DLC: pericolo o minaccia?

DLC: pericolo o minaccia?

Le cattedrali di TES IV: Oblivion – imponenti, di guglie adornate e con le loro alte vetrate sature di HDR – assumono un significato nel contesto dell’RPG di Bethesda solo grazie all’installazione dell’espansione Knights of the Nine che ne rimpolpa gli interni disadorni con sacri artefatti e personaggi necessari a completare la missione del Crociato. Il DLC, nonostante sottintenda chiaramente un contenuto asportato o non completamente sviluppato al tempo del rilascio (nel gioco base, in alcune cappelle non è consentito entrare causa lucchetti di livello “impossibile”), merita l’acquisto perché di buon fattura e perché l’RPG della casa di Rockville risulta un gioco vasto e completo anche in sua assenza. Tuttavia, come forse ricorderete, l’uscita di KotN era stata preceduta da un contestato DLC per le armature del cavallo; DLC che, oggi, è diventato sinonimo dell’addobbo inutile, perché due dollari e cinquanta (parlo del 2006, anno relativo all’uscita) erano oggettivamente troppi per corazzare il proprio equino virtuale.DLCIn ogni caso, quello che all’inizio era solo un fenomeno marginale, una curiosità per pitturare i forum di accese discussioni e salaci illazioni, si è trasformato ben presto in una aggressiva politica di marketing che ha portato, come ultimo stadio, a fare dei DLC una componente irrinunciabile dei titoli in “pista di atterraggio”, tanto da anteporre il loro annuncio all’uscita del gioco principale.

Cuori di Pietra e Sangue e Vino rifuggono dalla consuetudine e dai cliché di cui sono a volte intrise le missioni principali dei videogiochi

Potremmo trovarci dinanzi al proverbiale “carro davanti ai buoi”: è il caso di CD Projekt Red che ha già dichiarato come Cyberpunk 2077 riceverà almeno due espansioni post-lancio. Un gioco che non ha ancora dimostrato alcunché della sua bontà, anche se noi ci fidiamo, considerati i precedenti. E infatti, la news, rimbalzata anche qui su TGM , è stata accolta in maniera entusiastica dal nostro Mario e anche dal sottoscritto perché, devo dirlo, la software house polacca si è davvero superata con le espansioni Cuori di Pietra e Sangue e Vino. Laddove ho trovato la campagna originale di The Witcher 3: Wild Hunt un tantino sciapa (spiace dirlo per gli estimatori, ma la Caccia Selvaggia del titolo ha un’economia davvero limitata nello schema complessivo, il villain non risulta particolarmente carismatico né approfondito e ho odiato Ciri con quanta passione è possibile riporre in un videogioco, cioè tantissima)(beh, a parte i giudizi più soggettivi su Ciri e l'”attività venatoria” di Geralt, l’altro appunto che condivido è bilanciato da tanti pregevoli dettagli, ndMario), sono riuscito a godermi appieno il terzo titolo dello Strigo proprio grazie ai due summenzionati DLC che rifuggono dalla consuetudine e dai cliché di cui sono a volte intrise le missioni principali dei videogiochi.

in alcuni casi le mutilazioni al gioco base appaiono evidenti, addirittura intollerabili

Anzi, è proprio con i DLC che le software house dimostrano di avere inventiva e capacità di scrittura insospettate. Va detto, pur con tutto l’amore che proviamo per certe saghe, che l’ossatura principale di molti titoli di ruolo, ma non solo, si traduce spesso in “insegui il cattivo per tutto il gioco”, oppure salva la galassia quando non si tratta del Thedas, altrimenti rintuzza l’invasione demoniaca. È una ricerca della consuetudine che nasce con l’ottica di non “spaventare” il “grande pubblico”, mentre veri e propri guizzi di fantasia possono essere rinvenuti nei DLC dove, pur permanendo una “sana” esigenza di fare cassa, si può stuzzicare l’utenza già acquisita con qualcosa di veramente alternativo. E se Cuori di pietra, come già detto, costituisce la vera grazia salvifica di The Witcher 3: Wild Hunt (guardate solo a come è gestita la romance con Shani – a livello di regia e screen time – se paragonata ai due romanzetti contenuti nel gioco base), parimenti il DLC Shivering Isles di Oblivion ci trasporta in un universo folle e coloratissimo che rifugge la trita ambientazione fantasy-medievale pitturando galassie porpora nel cielo cupo.Tutto bellissimo, dunque, e DLC approvati in maniera acritica? No, perché in alcuni casi le mutilazioni al gioco base appaiono evidenti, addirittura intollerabili. Per ogni Oblivion, infatti, c’è un Fallout 3: titolo eccellente, ma che commette i peccati cardinali di limitare il level cap del personaggio giocante al livello 20, raggiungibile a circa metà avventura, e di troncare l’open world nel momento in cui si decidesse di chiudere anzitempo la missione principale. Si pone rimedio a tutto ciò con il DLC Broken Steel. Eppure, è ingenuo pensare che Bethesda non sapesse che livellare è un forte motivatore per continuare a giocare un titolo particolarmente vasto, e dunque si può scorgere una volontà “birichina” di “forzare la mano” all’acquisto di Broken Steel.

con i DLC le software house dimostrano di avere inventiva e capacità di scrittura insospettate

Similmente, a fronte di un Witcher 3, troviamo Mass Effect 3 il cui problema, erroneamente a quanto si potrebbe pensare dato il focus posto sulla vicenda, non è legato al finale “un po’ così”, ma all’evidente “mutilazione” di alcuni contenuti. I DLC di ME3 costituiscono infatti un corpus davvero importante senza il quale l’ultimo titolo dedicato al comandante Shepard perde tantissimo. Fra tutti i DLC, credo vada particolarmente stigmatizzato quello relativo al companion Javik – Dalle Ceneri, rilasciato al giorno uno. Simili pratiche trasformano una buona fetta dei titoli in commercio in veri e propri arazzi nella cui trama si può scorgere un’esperienza che viene definita aumentata (add-on è un sinonimo di DLC), ma che – in realtà – dovrebbe essere semplicemente definita completa, in maniera molto meno roboante. D’altronde, basta fare un salto su un qualsivoglia store virtuale per trovare hero edition, champion edition, divine edition e supreme edition che raccolgono in un unico contenitore l’esperienza definitiva con il titolo in questione. Personalmente evito, anche perché a fronte di giochi corposi il tempo sovente manca (non ho mai terminato, pur avendoli acquistati, Bloodmoon e Tribunal per Morrowind) e i casi “virtuosi” sono decisamente inferiori a quanto possa apparire da questo editoriale.

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