Mi capita sempre più spesso di ritrovare nelle recensioni e nelle opinioni di amici e conoscenti le parole walking simulator come aggettivo denigratorio nella descrizione di un videogioco. Come a dire: è solo un walking simulator. Una definizione nata già con un pizzico di sdegno (perché – con tutta la buona volontà – chiamare un videogioco “simulatore di passeggiate” è tutto tranne che lusinghiero) e col tempo è diventata sempre di più un modo per allontanare il pubblico da un prodotto: lasciate perdere, si cammina e si ascolta il piagnisteo di uno sviluppatore con velleità da scrittore.
Eppure, a guardarli bene, questi walking simulator sono alcuni dei giochi più geniali e innovativi degli ultimi anni. Proprio così. Basta andare un pochino indietro e trovare i lavori di Davey Wreden. The Stanley Parable è un gioco assolutamente fuori di testa, che ha rivoluzionato a suo modo le regole della narrazione videoludica, infrangendo la quarta parete e discutendo della libertà del giocatore. The Beginner’s Guide è una sorta di meta-documentario interattivo che racconta una storia molto strana e intrappola il giocatore all’interno di una serie di piccoli titoli unici, studiando il concetto di autorialità. Basterebbero questi, ma in realtà la lista è lunghissima.
Come non citare, per esempio, Everybody’s Gone to the Rapture, ovvero il gioco che ogni amante di Philip Dick dovrebbe provare almeno una volta nella vita? Sì, è vero, l’interazione è ridotta all’osso, ma l’esplorazione e il piacere della scoperta delle piccole storie che lo abitano è genuinamente emozionante, più di tutti gli altri titoli usciti in quel periodo. E quando un’opera ti tocca in quel modo, forse non importa che si cammini soltanto.
Tra i walking simulator ci sono alcuni dei giochi più geniali e innovativi degli ultimi anni
Negli ultimi anni ne sono stati pubblicati parecchi: c’è Virginia, un gioiellino di montaggio con una storia che fa il verso a X-Files e Twin Peaks; c’è Firewatch, una storia intelligentissima sul senso di responsabilità; c’è The Vanishing of Ethan Carter, avventura deliziosa dalle atmosfere lovecraftiane. Insomma, tutte storie interessanti e coraggiose, spesso presentate in forma inedita per linguaggio e audacia.
Lo scorso anno, poi, è stato il turno di What Remains of Edith Finch: una casa che sembra uscita dai migliori film di Burton, una famiglia stramboide alla Wes Anderson e poi tanta, tanta originalità nel mettere in scena un puzzle famigliare ingarbugliato ma meraviglioso. A ogni membro della famiglia Finch corrisponde un piccolo guizzo di gameplay. Una gemma che dura qualche minuto e poi sparisce per sempre, capace però di lasciare nel cuore del giocatore la sensazione di star giocando qualcosa di profondamente diverso dal solito.
Per ciò che mi riguarda, viva i walking simulator!
Per ciò che mi riguarda, viva i walking simulator, che con le loro trovate narrative hanno saputo dar vita ad alcuni degli esperimenti ludici più folli, divertenti e genuinamente autoriali degli ultimi anni, senza sforzarsi di dover piacere per forza a tutti.