Ho appena finito il secondo capitolo di Life is Strange: Before the Storm, e invece di scriverne la recensione ho deciso di prendermi qualche ora di meditazione. Il fatto è semplice: il titolo Deck Nine non mi è piaciuto affatto. L’ho trovato poco ispirato, noioso, dai dialoghi senza mordente e dallo sviluppo tecnico davvero scadente. Non sono qui però a parlare male dell’ultimo titolo distribuito da Square Enix (di cui potete leggere qui la recensione del primo episodio, e lunedì quella del secondo) ma vorrei rubarvi qualche minuto per condividere i dubbi esistenziali che mi stanno massacrando.
Ho fatto un errore enorme: ho dato un’occhiata alle recensioni e ai voti che i miei colleghi di altre testate hanno dato a Life is Strange (ancora non hai imparato che no, non si fa? ndKikko), e sono rimasto di stucco nel notare che il mio pensiero va totalmente controcorrente. Per carità divina, non voglio neanche lontanamente dire che il loro parere sia sbagliato e il mio giusto, e ci tengo moltissimo a non essere frainteso. Il problema è che, per qualche mistero, si è diffuso il pensiero che “la recensione deve essere oggettiva”. Ebbene, ciò non è possibile. Mi dispiace deludere i romantici pensatori, ma quando qualcuno esprime un parere, questo non può in nessun modo essere “oggettivo”. Posso dire che un titolo ha precisamente 13 Obiettivi, che al momento della sua uscita costa 9,90 euro e che possiede tre livelli diversi di difficoltà, ma parlando di cose “oggettive” non posso aggiungere null’altro. Tutto il resto, dallo stile grafico alla qualità della trama, è soggettivo, ed è soggetto – al momento di scriverne la recensione – a tante di quelle variabili da far girare la testa.
Posso amare particolarmente un genere, posso essere più “recettivo” verso un determinato argomento o, semplicemente, divertirmi come un cretino davanti a una carrellata infinita di bug, e per questi motivi è più che normale avere pareri discordanti con il resto della critica. Questa settimana però sto letteralmente nuotando controcorrente: prima ELEX, l’ultima fatica di Piranha Bytes che mi ha enormemente deluso (nonostante avessi apprezzato addirittura Risen 3), e ora Life is Strange che è riuscito a farmi sbraitare contro lo schermo più e più volte. Il primo pensiero è stato un semplice e diretto “mi sono improvvisamente rincoglionito”, tanto da avermi spinto a cercare un confronto con il resto della redazione. Dopo aver raccolto le idee, aver controllato un paio di piccolezze che magari mi erano sfuggite e aver ripensato alla breve esperienza appena passata, il mio pensiero però è rimasto esattamente identico a prima. Ma l’idea di essere “la pecora nera” di turno continua a martoriarmi.
Il segreto (di Pulcinella) è trovare una testata, o forse ancor di più un redattore, in cui rispecchiarsi
In cuor mio, prima o poi, spero che questo vecchio retaggio dei voti venga abolito (sono anni che dico di togliere i voti: tuttavia, purtroppo, o sei un colosso che tiene botta, o il contraccolpo a livello di visite e impatto sui publisher sarebbe insostenibile. Magari ne parliamo in un prossimo editoriale… ndKikko), ma temo sia un’ipotesi a dir poco utopica. In realtà, basterebbe soffermarsi un pochino di più a leggere il corpo della recensione, in cui spesso e volentieri l’autore spiega per filo e per segno i motivi che l’hanno guidato verso una valutazione più o meno negativa. Questo, però, succede sempre meno, e temo sia più probabile finire in un futuro in cui le recensioni saranno un mero valore numerico senza commenti aggiunti. Tanto quello che conta veramente è solo quel dannato numerino.