Quando il vero hardcore gamer non sei tu

hardcore gamer editoriale

L’autunno porta con sé una domanda che mi faccio, ormai da qualche anno, ogni volta che FIFA, NBA o Madden arrivano sugli scaffali con un +1 come desinenza. La prima volta che mi interrogai sulla questione risale al 2007, quando conobbi Andrea, un giovanotto simpatico con cui avrei iniziato un’esperienza lavorativa – che coi videogiochi non c’entrava nulla – durata poi più di nove anni. Parlando del più e del meno, in una delle tante pause pranzo che condividevamo, saltò fuori l’argomento ludico. Gli parlai dei forum che seguivo, delle riviste che leggevo, del mio desiderio di scrivere per TGM e di quali fossero i generi per cui sentivo che l’acquisto retail fosse ancora l’unica opzione capace di placare la mia ossessione per il collezionismo. Lui ascoltò con grande interesse, senza sapere nulla di ciò che gli stavo raccontando e quasi stupendosi che ci fossero dei forum in cui la gente passava intere giornate a “fare l’internet”, come in J4S.

Tornando verso l’ufficio gli chiesi se non gli era mai venuta voglia di provare a videogiocare, e lui mi rispose che si voleva prendere la PS3 perché un ragazzo con cui si allenava a baseball – e che come lui amava il football americano – gli aveva parlato di Madden NFL 08. La cosa si perse nel rientrare al lavoro, e nei mesi successivi l’argomento non venne più a galla. Sapevo che stava giocando, ma poco altro. Ora non ricordo più nemmeno il perché, ma l’autunno successivo mi capitò in mano una copia review del nuovo Madden NFL 09, e tornando al lavoro la mattina seguente salii le scale che portavano al piano in cui lavorava Andrea ed entrai nel suo ufficio agitando il Blu-ray tutto tronfio, un po’ come se fossi stato Babbo Natale, convinto di fargli una gradita sorpresa. Contrariamente a quanto immaginavo, lui l’aveva già acquistata e anzi mi chiese se volevo fare qualche partita con lui, la sera, ognuno a casa propria. Detto fatto, per alcune settimane giocammo un paio d’ore dopo cena, anche se il verbo “giocare” non rende giustizia al fatto che, de facto, lui mi insegnò a districarmi in un gameplay che tutto era tranne che di facile apprendimento.

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Sono sempre saltato da un’IP all’altra senza soluzione di continuità

Fino all’uscita di Gran Turismo 6 nel 2013, Andrea non toccò altro se non Madden NFL, iterazione dopo iterazione, accumulando un numero di ore impressionante. Il gioco di corse di Polyphony Digital fu la sua seconda folgorazione, e nel giro di qualche mese dalla sua uscita il mio amico aveva aperto un forum tutto suo, con pochissimi membri selezionati, per parlare del risultato della gara della sera precedente, del calendario del futuro campionato e di chissà quali altre diavolerie. Mi chiese di entrare, mi propose addirittura di recuperarmi una copia di GT6 perché uno dei suoi compagni di merende ne aveva due e me l’avrebbe fatta rivendere a prezzo di favore. Sapeva tutto, di GT6. Ma quando scrivo “tutto” intendo che era una vera enciclopedia vivente. Si era comprato delle cuffie col microfono, un playset, volante e pedali col force feedback… attrezzatura che usa ancora oggi, sempre il martedì per le qualificazioni e il giovedì per la gara, dalle ore 21.00 in poi.

Se mettiamo da parte un attimo eventuali considerazioni sulla sanità mentale del mio ex collega e facciamo conto di quanti videogiochi ciascuno di noi ha portato fino ai titoli di coda in questi quasi dieci anni, viene da chiedersi chi dei due abbia davvero perso qualcosa. Non potendo parlare per voi, la mia opinione personale è piuttosto in bilico tra l’esclamare con forza “lui” e sussurrarmi davanti allo specchio “tu”. Perché se da un lato, nel periodo considerato, ho vissuto esperienze che mi hanno rapito emotivamente per settimane (come ad esempio Alan Wake, Dead Space o The Last of Us), dall’altro non mi sono mai sentito un hardcore gamer duro e puro. Sono sempre saltato da un’IP all’altra senza soluzione di continuità, provando generi e piattaforme diverse, a volte accendendo nella stessa sera PC, Xbox 360 e PS4 giusto per provare una demo o finire una missione lasciata in balia di un checkpoint galeotto. Sono rari i momenti in cui, anche sul forum di TGM, io mi sia sentito un vero “esperto”, e anche laddove sarebbe stato pacifico – ad esempio per XCOM: Enemy Unknown o il già citato Alan Wake – non ho mai avuto quella conoscenza da Wiki che Andrea mi ha dimostrato per le sue due (uniche) passioni.

Questa riflessione, che mi accompagna da tempo, ha messo in dubbio il mio sentirmi hardcore gamer, come invece avevo sempre pensato di essere. Aggiornato, curioso, techwhore… eppure in questa contemporaneità fatta di dozzine di titoli l’anno, mai davvero “addicted”. Quando incontro Andrea per qualche occasione tra ex colleghi, ancora mi racconta del suo forum e dell’attesa che tutti loro nutrono per GT Sport e l’acquisto obbligato di una PS4: quando parla gli si illuminano così tanto gli occhi che, per un attimo, sono sicuro che il vero hardcore gamer sia lui. Probabilmente sono dubbi figli del poco tempo che riesco a dedicare ai videogiochi. C’è stato un periodo in cui, per cinque mesi, non avevo altro da giocare se non Star Fox 64, di cui conoscevo a memoria ogni pattern e timing, però questa percezione di incompiutezza mi parla chiaro: troppi titoli, troppe news, troppi DLC per una vita fatta di lavoro, famiglia e commissioni. Ci sono sere in cui l’ora è così tarda che devo scegliere tra il lavarmi, il dormire sei ore o il raggiungere il prossimo checkpoint. Come si fa ad approfondire? A cosa devo rinunciare? Forse all’idea di essere ancora un hardcore gamer, e godermi il pew pew pew con gli amici senza pretendere altro. Che poi, oh, non ho già dato abbastanza?

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