui avrei voluto partecipare da universitario, perché raccoglie tutto quell’entusiasmo tipico degli anni dei corsi, in cui tutto ti pare possibile e dormire in una tenda nella Fiera di Milano insieme a coetanei di tutta Italia è oggettivamente un orizzonte da sogno. Tuttavia stasera, salendo sul palco, non proverò invidia di quegli anni comunque meravigliosi in cui guardavo The Games Machine come, francamente, un qualcosa di estremamente lontano dal punto di vista lavorativo (realisticamente le mie opzioni primarie mi sembravano altre e TGM era il sogno nel cassetto), ma, anzi, spero di specchiarmi nella loro energia, perché mi illudo di avere ancora la stessa carica. Quello che questi quattro anni di famiglia allargata redazionale mi hanno insegnato e trasmesso è che quella volontà di “cambiare il mondo” che hai quando esci arrembante da un percorso formativo può essere conservata, e anzi deve essere mantenuta, perché è l’unico motore in grado di farti andare avanti in ogni situazione, anche quando la realtà si svela in tutta la sua criticità e devi farci i conti. Poi chiaro, noi si parla di videogiochi, e non abbiamo nessuna velleità di essere fondamentali nell’economia dell’universo, però è anche vero che questo non deve limitare in nessun modo le ambizioni, né di chi sogna di lavorare da questo lato, né di chi, come noi, deve riuscire a trovare le stesse motivazioni.
Ecco, sul palco, stasera, ciò che io e Claudio possiamo fare è essere onesti e raccontare la nostra esperienza per quello che è, con passione e, si spera, sufficiente competenza per non illudere e deludere nessuno, ma allo stesso tempo nutrire quell’energia che, in senso lato, può cambiare il mondo. Insomma, tutto questo per dire che alle tre di notte forse un po’ d’ansia da talk è arrivata.