Path of Fury: Episode I - Tetsuo's Tower – Recensione

Una decina di euro per dimostrare che non sfigurereste come controfigura di Jackie Chan? Se vi pare un buon affare e possedete un visore Meta ecco il gioco che fa per voi: Path of Fury – Episode I: Tetsuo’s Tower. È ottimo anche come cardio fitness e Kcal burner, tra l’altro.

Sviluppatore / Publisher: Leonard Menchiari / ABONICO GAME WORKS Prezzo: 9.99€ Localizzazione: Assente Multiplayer: Assente PEGI: 12 Disponibile su: Meta Quest 2, Meta Quest Pro, Meta Quest 3/3S Data di uscita: 13 marzo

Perché secondo il suo autore, Leonard Menchiari (il padre del qui recensito Trek to Yomi), “la VR offre il meglio di sé quando unisce l’esercizio fisico ad ambienti coinvolgenti”. Et voilà la descrizione in poche parole di Path of Fury – Episode I: Tetsuo’s Tower, un gioco per realtà virtuale basato sulle arti marziali. Chiaramente non è necessario essere degli assidui frequentatori del tatami per giocarci, alla bisogna ci si può arrangiare come in una rissa da strada: un colpo stilisticamente non impeccabile fa comunque male se sferrato nel punto giusto col timing corretto.

Nella Torre di Tetsuo però è dura resistere alla tentazione di riprodurre le coreografiche combinazioni di attacchi, parate e contrattacchi ammirate sul grande e piccolo schermo. Le fonti d’ispirazione del resto sono i film sul kung-fu degli anni ’80, come la serie Wong Kar Wai o The Raid Redemption, ma anche i giochi come Time Crisis e First of the North Star, il cabinato arcade degli anni ’90. Qualcuno avrà già capito che ciò fa di Path of Fury – Episode I: Tetsuo’s Tower un’esperienza single player su rotaia, ovvero vincolata a dei binari invisibili da cui non c’è modo di deragliare per precisa scelta di game design.

PATH OF FURY – EPISODE I: TETSUO’S TOWER, UNA PALESTRA IN CASA

In controtendenza rispetto ai tanti open world dalle vaste mappe liberamente esplorabili, l’impossibilità di muoversi a proprio piacimento probabilmente riporterà alla mente dei gamer più stagionati una sfilza di dolci ricordi mentre, niente di strano, potrebbe far alzare il sopracciglio di chi non ha memoria di quel tipo di gameplay. La soggettività svolge un ruolo importante nell’apprezzare o no l’anacronistico vincolo cinetico, tuttavia sono sufficienti un paio di run affinché il motivo della sua presenza si palesi in tutta la sua oggettiva evidenza: mantenere costantemente incalzante il ritmo mettendoci di fronte nemici viepiù arcigni da sfondare a suon di pugni.

Ogni run è un’escalation di combattimenti a mani nude in cui abbattuto un nemico si fa sotto il prossimo

La scalata verso l’ultimo piano della torre, l’ultimo livello della campagna (chi non ne avesse abbastanza dopo la manciata di ore necessaria a raggiungerlo può mettersi alla prova nella endless mode: i record sono fatti per essere infranti), è un’escalation di combattimenti a mani nude in cui abbattuto un nemico si fa sotto il prossimo. Attimi di respiro ce ne sono col contagocce sicché, quando si riesce a tirare il fiato – letteralmente: Path of Fury – Episode I: Tetsuo’s Tower richiede una buona resistenza fisica – come davanti a un bivio, è saggio approfittarne.

Path of Fury - Episode I: Tetsuo's Tower

Quanti piani riuscirete a superare senza imprecare? Il guanto di sfida è lanciato.

Il combat system è estremamente intuitivo, in fondo mollare un cazzotto ed evitare di riceverlo sono concetti semplici da assimilare. Il tutorial in cui si deve “interrogare” un prigioniero aiuta a comprendere che i nostri colpi vanno assestati nel punto e nel momento esatto in cui compare l’indicatore altrimenti non sortiscono grandi effetti. Lo stesso vale per le parate, da eseguire tempestivamente ogni qualvolta si renda necessario giacché bastano poche disattenzioni per sputacchiare i denti e dover ricominciare il livello. Grazie al cielo un sistema di checkpoint consente di ripartire da determinati punti in caso di sconfitta, un’eventualità tutto fuorché remota tra scagnozzi, tirapiedi, tizi corazzati duri a morire e boss fight. Durante ogni run le occasioni per finire KO sono numerose, specie se è la prima volta che si affronta un livello e non si sa quali attacchi aspettarsi dai nemici.

la potenza dei nostri colpi conta molto meno della loro rapidità e della loro precisione, è vero kung fu

Un’intrigante particolarità di questo kung-fu sim è che la potenza dei nostri colpi conta molto meno della loro rapidità e della loro precisione. Sessione dopo sessione si notano sulla propria pelle i progressi ma non parlo della durata sempre più lunga di una partita, non è nemmeno questione di sensazioni o dei vantaggi che dà imparare i move-set dei differenti avversari, è qualcosa di più profondo e intimo: è avvertire dentro di sé l’aumento della confidenza col proprio corpo dopo ogni combattimento, è la consapevolezza di diventare sempre più inarrestabili.

PLAYSTATION 1 VIBES

Un altro elemento convincente è l’atmosfera. Sfruttando i giochi di luce, un comparto audio calzante e i contrasti cromatici, gli sviluppatori hanno ricreato una sequela di location dotate di una buona intensità emotiva. Ci si pesta in scenari da film action in cui il degrado si mescola al profumo di cibo e malavita, attaccandosi alla pelle come sa fare solo l’umidità di alcuni paesi asiatici. Tecnicamente il team di sviluppo ha puntato tutto sull’effetto retrò, con buona pace di chi ama i personaggi dalla notevole conta poligonale o il fotorealismo. Graficamente siamo dalle parti della PlayStation 1 o giù di lì, l’impatto è volutamente nostalgico a costo di risultare grezzo perché l’obiettivo della direzione artistica è fondere l’estetica vintage a degli ambienti immersivi (non ho scritto interattivi, badate bene).

Alcuni scorci fanno sentire davvero dentro un film action orientale.

Al netto degli ambienti azzeccati, il risultato complessivo a livello grafico non è il massimo della vita: va bene l’omaggio al passato ma qualcosa di più ricercato non fa mica male. Allargando la panoramica sui difetti, va detto che a volte si può “fregare il sistema” mettendo a segno combo per così dire poco ortodosse, inoltre la struttura ludica non è sorretta da una trama particolarmente memorabile. Mi pare infine che l’impostazione a rotaia fissa giovi al ritmo ma, in parte, penalizzi un gameplay di suo tendente alla ripetitività, eppure l’idea di Leonard Menchiari si rivela comunque valida in virtù del connubio tra “cinekung-fu” e vibes anni ’80/’90 che dà vita a un’esperienza lineare e impegnativa che, un combattimento alla volta, si trasforma in una sfida con se stessi che ricorda tanto un percorso di crescita interiore.

Path of Fury – Episode I: Tetsuo’s Tower è una cupa matrioska di sfide non stop, richiede un notevole impegno fisico

Path of Fury – Episode I: Tetsuo’s Tower è una cupa matrioska di scontri a mani nude non stop, ci trascina in luoghi e situazioni ammirati nei rocamboleschi film di una volta e ci permette di metterci alla prova proprio come se ne fossimo il protagonista. Nel complesso, al di là dei nei, il gioco riesce a ritagliarsi un posto al sole in un mondo, quello della VR, che, per quanto mi riguarda, non ha ancora mostrato tutto il suo incredibile potenziale. E poi è un ottimo modo per tenersi in forma divertendosi: non capita tutti i giorni un videogame che, a fronte di un costo assai contenuto, unisce l’utile al dilettevole.

In Breve: Progetto indipendente dalla portata contenuta, almeno sotto il profilo dei valori tecnici e del prezzo, questo Path of Fury – Episode I: Tetsuo’s Tower. Si mena, si para, si finisce KO e ci si rialza più forti e saggi di prima, facendo tesoro dei propri errori e approfittando delle run finite male per imparare a conoscere le differenze che caratterizzano i nemici e i livelli. La longevità del gioco è variabile, la caratterizzazione non è male e la modalità infinita è il posto ideale per chi ama limare i propri record a patto di saper incassare bene i colpi della ripetitività. C’è bisogno anche di farsi andare bene la mancanza di libertà di movimento, la quale pare limitare un po’ il potenziale del gameplay. Se cercate un gioco VR che vi metta alla prova come gamer ma anche come atleta/combattente magari dategli una possibilità. Se poi avete anche un po’ di pancetta da buttare giù, ben venga.

Piattaforma di Prova: Meta Quest 3

Com’è, Come Gira: Calcolate bene gli spazi, mi raccomando: dare un cazzotto contro l’arredamento o un muro può risultare doloroso per la mano e per il conto in banca se il controller ci lascia le penne. Tecnicamente il gioco è stabile e fluido, magari non particolarmente elegante coi suoi poligoni grezzi ma nostalgico a sufficienza per chi ricorda con affetto i bei tempi che furono. La risposta dei controlli è buona, meno invece il comfort (niente opzioni per giocare seduti, anzi niente opzioni proprio). Il rischio motion sickness è praticamente assente perché il movimento è automatico e istantaneo, ci si sposta in maniera preimpostata da uno scontro al successivo, il processo è molto limitato giacché al massimo ci si può voltare.

Condividi con gli amici










Inviare

Pro

  • Una sfida impegnativa per corpo e mente / Atmosfere da film sul kung fu anni '80 ben ricreate

Contro

  • Graficamente si può fare di meglio / L'impossibilità di muoversi liberamente limita il gameplay / Può risultare ripetitivo
7.8

Buono

Password dimenticata