AO Tennis 2 – Recensione

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Nonostante io ami questo sport, lo stesso che AO Tennis 2 porta in forma di videogioco, capisco benissimo chi ha un problema di palpebra calante davanti a un match, fosse anche una finale dell’Australian Open tra Federer e Nadal. Per carità, è legittimo. Tutt’altra cosa è, però, essere lì sul campo, che sia reale o virtuale.

 

L’azione fisica del tennis è un catalizzatore di rabbia, agonismo, sfoggio di prestanza fisica, nonché tentativo di preveggenza e lettura del pensiero. È allo stesso tempo danza, poker e boxe a distanza di sicurezza, separati da una rete che delimita personalità e stile di gioco, in cui una piccola pallina gialla diventa un primitivo metodo di comunicazione, codice morse che risuona a una o due battute nel silenzio di uno stadio col fiato sospeso. AO Tennis 2 di Big Ant Studios riesce a essere tutto questo, con una voglia travolgente di simulare il tennis e le sue emozioni, ritmi ed eleganza, in maniera talvolta un po’ rozza ma efficace come un dritto lungo linea, secco e violentissimo.

AO: AUSTRALIAN OPEN O ESCLAMAZIONE?

Entrambe, assolutamente. Perché questa seconda iterazione del videogioco ufficiale dedicato agli Australian Open è anche un titolo impegnativo, capace di far sudare e imprecare. Tecnico ma estremamente scalabile, con ben 8 livelli di difficoltà tra cui scegliere, prendendo a pallonate il giocatore ”ganassa” che crede di poter iniziare subito a macinare 6-0/6-0 contro un’IA che è fiore all’occhiello della produzione, subendoli di conseguenza senza neanche capire come e perché.AO Tennis 2 recensione

Il Tennis è al contempo danza, poker e boxe a distanza di sicurezza, separati da una rete che delimita personalità e stile di gioco

AO Tennis 2 va dapprima studiato, pesandone la fisica, assaporandone sfaccettature e profondità, plasmando il proprio gioco attorno a colpi dalla fisica diabolica, realistica, dal gusto deciso. Slice, pallonetti ma soprattutto dritti e top spin, declinati coi dorsali in colpi ancora più aggressivi, rischiosi e angolati, così come in smorzate letali, istigando l’avversario a correre a rete. È anche facile sbagliare, soprattutto nelle prime partite, perché la palla va colpita col giusto tempismo e angolata con intelligenza per non rischiare l’out del giudice (contestabile con la chiamata dell’occhio di falco, altra finezza). È quasi più simile a un picchiaduro che a un titolo sportivo generico, dove ogni azione chiama una reazione uguale o contraria. Una sfida di nervi, una lotta per il dominio psico-fisico sull’altro, con scambi prolungati dal ritmo sincopato, passando dallo studio all’attacco e restituendo soddisfazioni enormi quando si riesce a portare a casa il perfetto inside-out/inside-in (costringere al rovescio in corsa l’avversario per poi chiudere con un feroce lungo linea), col pubblico che finalmente torna a respirare per esaltare la giocata in un concerto di applausi. Anche il gioco a rete diventa fondamentale per prendere di sorpresa gli avversari, con una combinazione di tasti studiata apposta per scattare velocemente e coprire di conseguenza il campo, cercando l’anticipo in volèe. Soluzione pericolosa, anche perché la CPU non lesinerà pallonetti letali, ma sempre adrenalinica e, in caso di riuscita, parecchio eccitante.

L’agonismo prende subito il sopravvento e le soddisfazioni, così come la rabbia per certi punti persi, sono sensazioni tangibili, travolgenti. Il peso della racchetta si irradia via pad alle terminazioni nervose, lo schiocco sordo dell’impatto con la pallina fa il resto e si finisce per accompagnare il colpo con le spalle (caricato in base alla pressione prolungata dei tasti, altra sensazione molto fisica). Pura illusione allo sport, a un’azione muscolare e nervosa che nella realtà ci vede pressoché immobili. Sono i tempi e i movimenti ad essere estremamente familiari a chi ha mai guardato/giocato una partita vera, ed è questo il più grande traguardo del titolo australiano. È però proprio nel movimento, non inteso come animazione (quasi sempre ottima) quanto del controllo del giocatore sul proprio atleta, che AO Tennis 2 mostra segni di affaticamento muscolare.AO Tennis 2 recensione

Il peso della racchetta si irradia via pad alle terminazioni nervose, lo schiocco sordo dell’impatto con la pallina fa il resto

Tutto è riconducibile a una chiara scelta di design, volta a mettere in mostra la naturalezza dell’azione e la fluidità della stessa, ovvero vincolare il movimento dell’atleta se il colpo avversario viaggia verso la nostra posizione. Ma non solo, il tennista virtuale di turno si sposterà automaticamente di qualche passo se la sua intelligenza artificiale capisce che la pallina cadrà nelle vicinanze. In questi casi chi impugna il pad dovrà pensare solo a come colpire e dove indirizzare la risposta. Comodo? Certo, perché no, ma la sensazione è talvolta quella di giocare scambi su binari ed è dura farci l’abitudine, vedendo impalato il proprio tennista nonostante il movimento dell’analogico. Se questo può anche non essere un problema, una volta compreso il suo senso ed aver patteggiato, potrebbe esserlo invece la reattività del giocatore quando l’avversario ci metterà alla frusta con palle incrociate e smorzate. Ci si sente sempre un po’ in ritardo, come se un leggero lag agisse alle nostre spalle lasciandoci col fiato corto, soprattutto nei cambi di direzione repentini. Acido lattico virtuale che potrebbe far perdere più punti del dovuto. Non benissimo e sinceramente spero gli sviluppatori lavorino per migliorare questo aspetto. Abbastanza impalpabili anche le differenze di terreno, tra cemento, terra rossa ed erba la consistenza e ruvidità del gioco non cambia mai in maniera eclatante, limitandosi ad alcune variazioni nell’altezza del rimbalzo e nella velocità della palla. Insomma, un tennis non ancora al massimo della condizione ma che, come successo al suo predecessore, potrebbe crescere col passare dei mesi e delle patch. Siamo comunque nel campo delle speculazioni, aspetteremo per vagliare il supporto dopo l’uscita.

TENNIS FAI-DA-TE

Importantissimo, fin dal primo capitolo, è stato il filo diretto tra sviluppatori e community, con quest’ultima capace di sopperire alla mancanza di licenze e di buona parte del gotha del tennis mondiale con gli strumenti di creazione forniti dai primi. Atleti, stadi, competizioni, tutto ricreato (o creato da zero) per sopperire a una mancanza di contenuti che nel primo capitolo fu drammatica e che in questo seguito parte da una base più che buona. Ad affiancare l’ovvia modalità interamente dedicata all’Australian Open e i vari match/tornei in singolo o doppio, anche online, c’è una carriera interessante (da cominciare creando un tennista a nostra immagine e somiglianza, oppure pescando dal nutrito roster di campioni), in cui spiccano la possibilità di pianificare il proprio programma e i tornei ai quali partecipare di settimana in settimana.

Il roster non si può definire completo, vista la mancanza di atleti come Federer e Serena Williams, rilanciando però con i due numeri uno ATP e WTA, Rafa Nadal e Ash Barty

Si dovrà tenere d’occhio l’affaticamento da viaggio e fare i conti con quello fisico nei tornei più lunghi, partecipando poi a conferenze stampa e decidendo che atteggiamento tenere sul campo, con la possibilità di farsi una fama da novello McEnroe. Certo, l’unico torneo ufficiale da affrontare rimane lo slam australiano (con U.S. Open, Roland Garros e Wimbledon presenti sotto mentite spoglie, un po’ alla PES), e i trofei minori si svolgono in stadi spesso identici tra loro (finché la community non ne creerà a migliaia), cosa che incrina un po’ la sospensione d’incredulità, ma rimane una carriera ben fatta e capace di tenere alta l’attenzione per un buon numero di ore. Neanche il roster si può definire completo, vista la mancanza di gente come Federer e Serena Williams, pensando a due fenomeni a caso, rilanciando però con i due numeri uno ATP e WTA, Rafa Nadal e Ash Barty, accompagnati da Monfils, Goffin, Pliskova, Kerber, fino ad arrivare a 25 atleti. Buoni alter ego a livello poligonale splendidamente caratterizzati nelle movenze, nei rituali e nello stile di gioco, mettendo in mostra un lavoro egregio, una coccola ai suoi testimonial e a tutti gli appassionati di tennis.

La grafica non è invece niente di che, molto pulita, quasi asettica e senza un gran livello di dettaglio, funzionale al gioco e alla stabilità di un frame rate che non mostra mai incertezze. Rimangono abbastanza agghiaccianti le panoramiche stile televisivo degli stadi, con esterni che paiono semplici render architettonici senz’anima.

AO Tennis 2 ha talento da vendere, una classe cristallina e un dritto violentissimo, ma come un giovane campione non ha ancora raggiunto il massimo del suo potenziale. Si gioca bene, si gioca cattivi, si gode e poi si vorrebbe spaccare la racchetta virtuale a terra. Le sensazioni del tennis, il feedback fisico dei colpi, le animazioni, tutto è al suo posto ma manca ancora quella reattività che permetta di muoversi con più agilità sul campo, già vincolata dalla scelta di un posizionamento semi-automatico dell’atleta sui colpi vicini. Un gioco che vuole essere tecnico ma che pecca un po’ di tono muscolare. Graficamente più funzionale che spettacolare, con un’ottima caratterizzazione fisica degli atleti ufficiali, ricreati in ogni movenza. Un passo verso la rinascita del tennis virtuale.

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Pro

  • Ritmo, fisicità e imprevedibilità: è tennis in tutto e per tutto
  • Movenze e stili dei campioni ricreati con grande mestiere
  • Ottimo lavoro sull’audio

Contro

  • Movimento sul campo talvolta impreciso e poco reattivo
  • La licenza dell’Australian Open è l’unica ufficiale
  • Graficamente appena sufficiente
7.1

Buono

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