Nella giornata di ieri, SuperData Research (società che si occupa di misurare e analizzare dati di vendita, trend di consumo e un sacco di altre cose di questo genere) ha pubblicato il suo rapporto 2017 sui videogiochi nel mercato digitale, dal quale si possono trarre alcune considerazioni interessanti. La prima, a prescindere da numeri e cifre assortite, grafici a torta e curve di tendenza, è la frase con cui apre la presentazione del rapporto Joost van Dreunen, CEO di SuperData Research: «Quest’anno, l’industria dei videogiochi è cresciuta in praticamente ogni categoria che misuriamo». Che è, senza dubbio, la notizia migliore, a prescindere da come, o dove la si guardi.
“Nel 2017, l’industria dei videogiochi è cresciuta in praticamente ogni categoria che misuriamo” – Joost van Dreunen, CEO di SuperData Research
Sul fronte della spesa, i consumatori hanno dilapidato 14 miliardi in più per i giochi su cellulare rispetto al 2016, con titoli come Arena of Valor e il misconosciuto – almeno qui in Occidente – Fantasy Westward Journey, che hanno portato a una crescita del 31% del mercato mobile mondiale.
Due miliardi e mezzo di persone gioca con titoli free-to-play, ovvero un terzo della popolazione mondiale
Il dato è numericamente sconvolgente, ma anche significativo, per almeno due motivi. Tanto per cominciare, i videogiochi sono davvero diventati universali. Pur in una formulazione, quella del free-to-play, davanti alla quale storciamo spesso il naso, un terzo degli abitanti del pianeta videogioca. Non so quanti, venti o trent’anni fa, smanettando nella propria cameretta con i file config.sys e autoexec.bat, cercando di spremere un po’ di memoria estesa per far girare la qualunque, si sarebbero immaginati una simile diffusione del loro hobby preferito (che non è smanettare con i file di configurazione).
La seconda riflessione – che è più un’autocritica, in realtà – riguarda proprio il genere dei free-to-play, e il modo in cui lo approcciamo: storciamo il naso, appunto, e non va bene. Guardiamo ai vari Candy Crush Saga o Monster Strike dall’alto in basso, noi che siamo “hardcore” e giochiamo alle cose serie, mica quelle lì. Ed è un errore di visione, come dicevo già qualche settimana fa. Col risultato, forse, che finiamo per non parlare (quasi) mai a quella che, a conti fatti, è una fetta di utenza piuttosto grossa. Anche se mi rimane in testa un’ultima domanda, che condivido anche con voi: si tratta davvero una fetta di utenza in cerca di qualcuno che le parli?