Videogiochi e carta stampata, un’occasione sprecata (di nuovo)

carta stampata editoriale

Una settimana di vacanza in un appartamento senza wi-fi regala inaspettate opportunità, come quella di riscoprire, dopo tanto tempo, il piacere della lettura dei quotidiani cartacei. Almeno due o tre tutti i giorni, per tenersi aggiornati – più o meno – sui fatti del mondo e (ri)scoprire che, almeno d’estate, i giornali di casa nostra sono pieni di inserti e allegati, perlopiù dedicati alla cultura e all’arte, di ogni forma ed espressione: pagine dedicate al Festival di Venezia, ovviamente, ma anche a mostre d’arte, libri, dischi e musei, spettacoli teatrali ed esposizioni artistiche di ogni genere. E non sono solo gli inserti, a occuparsene: gran parte delle pagine interne dei quotidiani sono dedicate ad approfondimenti culturali di vario genere, segno che – probabilmente – l’idea di arricchire il giornale con qualcosa che vada oltre il “news cycle” quotidiano non è proprio campata in aria (e ogni riferimento al “nuovo corso” di TGM è voluto e per nulla casuale).

Non nascondo che, almeno per un vecchietto come me, il fascino della carta stampata rimane per certi versi inarrivabile: sfogliare un giornale è sempre più bello e appagante della lettura su uno schermo. E del resto, se siamo ancora qui, nel 2017, a ostinarci nel mandare in edicola una rivista cartacea, un motivo ci deve pur essere, e non è certo di natura economica. In qualche modo, e onestamente non saprei razionalmente spiegarvi quale, una notizia o un approfondimento su carta guadagna ai miei occhi uno “spessore” e un’autorevolezza di gran lunga superiore a qualsiasi articolo scovato online, per quanto interessante e ben scritto possa essere. E arrivo subito al motivo del titolo di questo editoriale.

last day of june ovosonico anteprima

per il lettore di quotidiani è come se i videogiochi non esistessero affatto

La settimana che si è appena conclusa ha visto uscire in tutto il mondo Destiny 2, che affolla da giorni la mia bacheca su Facebook (perché magari il wi-fi non c’è, ma per fortuna la copertura mobile è sufficientemente estesa da non tagliarmi fuori completamente dal mondo), e lo farà ancora per parecchio tempo. Di più, sono usciti Life is Strange: Before the Storm ma soprattutto Last Day of June, l’ultimo capolavoro dell’italianissima Ovosonico, cui abbiamo dedicato la bellissima cover story dell’ultimo numero di TGM che trovate in edicola in questi giorni. Titoli importanti, importantissimi, a loro modo in maniera diversa e per motivi agli antipodi, di cui per sette giorni, sui due principali quotidiani italiani, non si è vista neanche l’ombra di una riga scritta. Niente. Zero. Ed è, secondo me, l’ennesima occasione sprecata per parlare in maniera intelligente e interessante di videogiochi, senza affidarsi allo scandalismo di rimessa o al solito titolo acchiappa-clic. Non credo affatto che mezza pagina dedicata a un libro di ricette vegane sia sprecata, o che due pagine su una mostra dedicata alle opere in ghisa del Novecento non rappresenti un argomento di interesse per il lettore; non posso però non chiedermi quali siano i processi che portano alla definizione di un “timone” e all’assegnazione dei pezzi per gli inserti e le pagine dedicate alla cultura. E non tanto per quello che contengono, quanto per quello che NON contengono.

Ciò che appare evidente ai miei occhi di lettore occasionale, dopo una settimana di attenta “analisi” (limitata, limitatissima), è che per chi dirige queste testate il videogioco non rientra in alcun modo negli argomenti che meritano di essere trattati. Peggio ancora: per il lettore di quotidiani è come se i videogiochi non esistessero affatto. Invece, dal punto di vista squisitamente giornalistico, non c’è dubbio che Destiny 2 e Last Day of June offrano – a loro modo – numerosi spunti e approcci possibili: il primo perché è “IL” blockbuster dell’estate, campione annunciato di incassi; il secondo perché dimostra la capacità dei videogiochi di raccontare, emozionare e commuovere, e rappresenta un punto di snodo fondamentale nella maturazione artistica del medium; volendo, poi, offrirebbe un gancio fantastico per costruire un bellissimo discorso sulle eccellenze italiane anche nello sviluppo dei videogiochi, e non solo nella creatività culinaria. Il fatto che niente di tutto questo trovi spazio, per sette giorni, in decine e decine di pagine dedicate alla cultura e all’arte, rappresenta un’enorme occasione sprecata, almeno per chi, come me, continua testardamente a credere nella bellezza del videogioco. E della carta stampata.

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