Almeno un quindicennio fa, e forse anche qualche annetto prima, ero totalmente preda dello scenario competitivo online, sulla scia dei primi, potenti vagiti degli esports lungo la fine degli anni ’90. All’epoca era ancora fresca la memoria dei vari NGI LAN, World Cyber Games e SMAU ILP, e Luca “Adso” Cassia aveva iniziato quella che sarebbe diventata una lunga collaborazione con The Games Machine, conclusasi con un abbraccio ormai una cinquantina di numeri fa.
D’altra parte, com’è emerso durante un’amabile cena redazionale in occasione di Cartoomics, dov’erano presenti anche i ragazzi di esports.thegamesmachine.it capitanati da Erica Mura, proprio con quest’ultima si parlava dell’annoso problema del “racconto” per immagini degli sport digitali, e di quanto siano oggi ancora lontani dal poter essere considerati un potente spettacolo visivo, al di là delle eccezionali prestazioni di cui sono capaci i giocatori.
Nonostante le prodezze dei giocatori, gli esports sono ancora lontani da uno spettacolo visivo degno di questo nome
Le stesse qualità possono e devono appartenere anche ai “telecronisti”, naturalmente, o a qualsiasi giornalista del settore che debba andare in video nelle grandi occasioni degli esports. Tuttavia, resta sempre il problema degli stessi giochi e di quanto poco, mediamente, si prestino ad essere raccontati sotto il profilo squisitamente visivo, specie sulla media o lunga distanza di un torneo dal vivo. Chiaramente nessuno ha la soluzione in tasca, e certo nemmeno io, fortemente appassionato di VR, potrei dire che risieda nella possibilità di seguire le partite dagli occhi dei giocatori – a 360 gradi e in stereoscopia – come pure potrebbe accadere per lo splendido Echo Arena di Ready At Dawn (che comunque ha già un buon seguito), dove allo spettatore arriverebbero addirittura i brividi dal ventre dei giocatori. Per quanto sia ovvio (ri)affermarlo, l’uso dei visori è ancora troppo poco diffuso per aspirare a simili traguardi, e certo il comfort fisico delle attuali generazioni VR non può venire in aiuto.
Servirebbe, a mio parere, una vera predisposizione tecnica alla “regia”, insieme a tanti dettagli estetici che oggi non esistono
Si tratta di un esempio “impossibile”, naturalmente, per vocazione come per struttura tecnica, che tuttavia può far intravedere una nuova e più prestante generazione di esports. Titoli che si rivolgono solo ed esclusivamente alla competizione agonistica, come l’ottimo e mai troppo lodato ShootMania Storm, ma che riescano ad affiancare a un valido gameplay tutta una serie di attenzioni per la rappresentazione su schermo, con una regia capace di far fruttare una serie di dettagli che oggi non esistono, dall’aspetto dei giocatori personalizzato in digitale fino a texture e inquadrature oggi considerate quasi fantascientifiche, e che in realtà sono già a portata di mano. Voi che ne pensate? Gli esports vi vanno bene così come sono, perché in fondo contano solo le regole, o desiderate anche voi una nuova e più avveniristica progenie?