Golem, draghi, colossi. Immaginateli: tutti soli, nel loro antro, nei recessi più bui e profondi del dungeon, oppure in cima a una scogliera o montagna, seduti come Paperon de’ Paperoni sul loro tesoro, altrimenti a guardia di un tempio o altro luogo sacro. Immaginate la loro noia, fatta eccezione per qualche avventuriero da “sgranocchiare” ogni tanto, e figuratevi anni di preparazione e di lenta crescita che li hanno portati a proporzioni gargantuesche per intimorire, soverchiare e annientare gli stolti avatar – perlopiù di umana foggia – che osassero sfidarli.
Impossibile sconfiggerli, semplicemente inattuabile un piano per poter aggirare la loro guardia, impensabile sfidarli a singolar tenzone quando una spada – in proporzione – pare uno spillo e gli incantesimi di fuoco si rivelano al più una brezza sulla loro cute indurita e resistente all’acido, al gelo, al verde veleno, al freddo acciaio e, ovviamente, alle fiamme. Eppure… eppure hanno tutti un punto debole che non si sono mai curati di coprire, nascondere, fortificare. Sembra messo lì apposta per consentire l’impresa, ma non solo; spesso è volutamente evidenziato, come a dire: «Guarda, “semplicione”, devi mirare e tagliare/colpire qui». Sovente si tratta di ispessimenti della scorza o dei tentacoli – perlopiù bulbosi e di diversa cromia, acciocché sia proprio impossibile sbagliarsi!, come in The Witcher 2 e Dead Space – oppure di un pertugio tra le adamantine scaglie che fungono da corazza e che di solito viene aperto a intervalli periodici, lasciando libero accesso affinché lance o raggi laser possano raggiungere il cuore o un altro organo particolarmente vulnerabile (Risen 2).
Tutti i boss hanno tutti un punto debole che non si sono mai curati di coprire
Della lunghissima barra della salute di boss e miniboss ho già parlato in un altro editoriale, pertanto, come logica conclusione, preferisco fare a meno delle boss battle. Molti sviluppatori, di contro, sembrano credere che il massimo divertimento possa scaturire solo da confronti della durata minima di 15 minuti, prolungati da estenuanti sessioni di trial & error. Personalmente, prediligo scontrarmi faccia a faccia con un antagonista potenziato che deve affrontare un avatar altrettanto tosto, migliorato grazie a un’attenta pianificazione dei progressi durante i livelli e, magari, al ritrovamento di una o più armi decisamente potenti. Fallout: New Vegas e Morrowind, in tal senso, giusto per fare i primi due esempi che mi sovvengono, parlano una lingua decisamente più ruolistica quando si arriva allo scontro finale, e quindi fanno maggiormente al caso mio. È così anche per voi?