Avatar: Frontiers of Pandora – Recensione

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Un mondo al collasso, distrutto dall’Uomo. Un’altra volta. E un eroe per caso, cresciuto come un umano, ma di sangue na’vi. Avatar: Frontiers of Pandora è un viaggo alla scoperta delle proprie radici.

Sviluppatore / Publisher: Massive Entertainment / Ubisoft Prezzo: 69.99 Localizzazione: interfaccia e sottotitoli Multiplayer: coop online PEGI: 16 Disponibile su: PS5, PC, Xbox X/S, Amazon Luna Data d’uscita: 7 dicembre 2023

Non è per niente facile in questo momento essere un gioco ambientato nell’universo di Avatar. Immaginate: un videogame tratto dall’Intellectual Property del film che più ha incassato nella storia del cinema, omologo di un titolo del 2009 che non si può certo definire esaltante, in uscita alla fine di uno degli anni più memorabili, per quantità e qualità di release, della storia dei videogiochi.

Gli svedesi Massive Entertainment; tuttavia, non sembrano intimiditi da questo allineamento planetario e portano sui nostri schermi, sotto etichetta Ubisoft, Avatar: Frontiers of Pandora, first person shooter adventure che pur essendo legato ai film di Cameron racconta una storia inedita ambientata in una regione mai incontrata prima: la Western Frontier. La preview effettuata da remoto qualche tempo fa era risultata convincente nonostante qualche dubbio sull’eccessiva durata di alcune sezioni esplorative. Ora però non si gioca più, anzi ora si inizia a giocare sul serio, pitturiamoci di blu e apprestiamoci a eliminare un po’ di feccia umana.

AVATAR: FRONTIERS OF PANDORA, RISCOPRIRSI NA’VI

La trama di Avatar: Frontiers of Pandora merita di rimanere negli annali dello storytelling. Forti di due famosissime pellicole viste da una miriade di spettatori, gli sviluppatori avrebbero potuto semplicemente attingere a piene mani da quanto già disponibile, utilizzando i film stessi come spiegoni. Volendo però coinvolgere fin dal primo frame anche chi pensa che Pandora sia solo una tizia con il brutto vizio di aprire vasi che non dovrebbe, ecco l’efficace trucco narrativo per cambiare tutto senza cambiare niente: l’introduzione di un programma di condizionamento mentale dei na’vi atto a educare gli autoctoni come se fossero umani, dando loro addestramento militare per poi inviarli a combattere i propri simili.

Colonne di fumo e inquinamento scellerato. Ecco cosa han portato gli umani su Pandora.

Una serie di imprevisti però si conclude con il letargo criogenico del protagonista, che si risveglierà dopo quindici anni. Pensieri umani e sangue na’vi non sono destinati a convivere a lungo, riscoprendo passo dopo passo la propria natura, mentre accompagna per mano i neofiti all’interno dell’intricato mondo partorito da James Cameron. Ai suoi occhi, la situazione è desolante. Ci sono gli umani della Resources Development Administration, invasori e distruttori a caccia di risorse senza scrupolo alcuno. Patetici i pochi dissidenti, che combattono l’RDA più per compensare la codardia di non aver difeso a suo tempo il proprio pianeta natale – la nostra Terra – che per amore verso Pandora e i suoi abitanti. E poi i rassegnati na’vi, divisi in clan, incapaci di far fronte comune al pericolo, anime perse che vivono alla giornata nei luoghi non ancora resi inabitabili dalle fabbriche antropiche.

Background culturale umano, sangue na’vi. Questo lo stratagemma per accompagnare per mano i neofiti nell’universo creato da Cameron

A confronto, Endling – Extinction is Forever è una commedia. Ma ora ci siamo noi, con la disperata missione di riunire il nostro popolo e liberarci dei Sapiens prima che sia troppo tardi. La storia funziona nonostante l’abbondanza di personaggi stereotipati, dal vecchio saggio al guerriero indomito, anzi si potrebbe dire che sia anche troppo interessante rispetto alle side quest, finendo per mettere in ombra queste ultime. È anche vero che finché non ci verranno proposte missioni diverse da “Trovami questo ingrediente e ti farò una ricetta super” o “Tizio si è perso in Luogo Pericoloso Qualsiasi, per favore riportalo qui”, non potremo certo essere biasimati per ignorarle. Qui è mancato il pizzico di coraggio necessario per uscire un po’ da sentieri ampiamente tracciati.

NO, NON È FAR CRY, ALTRIMENTI SI CHIAMEREBBE FAR CRY 7

Negli ultimi tempi si sono rincorse voci riguardanti possibili similitudini con Far Cry arrivando financo a definirlo “Far Cry ambientato su Pandora”. Effettivamente prendendo come riferimento Far Cry 6 abbiamo molti elementi in comune: vegetazione rigogliosa, resistenza contro il nemico, scontri a fuoco, uccisioni stealth, e già che ci siamo aggiungiamo anche grafica in 3D, utilizzo di un gamepad per giocare e icona sul desktop. Visto come è facile trovare somiglianze? La realtà è che sono due giochi completamente diversi. Ovviamente essendo entrambi first person action shooter adventure non possono non presentare analogie, ma azzardare un paragone simile equivale a dire che la saga di Monkey Island altro non sarebbe che King’s Quest ambientato ai Caraibi.

A bordo dell’ikran la visuale passa alla terza persona, eccoci mentre cerchiamo di abbattere un elicottero.

Il ritmo di gioco di Avatar: Frontiers of Pandora è volutamente più lento rispetto a titoli simili. Molta enfasi è stata riposta nell’esplorazione, e anche se i combattimenti non mancheranno, solo la completa conoscenza di Pandora – vero protagonista del gioco – può volgere la sorte a nostro favore. Ciascuna delle innumerevoli piante ha una propria funzione, e questa volta l’enciclopedia in game non è solo una raccolta di testi da ignorare bellamente, necessitando invece un’attenta lettura. Legno per costruire frecce, tossine per improvvisare armi chimiche e foglie lenitive sono solo alcune delle risorse a cui attingere, prestando attenzione al loro ritmo circadiano. Alcune hanno più efficacia se raccolte di giorno, altre di notte, meglio se con la pioggia. Preparatevi a cucinare gustose pietanze che garantiranno buff di tutti i tipi, ma bisogna studiare un po’ prima di muoversi per Pandora come veri na’vi.

SNOWDROP? JAWDROP!

Fiore all’occhiello di Avatar: Frontiers of Pandora è la rappresentazione di Eywa’eveng – questo il nome del satellite in lingua dei nativi – che non sfigura minimamente accanto a quanto visto sul grande schermo. Tutto merito di Snowdrop, game engine proprietario upgradato per l’occasione, che ci accompagna lungo verdi vallate inondate da rigogliosa vegetazione realizzata con una cura maniacale. È facilissimo venir rapiti dalla bellezza dei vari biomi che comprendono canneti, foreste pluviali, paludi, caverne e catene montuose.

Il legame con l’ikran è così stretto che gli dobbiamo anche assegnare un nome. Ecco a voi Batuffolo.

La luce del giorno filtra tra il fogliame, mentre all’imbrunire le piante autoctone ci regalano uno spettacolo cromatico grazie alla bioluminescenza. Arrampicarsi sulle alte vette o volare sul nostro ikran – creatura alata con la quale stringere un indissolubile legame – non è solo parte del gameplay ma anche desiderio di ammirare orizzonti disegnati con cotanta maestria. I paesaggi sono così scenografici da risultare attraenti anche quando devastati dalla presenza umana. Le incessanti colonne di fumo che si alzano verso il cielo, rendendo l’ambiente torbido e plumbeo, sono anch’esse una gioia per gli occhi, ma il nostro scopo è ovviamente metterle fuori uso per permettere alla natura di riprendersi lo spazio che le è stato sottratto.

Grazie ai muscoli del potente game engine proprietario Snowdrop, Pandora è meravigliosa, proprio come visto sul grande schermo

Doveroso a questo punto segnalare la banalità dei minigiochi di hacking da portare a termine per disattivare generatori e turbine, che fanno rimpiangere quanto visto in System Shock. Buone notizie invece per chi ormai associa il termine open world a immense distese di nulla intervallate da qualche punto d’interesse: la Western Frontier è tutta da scoprire, in lungo, in largo e anche in alto e in basso, data la verticalità di alcune sezioni dell’immensa mappa. Gli amanti della fotografia virtuale partiranno zaino in spalla alla ricerca dello spot più scenografico, grazie a un photo mode che promette meraviglie.

SENSO RAGNO IS FOR BOYS. SENSO NA’VI IS FOR MEN

L’abilità più importante da padroneggiare in Avatar: Frontiers of Pandora è il senso na’vi, un potere che ci aiuta in ogni situazione. Attivandolo, possiamo vedere le scie olfattive rilasciate dalla fauna e capire se sono ostili o meno, esaminare e catalogare piante e animali, evidenziare munizioni e medikit, individuare nemici anche se situati dietro un muro o un qualsiasi altro ostacolo che li celi alla vista, nonché evidenziarne i punti deboli. Oneshottare i bersagli, meglio se silenziosamente, è indispensabile se non vogliamo trovarci addosso un intero esercito.

Girare senza meta con l’ikran per ammirare i paesaggi. Avatar: Frontiers of Pandora è anche questo.

Armati di archi e fionde, ma anche di armi sottratte all’RDA, tutte upgradabili presso gli immancabili banchi di lavoro, ci troviamo spesso a doverci infiltrare in complessi ben sorvegliati che portano a scontri a fuoco memorabili, al punto da augurarsi che le espansioni già programmate per il 2024 siano più ricche di azione. Grande libertà è data alla build del nostro personaggio, con punti abilità da spendere in cinque diversi alberi delle skill che spaziano dal bonus sui danni inflitti all’aumento delle capacità di crafting, passando ovviamente per le statistiche dell’ikran, coprotagonista di scontri a fuoco nei cieli, per l’occasione con visuale in terza persona.

I NA’VI SONO GRANDI ESPLORATORI, NOI NO PERÒ!

Un aspetto particolare da sottolineare in Avatar: Frontiers of Pandora è la tendenza ad abbandonarci a noi stessi nelle missioni di esplorazione. Quando dobbiamo raggiungere un luogo, oltre al marker sulla mappa per indicarci a grandi linee la destinazione non c’è altro. Pure i testi delle quest sono molto generici, con descrizioni sulla falsariga di “in cima alla scogliera più alta” oppure “a ovest del grosso albero”. Sembrano le vecchie mappe dei pirati che spiegano come il tesoro si trovi duecento passi dopo la roccia a forma di teschio.

Le uccisioni silenziose sono indispensabili per non far scattare allarmi.

Ok, ma dove si trova la roccia a forma di teschio? E duecento passi in quale direzione? Eccoci così obbligati innanzitutto a individuare la scogliera più alta, o l’albero più grosso, o chissà quale altro bizzarro luogo di interesse, sperando che sia davvero quello corretto, e poi vagabondare alla ricerca della destinazione. Attivare il senso na’vi serve fino a un certo punto, soprattutto quando per raggiungere l’obiettivo bisogna salire su un’altura o avventurarsi nel profondo di una caverna, perchè ci piazza un pin senza darci indizio alcuno sul percorso ottimale per raggiungerlo. Di conseguenza è molto facile trovarsi a tentare di scalare un promontorio da est quando magari bisognava avvicinarsi da ovest, insistendo a più non posso su un particolare salto, forti del dash a mezz’aria che ci rende capaci di balzi poderosi, certi che sia la strada giusta, sprecando un’infinità di tempo.

Eliminare un nemico con un sol colpo, senza far troppo rumore, è indispensabile per non allertare i rinforzi e trovarsi a combattere contro un esercito. L’esito sarebbe scontato

Non deve necessariamente essere visto come un difetto, del resto i na’vi sono grandi conoscitori delle foreste che non hanno bisogno del navigatore per giungere a destinazione. I na’vi. Noi però siamo umani e un aiutino in più non l’avremmo disdegnato. Va detto che una volta giunti sul posto la soddisfazione è grande, ma a che prezzo! Fortunatamente accampamenti alleati, basi liberate e hot spot già scoperti sono comodamente raggiungibili con il viaggio rapido.

In Breve: Avatar: Frontiers of Pandora è un gioco enorme in cui l’esplorazione ha un ruolo importantissimo, poichè ogni angolo della Western Frontier è ricco di piante da catalogare, ingredienti da raccogliere e materiali da utilizzare per migliorare il nostro equipaggiamento. I combattimenti sono molto avvincenti ed è indispensabile combinare azioni stealth con incursioni basate sull’effetto sorpresa. Il motore proprietario Snowdrop ci offre una rappresentazione grafica stupenda, che unita a una colonna sonora di qualità garantiscono un’esperienza quasi cinematografica. Chi cercasse azione senza sosta potrebbe trovare qualche momento morto di troppo, ma rimane un open world shooter adventure di estrema qualità nonostante non si sia mai cercato di introdurre novità alcuna al genere.

Piattaforma di Prova: PC
Configurazione di Prova: AMD Ryzen 9 6900HS, 16GB RAM, GeForce RTX 3080, SSD
Com’è, Come Gira: Visivamente eccellente anche con le impostazioni medie, che mi sono state proposte di default. Alzando il dettaglio grafico al massimo ha comunque retto molto bene, a parte sporadici cali di frame in situazioni random. La combo tastiera e mouse è imbattibile nei first person shooter, ma qui senza gamepad alcune operazioni risulteranno più complesse del dovuto.

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Pro

  • IP eccellente / Pandora è uno spettacolo per gli occhi / Combattimenti avvincenti

Contro

  • Sempre le solite side quest / Componente esplorativa un po’ lenta
8.8

Più che buono

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