Cosa accade dopo l’ultima pagina di Moby Dick, il celebre romanzo nato dalla penna di Herman Melville? Che fine fa Ismaele dopo il suo salvataggio in mare aperto grazie all’intervento della Rachel? A queste domande prova a dare risposta Picaresque Studio, la software house indipendente con base a Torino che ha sviluppato Nantucket, un videogioco per PC che fonde elementi presi in prestito dai giochi di ruolo, dagli strategici a turni e dal mondo dei board game.
CHIAMATEMI ISMAELE
In seguito all’affondamento della Pequod e all’uccisione di Achab da parte della grande balena bianca, l’unico sopravvissuto, Ismaele, è determinato a vendicare i suoi compagni caduti, per questo decide di seguire la strada in precedenza battuta dal suo capitano e raccogliere quante più informazioni possibile allo scopo di porre definitivamente fine all’esistenza di Moby Dick. Di ritorno all’isola di Nantucket, al largo del Massachusetts, Ismaele non ha i mezzi necessari per partire direttamente alla caccia del terrificante mostro marino: senza il becco di un quattrino, con solo una misera bagnarola per navigare gli oceani, nonché privo di equipaggio, il nostro non può far altro che darsi alla caccia alle balene per accumulare denaro ed esperienza; solo così può sperare di trovarsi nuovamente faccia a faccia con il terrore dei sette mari.
Cosa accade dopo l’ultima pagina di Moby Dick, il celebre romanzo di Herman Melville? A questa domanda prova a dare risposta Picaresque Studio
Le prime ore di gioco si svolgono facendo la spola tra le aree in cui solitamente si cibano e riproducono i cetacei e gli insediamenti portuali, laddove è possibile vendere i proventi delle battute di caccia, quindi il grasso di balena e l’olio derivato dalla lavorazione dell’adipe. Quando ci si trova in mare aperto, il gioco del team piemontese assume le caratteristiche di un gestionale di stampo survival: bisogna tenere sotto controllo il livello dei beni di prima necessità, quali acqua e cibo, mantenere in buono stato l’imbarcazione (effettuando costantemente riparazioni allo scafo), e infine tenere alto il morale della ciurma assoldata nei porti in giro per il mondo. Gran parte di queste attività è automatizzata, il che evita al giocatore di impantanarsi tra i menu al fine di agire singolarmente sui vari parametri, e garantendo così l’opportunità di concentrarsi su tutte quelle aree che vanno a formare il cuore pulsante di Nantucket: la caccia e la risoluzione delle varie quest che via via vengono assegnate a Ismaele.
DADI, PIRATI E BALENE
Le battute di caccia passano obbligatoriamente per le sezioni di combattimento contro le diverse creature che popolano gli oceani. In questo caso, bisogna scegliere accuratamente i compagni da portare con sé sulle scialuppe dedite all’inseguimento e alla successiva uccisione dei cetacei; ognuno di essi può appartenere a una di quattro categorie principali: ci sono chiaramente i cacciatori, abili con l’arpione e nelle discipline di combattimento; i marinai, adatti soprattutto a proteggere le imbarcazioni dai contrattacchi delle balene; gli uomini di scienza, sempre pronti a curare gli eventuali feriti; e in ultimo gli artigiani, utili per fornire supporto alla ciurma.
Ovviamente, avere un equipaggio variegato aiuta non poco dal momento che ciascuno di questi ruoli è complementare agli altri; non bisogna nemmeno dimenticare che, previa acquisizione di abbastanza esperienza, ogni classe può essere specializzata: per fare un esempio, un cacciatore può acquisire abilità che lo rendono più efficiente contro le creature marine, mentre un altro potrebbe decidere di sbloccare capacità offensive da utilizzare solo ed esclusivamente contro i tanti pirati che solcano i mari.
L’elemento casuale ha un impatto non trascurabile in ogni scontro
UN OCEANO IN SALITA
Sono due gli elementi di Nantucket che destano alcune perplessità. In primo luogo, si ha l’impressione che la difficoltà non sia bilanciata in maniera ottimale: le prime ore di gioco sono caratterizzate da un’enfasi eccessiva sul grinding, obbligando il giocatore a combattere sempre contro gli stessi nemici per acquisire l’esperienza e il denaro necessari per potenziare la propria baleniera e, di conseguenza, affrontare le sfide più complesse. Si tratta di un procedimento eccessivamente tedioso che spezza costantemente il ritmo della narrazione, soprattutto considerato che, come sequel non ufficiale di Moby Dick, Nantucket pone un accento particolare sull’impianto narrativo.
si ha l’impressione che la difficoltà non sia bilanciata in maniera ottimale
Fatta eccezione per le missioni della main quest e alcune secondarie, Nantucket si inabissa in un mix di azioni da svolgere in maniera quasi meccanica, alienando il giocatore da quanto c’è di buono nell’opera di Picaresque Studio. L’esperienza scorre comunque in maniera piacevole, ma resta l’amaro in bocca per un prodotto che non riesce a sfruttare al cento percento il materiale di partenza, annacquando il tutto nell’oceano della ripetitività.
Nantucket è un titolo che punta in alto dal momento che nasce per dare un seguito alle vicende narrate nel Moby Dick di Melville, ma l’ambizione di Picaresque Studio non riesce a concretizzarsi appieno a causa di una formula di gioco che mal si presta al desiderio di portare avanti il racconto di Ismaele e della grande balena bianca. Caratterizzato da una ripetitività a tratti eccessiva, Nantucket resta comunque un buon prodotto che unisce elementi strategici presi in prestito dai board game ad alcune dinamiche proprie dei giochi di ruolo; peccato per una curva di difficoltà non sempre bilanciata al meglio. Una piccola nota: il titolo della software house torinese non presenta la localizzazione in lingua italiana, giacché tutti i testi sono in inglese.