GOTY 2017? Davvero troppa roba...

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Per piccoli tratti questo editoriale incrocerà quello di Claudio, scritto sul finir dell’anno, ma non voglio perdere l’occasione di dire la mia: a conti fatti, il piatto del 2017 è stato così ricco da mettermi in difficoltà quando, come molti di noi, mi son messo a pensare al mio potenziale GOTY, senza riuscire a scegliere un indiscusso vincitore. Tutto è iniziato con Prey, Nioh e NieR: Automata, ovvero con un titolo vicinissimo alle mie “storiche” preferenze ma anche con qualcosa di molto diverso, che mi sta riportando al Sol Levante senza patemi o resistenze di genere. Nel primo caso, colgo l’occasione di consigliare ai ritardatari il recupero del gioco di Arkane con una mod relativamente recente, che ne migliora parecchio la resa estetica (non che quella di base fosse brutta, intendiamoci) e rende ancora più potente l’atmosfera concepita dallo sviluppatore, sulla scia di System Shock e soci.

Nioh e NieR: Automata, invece, rappresentano il proseguimento di un fenomeno iniziato per il sottoscritto con i Souls di Myiazaki, e che mi sta veicolando dolcemente (si fa per dire) verso una “giopponesità” che credevo di aver perduto, distante come sono da tanti stilemi del gaming nipponico. A dire il vero, solo NieR: Automata condivide con Prey il podio del mio cuore, paradossalmente lontano dagli amati soulslike: momento per momento, il gioco di Yoko Taro e Platinum Games diventa qualcosa di diverso a seconda di cosa vuole comunicare, incredibilmente coeso tra l’impegnativa giocabilità e la magnifica fantascienza di cui si fa portatore, nel profondo di un’umanità che non c’è più.goty

Nier: Automata condivide con Prey il podio più alto, non riuscendo a decidere per l’uno o per l’altro

Anche il backlog che il 2017 mi ha consegnato è di tutto rispetto. In particolare, Horizon Zero Dawn è stato penalizzato da una tara di cui mi vergogno pesantemente, e che rende difficile immedesimarmi del tutto nei personaggi femminili, anche quando si tratta di una protagonista ben costruita e – soprattutto, per quel che mi riguarda – immersa in un inusuale e intrigante affresco post-apocalittico. Sono già in fase di recupero, invece, per The Legend of Zelda: Breath of the Wild, in una forma poco canonica: ho comprato il gioco in versione Wii U (piattaforma che non possiedo nemmeno, così come non ho Nintendo Switch) per stare in pace con la coscienza, ma la verità è che sto usando un emulatore per giocarlo alla perfezione su PC, peraltro con una mod che consente di viverlo in perfetta stereoscopia. In merito, infine, a Resident Evil VII, credo davvero di essere sull’orlo della follia: si tratta del capitolo della serie che più avrei voluto giocare da un bel po’ di anni a questa parte, e nonostante ciò l’ho lasciato in stand-by per un’ipotetica versione PC in realtà virtuale, senza nemmeno essere sicuro che arrivi mai. D’altra parte, se solo l’annuncio giungesse domani, sarei immediatamente sicuro di aver fatto la scelta giusta.

Devo anche ammettere di non aver pensato ad alcun GOTY in zona VR, onestamente convinto che sia addirittura eccessivo, persino per me, mischiare l’attuale generazione di realtà virtuale con le sedimentate qualità del gaming classico. Questo non vuol dire, tuttavia, che il 2017 non sia stato un anno di clamorose immersioni nel mio fido visore, in barba a chi canta continuamente la morte della VR: Arktika.1, SUPERHOT VR, FORM, Gorn, L.A. Noire: The VR Case Files, o anche le versioni in realtà virtuale dei vari Serious Sam e di The Talos Principle, sono solo alcuni degli eccellenti giochi che mi hanno scaldato il cuore con HTC Vive ben saldo sulla faccia, senza dimenticare quell’Elite: Dangerous che mi ha finalmente consegnato i Targoids (anche) in VR, dopo un’introduzione da pazzesco docudrama spaziale, con tanto di scoperte, avvistamenti e agognata rivelazione. Anche in questo caso inizia a comporsi un più piccolo ma corposo backlog, non solo per il citato Resident Evil VII ma anche, ad esempio, per i pur diversissimi Lone Echo e Duck Season, dei quali spero di poter parlare nelle prossime Virtual Reality Machine.goty

Sento di voler fare un inchino propiziatorio per Metro Exodus, Kingdom Come e Frostpunk, se proprio Cyberpunk 2077 non ha ancora voglia di farsi vedere

Non ho la più pallida idea, infine, su quali titoli potrebbero configurarsi come i GOTY del 2018: l’anno appena passato è stato strepitoso, e voglio respirarlo ancora per qualche giorno o settimana. Stando così le cose, e ricordando senza difficoltà che Cyberpunk 2077, quando lo vorrà, potrà insidiarsi al vertice delle attese di qualsiasi anno, posso anche perdermi in vecchi e mai abbandonati desideri, fuori dal mercato e dalle previsioni: più ancora di Half-Life 3, vorrei che GSC Game World trovasse gli investimenti per consegnarci finalmente un vero seguito di S.T.A.L.K.E.R.: Shadow of Chernobyl, oppure che qualche team di talento riuscisse ad acquisire il marchio per proseguire nello stesso spirito. Anche per questo, tra i titoli che tengo maggiormente d’occhio c’è Metro Exodus degli ucraini di 4-A Games, che so essere lapalissianamente diverso in termini di gameplay, ma che non può che apparirmi contiguo nell’avvolgente e realistico mood post-nucleare. Considerando, poi, il personale hype che la prova di Frostpunk mi ha consegnato, dai polacchi di 11 Bit Studios, credo di poter concludere con un inchino all’Est Europa, ancora più sentito con Kingdom Come: Deliverance ormai alle porte. Chissà, magari sarà proprio lui il mio prossimo GOTY.

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