Quando nel 2015 Martin Sahlin presentò Unravel sul palco di EA in occasione dell’E3, tutta la stampa rientrò a casa portandosi nel cuore quella sincera emozione che, quasi empaticamente, il Creative Director di Coldwood Interactive era riuscito a trasmettere. Si accalcarono news piene di amore per quel piccolo Yarny di lana che, livello dopo livello, andava a raccontare una storia toccante e poetica, forse anche perdendo di vista un dato di fatto: per quanto coinvolgente, il gameplay era ridotto all’osso. Capiamoci: ho amato Unravel giocandolo con mia figlia in poche sessioni mozzafiato, ma per essere un puzzle platform le meccaniche messe sul piatto erano una manciata.
Quando Sahlin presentò il primo Unravel, tutti percepimmo una genuina e sincera emozione
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Se nell’Unravel originale controllavamo un singolo Yarny dotato di un filo per agganciarsi, appendersi, dondolare o tirare dalla lunghezza ridotta e, tra le cose da fare, quella di raggiungere un nuovo gomitolo con cui ripartire era tra le priorità, in Unravel Two questo escamotage è stato del tutto eliminato. Certo, nel primo era giustificato dalla sottotrama per cui un fil rouge serviva da collante al susseguirsi cronologico degli eventi, ma Sahlin e soci avrebbero potuto tranquillamente trovare il modo di mantenere la feature. Invece no: nuova storia, sincronica rispetto all’incedere del nostro protagonista, a sua volta accompagnato da un altro amico lanuginoso che si legherà a lui in maniera indissolubile, rendendo superflua la necessità di srotolare la matassa per proseguire nonostante la quantità di filo resti limitata. Si può passare da uno all’altro premendo un tasto, congelando il personaggio non attivo nell’azione che stava compiendo, tipo tenere in tensione una corda o un oggetto che altrimenti scivolerebbe.
La presenza di due contrappesi ha dato modo di inserire meccaniche originali per la risoluzione degli enigmi
LONGEVITÀ
19 euro per quattro ore di gameplay, considerato il genere, potrebbero sembrare un po’ eccessivi… ma l’offerta di Unravel Two, rispetto a quanto proposto nel 2015, non si limita a una singola partita. Sono state introdotte le sfide a tempo, quelle da “arriva in fondo senza morire”, ma anche venti stage bonus che richiedono una grande determinazione per essere portati a termine. A volte serve la logica, ossia “come faccio a superare quell’ostacolo con entrambi?”, altre i riflessi. Giusto ieri sera mia figlia ha contato il numero di tentativi richiesti per superare uno di questi quadri e si è fermata a 58. Scrivo questa recensione con 9 ore sulle spalle che hanno fruttato la campagna principale, tutti i collezionabili e una decina di livelli bonus, che oltre alla gratificazione di essere riuscito a capire come completarli mi hanno regalato anche simpatiche personalizzazioni per i due Yarny (colore, forma della testa, occhi).
In quest’ottica, vien da sé che la piattaforma ideale su cui giocare Unravel Two sia la console, foss’anche solo perché sbloccare trofei o achievement è senza ombra di dubbio più soddisfacente che farlo su Origin, come invece ho fatto io.
BACKGROUND
Uno dei punti più criticabili di Unravel Two è quello della componente narrativa. Venendo a mancare quel background di ricordi ed emozioni sfruttati nel primo episodio in molti si sono sentiti traditi da Coldwood Interactive, che per questo secondo capitolo ha provato a raccontare la storia di due ragazzi in fuga. È vero: dal punto di vista del mordente Unravel aveva una marcia in più, ma se lo scotto da pagare per mettere le mani sulla straordinaria rivisitazione di un gameplay che aveva comunque delle frecce al suo arco è quello di accettare un canovaccio diverso, io lo accetto ben volentieri.
Il dipinto animato della software house scandinava resta meraviglioso da scoprire e rivivere in una seconda ru
Unravel Two introduce nuove meccaniche a una formula che anche in origine aveva un gameplay vincente. Gli sviluppatori hanno avuto il coraggio di rivoluzionare la logica di risoluzione degli enigmi ambientali affiancando al personaggio che tutti abbiamo amato nel primo capitolo un secondo Yarny a fare da contrappeso. Ci sono venti quadri bonus con cui scervellarsi per trovare la chiave del rompicapo, sfide a tempo e collezionabili in un contesto artistico di prim’ordine, colonna sonora compresa. I diorami animati sono incantevoli, per quanto meno evocativi del primo capitolo, anche se offrono un paio di script tutt’altro che banali e che colmano una lacuna fatta di colori più scuri e location meno selvagge. Insomma: resta un prodotto imperdibile non solo per i fan di Martin Sahlin ma anche per tutti quelli che stanno cercando un puzzle platform accessibile ma accattivante.