Battleborn - Recensione

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Battleborn è una strana creatura. L’ultima fatica di Gearbox Software non è un arena shooter, eppure è indubbio che condivida alcuni dei tratti distintivi del genere; non è neppure un MOBA, sebbene un gran numero di elementi di gameplay siano stati presi in prestito da League of Legends e simili. Possiamo considerarlo un esperimento, uno sposalizio tra due sottogeneri che hanno molto in comune tra loro, ma che nessuno prima d’ora aveva mai pensato di fondere l’uno con l’altro. Il tentativo può dirsi riuscito? La risposta non può che essere affermativa, nonostante qualche riserva espressa all’interno della qui presente recensione.

SALVARE IL SALVABILE

Iniziamo subito con il precisare che chi si aspetta un titolo dalla trama appassionante resterà deluso: la premessa su cui si basano le vicende di Battleborn è difatti decisamente banale e non brilla certo in quanto a originalità. L’intero universo sta per finire a causa di una misteriosa forza oscura che sta consumando tutte le stelle: resta soltanto un sistema ancora illuminato dalla luce del suo sole, ed è qui che si sono rifugiate tutte le razze che sono riuscite a sfuggire all’apocalisse cosmica. Purtroppo, l’oscurità sta arrivando e possono riuscire a sventare la catastrofe soltanto i battleborn, ovvero una task force formata da ben venticinque eroi che si alleano per un fine comune.

battleborn recensione

Presto si arriva a un punto in cui della trama non ci si interessa più e si va avanti solo per menare le mani

Su queste basi viene imbastita una campagna che è possibile giocare sia da soli, sia in cooperativa assieme ad altri quattro giocatori, lungo otto capitoli che corrispondono ad altrettante missioni della durata di circa tre quarti d’ora l’una. Va detto che la varietà degli incarichi affidati agli utenti non è poi così elevata, tant’è che spesso viene richiesto di scortare un determinato personaggio verso un punto della mappa oppure difendere un obiettivo dall’assalto di orde di mostri, fino ad arrivare ad abbattere il tanto micidiale quanto immancabile nemico finale. A differenziare tra loro i vari episodi della campagna ci pensano la struttura dei livelli e gli scontri con i boss, questi ultimi contraddistinti dallo stile esagerato tipico di Gearbox che abbiamo già avuto modo di apprezzare in Borderlands. La narrazione, poi, procede in maniera confusa tra un capitolo e l’altro, tanto che presto si arriva a un punto in cui della trama non ci si interessa più e si va avanti solo per menare le mani: un peccato perché gli intermezzi animati sono ben realizzati e lasciano trasparire una certa cura per i dettagli, che si nota soprattutto nella caratterizzazione dei venticinque personaggi giocabili, ciascuno dotato di una propria personalità ben definita e tutti con abilità uniche che ben si prestano a stili di gioco differenti.

CONFUSIONE NEI RANGHI

La vera nota dolente della campagna di Battleborn, però, è rappresentata dal sistema utilizzato per il matchmaking. Non è possibile selezionare quale episodio si desideri affrontare prima di avviare la ricerca di una partita: la scelta è affidata all’intero team, il quale si esprime attraverso una votazione effettuata tra una selezione casuale di tre livelli. In questo modo diventa molto probabile che uno o più giocatori si ritrovino a dover accettare una scelta che li porterà a partecipare a una missione che magari era stata già portata a compimento qualche attimo prima di far partire la ricerca del match. Non è raro ritrovarsi con un team monco per via delle defezioni di utenti a cui non va a genio l’esito del voto: con questo sistema l’esperienza complessiva ne risente, non solo perché chiaramente la campagna è stata pensata per gruppi di cinque giocatori, ma anche perché la ripetitività diventa molto elevata nel caso si rispetti la volontà degli altri membri della squadra.

battleborn recensionePer fortuna il multiplayer competitivo di Battleborn non è afflitto dalla medesima problematica: qui la modalità di gioco viene stabilita prima di attivare il meccanismo di matchmaking, mentre al voto dei giocatori viene delegata solo la scelta della mappa su cui combattere tra le due disponibili per ognuna delle tre modalità.

LA LEGA DEI BATTLEBORN

È proprio nelle tre modalità di gioco competitivo che Battleborn mostra la sua vera natura. Ognuna di esse è pensata per accogliere scontri tra due squadre formate da cinque giocatori ciascuna. In Conquista i team si sfidano per il controllo di tre zone della mappa che, una volta occupate, iniziano a regalare punti: chi arriva prima a mille punti vince. Nella modalità Fusione, invece, i battleborn devono difendere dei servitori che vengono generati a intervalli regolari e che si dirigono automaticamente verso degli altari posizionati al centro della mappa, per essere poi sacrificati in cambio di punti; anche qui, come in Conquista, la vittoria va a chi totalizza un certo punteggio prima dello scadere del tempo. Infine, in Incursione ci troviamo di fronte a un vero e proprio MOBA: qui ognuna delle due squadre deve riuscire ad abbattere le difese avversarie e distruggere la sentinella nemica, ossia l’equivalente del nucleo presente nelle basi di League of Legends o Dota 2.

Battleborn è un prodotto senza ombra di dubbio divertente, merito di un pool di personaggi estremamente sfaccettato che viene incontro a un gran numero di palati differenti

Dai MOBA Battleborn mutua anche il sistema di progressione dei personaggi. Questi iniziano ogni partita dal primo livello, sia in co-op che nel multiplayer competitivo, per poi salire fino al decimo grazie all’esperienza accumulata. Ogni level-up porta con sé la possibilità di potenziare un’abilità secondo un albero di sviluppo predefinito che permette di scegliere tra due o tre opzioni, a seconda del battleborn utilizzato. Non manca nemmeno la possibilità di portare in battaglia fino a tre oggetti di equipaggiamento che vanno a modificare le statistiche dei nostri alter ego: gli item vengono lasciati cadere dai nemici uccisi durante le missioni della campagna, oppure possono essere trovati all’interno di pacchetti da acquistare con le monete ricevute al termine di ogni match.

Il risultato complessivo è un prodotto senza ombra di dubbio divertente, merito di un pool di personaggi estremamente sfaccettato che viene incontro a un gran numero di palati differenti. Anche le modalità di gioco sono soddisfacenti, soprattutto quelle che riguardano l’ambito competitivo. Restano dei dubbi sul matchmaking utilizzato per la campagna cooperativa, ma alla fine non è nulla che non possa essere risolto con una patch creata ad hoc sulla base dei feedback ricevuti dalla community. Proprio a questo proposito c’è da segnalare un certo dinamismo da parte di Gearbox: la software house texana ha già preso in carico diverse segnalazioni e si sta adoperando per risolvere alcuni problemi di bilanciamento, disparità che raramente vanno a intaccare l’esperienza di gioco e gli equilibri delle partite. Battleborn ha quindi le carte in regola per regalare ore e ore di piacevole svago: ora sta a Gearbox supportare a dovere la sua creatura.

Al di là di piccoli problemi che possono essere corretti attraverso aggiornamenti futuri, quello che manca veramente a Battleborn è una personalità abbastanza forte che gli permetta di spiccare sulla massa. È difficile trovare dei grossi difetti all’opera di Gearbox Software: la ripetitività di fondo, che pur si sente a causa di banali errori di design facilmente risolvibili, è una costante tanto negli FPS online quanto nei MOBA, entrambi generi da cui prende ispirazione l’ultima fatica di Randy Pitchford e compagni. Battleborn propone una formula di gioco appagante, grazie anche e soprattutto a un pool di personaggi giocabili ben caratterizzato e vario, sebbene alla fine della fiera non proponga nulla di realmente nuovo.

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Pro

  • Venticinque eroi tutti da scoprire.
  • Lo stile sopra le righe ben si addice alla tipologia di gioco.
  • Il multiplayer competitivo offre una sfida appagante.

Contro

  • Il matchmaking della campagna cooperativa fa acqua da tutte le parti.
  • Piuttosto ripetitivo.
  • Comparto grafico sottotono.
8.2

Più che buono

Le leggende narrano che a Potenza ci sia un antro dentro al quale vive una misteriosa creatura chiamata Alteridan. In realtà è solo il nostro Daniele, che alterna stati diurni di brillantezza ad altri notturni dove i suoi amici non hanno ancora capito che non conviene fargli assumere troppo alcol.

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