De rerum difficilorum, alla ricerca della difficoltà perfetta – L'Opinione

Ho comprato Diablo IV perché volevo un gioco con cui spegnere il cervello. Per carità, mi sono subito reso conto di avere avuto molto di più di quello che cercavo, per esempio mi ha colpito fin da subito una cura nei dettagli delle ambientazioni, e in particolare dei dungeon, che mi continua a affascinare, roba da andare in giro e esclamare come un’ebete a bocca aperta “Ma che figataaaa” ogni due per tre. Ma torniamo al punto di questo editoriale, che, come potreste avere intuito dal titolo, si occupa del livello di difficoltà dei nostri cari amati videogiochi, e in particolare del De rerum difficilorum.

NON CI PENSARE, E MENA: SI PARLA DI DE RERUM DIFFICILORUM

Per me, spegnere il cervello non vuol dire che volevo un gioco facile, per niente. Intendo che non volevo uno strategico, un gestionale, o un 4X, generi con cui passo parecchio tempo. Detto questo, sono sempre alla ricerca di una sfida, e l’ultimo capitolo della gloriosa saga Blizzard mi sembrava esattamente quello che faceva al caso mio. Ma proprio al 100%. Cioè, un gioco che ti dice dove andare, e tutto quello che devi fare è ammazzare tutto quello che cerca di ammazzare te. Perfetto, no? E su questo, non mi ha deluso.

Che fastidio quando vedo davanti a me il livello 3 e non lo posso scegliere, per motivi ignoti anche a Lilith

Non vi sorprenderà poi scoprire che ho scelto la classe del Barbaro. Quale altra sarebbe stata più adeguata alle mie esigenze? Quindi, fin qui tutto bene, ma adesso arriva la lagna. La mia lamentela sta nel non potere scegliere il livello di difficoltà. Cioè, sì, ho potuto scegliere il livello di mondo 2 invece che il livello 1, ma miseriaccia che fastidio quando ho visto davanti a me il livello 3 e non ho potuto sceglierlo, per motivi a me sconosciuti, e di certo ignoti anche a Lilith. Voglio dire, potrò ben decidere di volermi mettere nelle grane da solo, no? No, non posso.

difficoltà videogiochi

Prima devo finire la campagna. Però qualcuno dovrebbe spiegare agli sviluppatori che per gente normale potrebbe essere un’enorme perdita di tempo. Con la mia barbara, mi butto a capofitto in mezzo a più nemici possibili, tiro giù due urli e mi metto a roteare come una pazza. Giusto il tempo che mi dura il berserk, e non rimane in piedi nessuno. Solo qualche boss di fine quest mi ha messo un po’ in difficoltà, ma per ora non sono ancora morto. Nel momento in cui scrivo ho finito il primo atto e fatto qualche missione del secondo e terzo, quindi sicuramente sono ancora all’inizio, ma altrettanto chiaramente fino a questo punto non sono mai stato messo in difficoltà. Così non va bene, dai, è un peccato.

PENSACI, E MENA LO STESSO

Un altro titolo in cui ho avuto un problema simile è stato Spider-Man: Morales. Mi è piaciuto molto sotto tanti altri aspetti, ma l’ho giocato alla difficoltà più alta disponibile e non l’ho trovato così sfidante, soprattutto da quando viene sbloccata l’abilità di invisibilità temporanea. A quel punto, appena ti beccano, tàcc, l’attivi e ti rifugi da qualche parte per poi riprendere a eliminare i nemici uno alla volta. L’altro aspetto che non mi esalta sulla taratura della sfida è che, ai livelli più alti, si tratta quasi sempre di avere a che fare con più nemici, che picchiano più forte e hanno più vita. Non sarebbe male se cambiassero anche le routine di intelligenza artificiale, rendendo i nostri avversari più pericolosi per via del loro comportamento. Quello che succede il più delle volte, invece, è che aumentare il livello di difficoltà non significa aumentare il livello di adrenalina, ma si arriva a dover affrontare un mero esercizio metodologico, di cautela un po’ stucchevole, per sfoltire le fila della massa dei nostri nemici. Sono un incontentabile, condannato all’eterna insoddisfazione? Non lo so, può essere, ditemelo voi. A voi non capitano delusioni simili? In realtà, adesso che ci penso, posso portare almeno un esempio positivo. Sto parlando di Sifu. Molto, molto bello Sifu. Tra l’altro, quando è arrivato su Steam, c’era già l’aggiornamento Arenas, e questo mi ha aiutato non poco.

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Infatti, ho fatto una prima partita per vedere com’era, e non sono arrivato lontano, diciamo neanche a metà del secondo livello. Dopo questo tentativo, ho passato un paio di serate nelle suddette Arene, che, sfida dopo sfida, mi hanno allenato a diversi tipi di situazioni; ancora mi ricordo quella in cui non è possibile usare la parata. Quante volte l’avrò rifatta, nemmeno saprei dirlo, ma quanto mi è stata utile! Il gioco di Sloclap è tarato sulla difficoltà che cerco io: anche Sifu è un gioco in cui non devo attivare le parti del mio cervello atte a prendere elaborate decisioni manageriali, l’azione fa da assoluta padrona, ma è un’azione che richiede un’attenzione sempre vigile, pena un rapido incontro con la schermata di game over. Arrivati a questo punto, sarebbe quasi criminale non menzionare almeno un soulslike o due, fra quegli esempi cruciali di videogiochi sfidanti. Fino a adesso, in realtà io non li ho amati.

Molto, molto bello Sifu

Certo, le cose possono cambiare, e ne parlavo proprio nel mio ultimo editoriale, in cui racconto come abbia di recente provato a dare una seconda possibilità ai giochi di FromSoftware. Con Elden Ring non sta andando male, ma sono piuttosto riottoso a portarlo come manifesto dell’archetipo del livello di difficoltà tarato in maniera perfetta. A parte che gli amanti dei soulslike potrebbero dirmi che il titolo open world degli sviluppatori nipponici è molto più facile rispetto alla trilogia Dark Souls, ma rimango non convinto. Il rischio della frustrazione è sempre dietro l’angolo, e per me ciò significa superare una linea che non sono disposto a oltrepassare nel tempo che dedico a un hobby che dovrebbe rilassarmi e divertirmi. Insomma, c’è un limite a tutto. Nello stesso spirito, capisco che ognuno di noi decide dove tracciare questa linea nella sabbia. Il mio Spider-Man: Morales, insomma, potrebbe essere l’Elden Ring di qualcun altro.

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