Debbo confessarvi che, dapprincipio, non ho apprezzato in particolar modo il personaggio di Chloe Price. Il fatto, poi, che la narrazione e gli obiettivi di gioco di Life is Strange facessero perno intorno a questa sboccatissima punk, i cui capelli blu erano per me al pari di un graffio sulla retina, mi pareva un fortissimo azzardo.
L’entrée di Chloe Price, a ben vedere, offre subito il quadro di un personaggio sgradevole, intento a ricattare un character altrettanto sgradevole (Nathan Prescott). Le quinte sono i bagni delle ragazze, con i due “pessimi” attori che si abbandonano immantinente a un turbinio di insulti e spintoni; poi, balena una pistola e Lei è lì, morta, sul pavimento piastrellato azzurro. E verrebbe quasi da dire: “Ben ti sta, piccola teppista!”. Il gioco ci dà quindi la possibilità, anzi, ci obbliga a correggere il nefasto evento, evitando così la prematura dipartita della ragazza. A quel punto, Life is Strange sapientemente “divaga”, si concede un ampio respiro, indugia sui poteri di Maxine Caulfield (la protagonista), sui comprimari che gravitano nell’area dell’accademia di Blackwell e ci lascia giocare per un’oretta abbondante con la meccanica di riavvolgimento temporale, consentendoci di creare piccole realtà alternative volte a compiacere l’ego di un adolescente, perché sapere in anticipo la “cosa giusta da dire” a un compagno di studi è sicuramente la via più diretta per ottenere la sua amicizia o simpatia.
L’entrée di Chloe Price offre subito il quadro di un personaggio sgradevole
Di colpo, grazie a questo dettaglio, iniziano a filtrare i particolari di una persona virtuale fra le meglio tratteggiate di questo nostro medium in costante evoluzione. E parimenti la narrazione ci offre parentesi sempre più generose in compagnia della nostra amica, con momenti che spaziano dall’ilare al melodrammatico, sfumando nel sentimentale; sì, perché Chloe può diventare anche interesse romantico, senza indugiare troppo su questo aspetto, mostrando una delicatezza fuori del comune da parte degli sceneggiatori di DONTNOD.
In “poche” ore di avventura, in una settimana scarsa di tempo di gioco, sulle quinte di un’Arcadia Bay in disfacimento, assistiamo dunque alla maturazione di una timida ragazzina adolescente (Max), alla sua presa di coscienza della responsabilità che deriva dal prendere decisioni importanti e, contestualmente, incidiamo sul morale di Chloe per troppo tempo abbandonata a se stessa. Continuiamo, riavvolgendo il tempo, a salvare la vita alla nostra amica, contro cui un destino avverso si è chiaramente accanito; il tutto mentre cangiano, fra un capitolo e l’altro, le magliette delle protagoniste su cui risaltano icone che transitano dall’innocente – un cerbiatto – all’apocalittico – la falena testa di morto, passando per teschi, ofidi e altri chiari simboli.
Continuiamo, riavvolgendo il tempo, a salvare la vita alla nostra amica, contro cui un destino avverso si è chiaramente accanito
E arriviamo così al finale – emozionale, divisivo – dove ci viene chiesto, molto ingiustamente, di scegliere tra il destino di Chloe e quello di Arcadia Bay, perché il giochicchiare col tempo di Max ha provocato un uragano distruttivo di probabilità alternative pronto ad abbattersi sulla bella cittadina e i suoi ricchi personaggi secondari: Joyce, David, Kate, e persino la stessa Victoria (la “nemesi” scolastica di Max) che, nella propria stanza, dietro una facciata prepotente, custodisce action figure fosforescenti! E in quel preciso momento mi sono accorto, dopo un inizio dubbioso, di aver amato Chloe Price, pregi e difetti. E se ancora nutrivo qualche incertezza, il potentissimo dialogo finale dove la mia amica si è detta disposta a compiere il sacrificio estremo mi ha convinto ad accantonare ogni esitazione. D’altronde, come già accennato in apertura, Life is Strange vive, ruota e respira intorno a Chloe Price, questa fragile soldatessa dai capelli blu cielo con cui sono stato lieto di trascorrere il mio tempo di gioco. Preservare la sua esistenza è stata dunque la mia logica, personalissima scelta. Il tornado, infine, credo possa essere visto anche dal punto di vista simbolico: una tempesta ormonale che tutto il mondo oblia, lasciandoci “soli” con l’unica persona che veramente conta.
Addio, Arcadia Bay. Avanti, Chloe Price. È tempo di crescere insieme.