Wuchang: Fallen Feathers ci porta a fare un viaggio nella Cina della dinastia Ming. Certo, probabilmente un viaggio con più mostri e resurrezioni di quante ce ne fossero all’epoca…
Sviluppatore / Publisher: Leenzee / 505 Games Prezzo: 49,99€ Localizzazione: Testi PEGI: 16 Multiplayer: Assente Disponibile Su: PC (Steam, Epic Games Store), PS5, Xbox Series X|S Data di Lancio: Già disponibile
Devo dire una cosa: io con i nomi ho sempre fatto fatica. E non dico mica solo nei videogiochi. Anche nel mondo reale mi capita spesso che qualcuno mi dica il suo nome e dopo dieci minuti sono lì a pensare “oddio, come accidenti si chiamava?”. Capite che se poi, come nel caso di Wuchang: Fallen Feathers i nomi sono cinesi, ecco la cosa peggiora ulteriormente.
Con questo non voglio ovviamente farne una colpa a Leenzee o a chi si è occupato della localizzazione italiana del gioco: è chiaro che in un gioco che è ambientato nella Cina del quattordicesimo secolo sarebbe un po’ sciocco trovare personaggi che si chiamano Gianfranco o Calogero. Però insomma, diciamo che ricordarsi a quali NPC o boss corrispondono nomi come Xuanyangzi o He Youzai o Honglan non è stata certo la cosa più facile di questo soulslike.
WUCHANG: FALLEN FEATHERS È COME DARK SOULS, CIRCA
Wuchang: Fallen Feathers prende il via in un modo che ormai è diventato un classico all’interno del genere dei soulslike, primi fra tutti quelli di From Software: la protagonista del gioco si sveglia in una grotta, priva di memorie ma con una certezza ben chiara, e cioè che quella spada che in qualche modo le è apparsa in mano troverà ben presto pane per i suoi denti. La storia del titolo di Leenzee ruota attorno alla comparsa nelle lande cinesi di una malattia (nota in inglese come “Feathering” e in italiano come “Pteromorfosi”, anche se informalmente io la chiamo “piumizzazione”) che inizia con l’apparizione di piume sul corpo, perdita di memoria, altri sintomi non molto simpatici come dislocazione delle articolazioni e trasformazione in mostri orripilanti.

Santuari, focolari, punti di grazia: cambia il nome ma il ruolo è sempre quello. Occhio a quelli finti…
È proprio la stessa malattia di cui soffre la nostra protagonista, che mentre si mette a caccia di una cura scopre anche che questa piumizzazione le ha garantito poteri speciali.
LA MECCANICA DELLA POTENZA CELESTIALE SOSTITUISCE IL MANA
QUANDO I BOSS TI FANNO USCIRE DI SENNO (IN GIOCO)
Questa gestione del “mana” non è l’unica meccanica originale di Wuchang: Fallen Feathers. Vale la pena citarne un’altra parecchio importante, e cioè la Follia. Mano a mano che moriamo, o utilizzando oggetti specifici, o interagendo con l’opzione Invoca ai santuari, l’indicatore di Follia della protagonista si riempirà, e una volta pieno aumenteranno sia i danni subiti che quelli inflitti, causando anche l’apparizione di un potente nemico speciale nel punto della nostra prossima morte; sconfiggerlo o venire sconfitti da quest’ultimo causerà un azzeramento della Follia.
Vale la pena citarne una meccanica parecchio importante, e cioè la Follia
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RESPECCARE È FACILE E GRATUITO, IL CHE SIGNIFICA CHE È BUONA IDEA RICORRERCI
MALE, MA ANCHE BENE
Per quanto riguarda i boss devo dire di avere opinioni contrastanti. In linea di massima sono di buona qualità, ma non è raro che per un motivo o per l’altro li abbia trovati frustranti, alcuni anche prima di entrare nell’arena, dato che molti si trovano piuttosto distanti dal più vicino santuario (per la Strega di Bo, una discreta rompiscatole, dovrete farvi un minuto cronometrato di camminata ogni volta) e, insomma, lo so che anche Dark Souls ogni tanto ti faceva scarpinare un sacco, ma non siamo più nel 2011 e un sistema come le statue di Marika di Elden Ring sarebbe stato decisamente apprezzato. Chiaramente, una volta entrati le frustrazioni non spariscono. Tutti i boss tendono ad avere barre della vita piuttosto lunghe, mentre invece quella della protagonista dà l’impressione di essere sempre troppo corta indipendentemente dalla quantità di nodi di salute che sbloccheremo, rendendo certi scontri una vera prova di pazienza; unito con il fatto che la fiaschetta curativa impiega un’era geologica per curarci e che certi nemici non stanno davvero fermi un minuto, la schermata di morte è sempre dietro l’angolo.
CADERE A TERRA È UNA DELLE COSE PIÙ FRUSTRANTI CHE POSSANO CAPITARCI
Ed è un peccato perché il sistema di combattimento non mi dispiace affatto. Penso che, quando funziona, funzioni molto bene e riesca ad essere rapido e divertente. Avrebbe però bisogno di un po’ più cura nel contorno. I nemici comuni, per esempio, se rapportati alla lunghezza del gioco – Wuchang: Fallen Feathers è un soulslike bello corposo – soffrono di varietà e spesso e volentieri sono fin troppo facili e finiscono per sembrare semplice riempitivo, con alcune occasionali eccezioni. Anche la varietà di armi non è straordinaria, e così il fatto che i loro potenziamenti (+1, +2 etc.) siano validi per categoria e non per singola arma è una scelta sicuramente apprezzabile ma che finisce per sembrare un po’ sprecata quando in totale hai giusto un pugno di armi fra cui scegliere.
BENE, MA ANCHE MALE
Ho sentimenti contrastanti anche sul mondo di gioco. Da un lato, l’ambientazione mi piace molto, e apprezzo quanto non sia un semplice corridoio e presenti spesso bivi e strade secondarie, oltre alle ormai classicissime scorciatoie e percorsi che ti riportano a luoghi che avevi già visto un paio d’ore prima, anche se sempre all’interno della stessa macro area. Però alcune zone sono decisamente confusionarie: se vuoi riempire di percorsi tortuosi un gioco senza mappa, sarebbe se non altro una buona idea aggiungere punti di riferimento evidenti nel mondo di gioco, così da facilitare l’inevitabile (siamo pur sempre in un soulslike) momento in cui ci troveremo a ripercorrere i nostri passi.
Abbastanza cervellotico è anche il modo in cui è stata strutturata la progressione della storia. Non perché sia difficile capire quali sono i temi di cui parla Wuchang: Fallen Feathers – alla fine è bene o male la solita storia di esperimenti sulla resurrezione andati di male in peggio – ma perché a meno di giocare seguendo una guida la probabilità di andare a finire automaticamente nel finale negativo è talmente alta da essere quasi una certezza, visto che (e torniamo alla tortuosità del mondo di gioco) basta pochissimo per perdersi uno dei dialoghi con gli NPC fondamentali per ottenere uno dei due finali positivi.
L’OTTIMIZZAZIONE È STATA UNA VERA NOTA DOLENTE DI QUESTI PRIMI GIORNI DI WUCHANG
In Breve: Wuchang: Fallen Feathers non è un soulslike privo di problemi, anzi. E spiace, perché al di là di tutti questi problemi il gioco che convince c’è: il combat è divertente, l’ambientazione piace, sa essere spettacolare ma senza strafare, ed è anche bello lungo. Ma poi cadi per terra e ti pigli quattro schiaffi aggiuntivi, muori da un boss e ti devi rifare tutta la camminata, entri in una stanza e trovi l’ennesimo nemico stupido nascosto in un vaso, e insomma, un bel po’ del fascino si perde.
Piattaforma di Prova: PC
Configurazione di Prova: Ryzen 5 3600, 16 GB di RAM, GeForce RTX 3060, SSD
Com’è, Come Gira: Paradossalmente, la mia RTX 3060 non ha sofferto (a medio e a 1080p) i problemi che sembrano piagare centinaia di altri giocatori con schede ben più performanti. È però innegabile che l’aspetto visivo di Wuchang non giustifichi la sua pesantezza. E poi il Vsync non funziona, eddai.