Outcast - A New Beginning – Recensione

PC PS5 Xbox Series X

Correva l’anno 1999 quando, colmi di meraviglia, visitammo per la prima volta il pianeta Adelpha. Venticinque anni e un trascurabile remake dopo, Appeal Studios prova a emozionarci di nuovo con Outcast – A New Beginning.

Sviluppatore / Publisher: Appeal Studios / THQ Nordic Prezzo: € 59,99 Localizzazione: Testi Multiplayer: Assente PEGI: 16 Disponibile su: PC (Steam), PS5, Xbox Series X|S Data d’uscita: Già disponibile

Il primo Outcast è leggenda, ricordo ancora lo stupore per quel comparto grafico visionario, per la stupefacente rappresentazione di un mondo aperto tanto alieno quanto credibile. Per chi c’era allora è naturale che oggi, tra nostalgia e rilevanza sentimentale, questo seguito diretto non possa essere un action game in terza persona qualunque.

Dietro il progetto ci sono alcuni dei veterani che parteciparono alla realizzazione del cult originale. Nonostante il pedigree, tuttavia, il ritorno di Cutter Slade è un adventure open world dotato di pregi ma anche di difetti su cui può risultare difficile chiudere un occhio in nome dei bei tempi andati.

GUARDA CHI SI RIVEDE, l’ULUKAI

Il caro Cutter Slade, dicevamo. Resuscitato dagli Yod, l’ex Navy Seal si ritrova ancora una volta su Adelpha per salvare i Talan da un’invasione che li ha ridotti in schiavitù e minaccia di devastare il loro pianeta. Inizialmente non si hanno informazioni né si conoscono le motivazioni che hanno condotto il nostro vecchio amico di nuovo sul pianeta alieno, ma durante il tutorial – un’ora abbondante continuamente interrotta da cut-scene e dialoghi, Houston abbiamo un problema – vengono gettate le fondamenta narrative di una storia che, pur non brillando per originalità e verve, di riffa o di raffa si arrangia per tutte le trenta ore della campagna.

Oltre il tutorial vi aspetta la libertà, tenete duro.

Nel corso della lunga e poco ispirata fase introduttiva è fondamentale tenere duro, Outcast – A New Beginning parte lentamente e può demoralizzare col suo ritmo frammentato. Se sentite subito la mancanza di stimoli, pensate all’esborso (una ventina di euro in meno ci stava tutta, per me). Per sapere dove recarsi per completare le varie missioni – in generale niente di nuovo, si poteva compiere uno sforzo creativo in più, qualche attività extra prova a movimentare le cose ma con scarsi risultati – occorre sciropparsi una mole estenuante di dialoghi non sempre interessanti con numerosi NPC, un modus operandi vecchia maniera che, se da un lato permette di apprendere curiosità sugli autoctoni e pillole di cultura talan, dall’altro si ripercuote inevitabilmente sulla cadenza del gioco e sull’interesse del giocatore, moglie e marito fra cui presto o tardi il tedio mette il dito.

Il tutorial? Un’ora abbondante continuamente interrotta da cut-scene e dialoghi: Houston, abbiamo un problema

Ma allora perché consiglio di non mollare? Perché dopo la schermata che indica la fine del tutorial, il sequel di Outcast e la sua enorme mappa aprono le ali e spiccano il volo, sebbene non sia il caso di scomodare il baco e la farfalla giacché parliamo di un gioco capace di farsi amare e odiare allo stesso tempo.

OUTCAST – A NEW BEGINNING METTE LE ALI

In soccorso di un gameplay in cui l’esplorazione di un mondo misterioso nel bel mezzo di una crisi planetaria è l’ingrediente principale, giunge il provvidenziale jetpack. Si tratta dello strumento primario per gli spostamenti che, tra planate e acrobazie volanti assortite, da solo riesce a dare senso e corpo a un’ampia mappa open world ricca di biomi ma, soprattutto, topograficamente ideata per incentivarne l’utilizzo, un pianeta capace altresì di mostrare panorami da sogno e imperfezioni inopportune nello stesso scorcio.

Gli effetti speciali non sono entusiasmanti.

Chiaramente Cutter Slade non deve solo avventurarsi in luoghi esotici, recuperare risorse da rivendere per guadagnare pecunia con cui migliorare se stesso o il suo equipaggiamento, interagire con i suoi abitanti per capire cosa succede e come porre rimedio a una situazione gravemente compromessa. Spesso e volentieri gli tocca anche affrontare dei nemici, come la fauna aggressiva oppure i robot a guardia dei monotoni Avamposti.

Tra planate e acrobazie volanti assortite, il jetpack riesce a dare senso e corpo a un’ampia mappa open world ricca di biomi

Come quasi ogni elemento di Outcast – A New Beginning, anche il combat system è composto da luci e ombre che si abbracciano amorevolmente. Lo scudo da polso, il jetpack e la schivata vanno bene per le manovre difensive, le mod con cui modificare il comportamento delle nostre armi spingono a sperimentare alla ricerca del loadout che meglio si confà al nostro stile quando è ora di rispondere al fuoco. Fin qui tutto ok, peccato che l’entusiasmo sia destinato a essere smorzato da un’IA poco propensa ad adottare una tattica che non sia suicida, qualche intoppo tecnico di troppo e una difficoltà degli scontri poco stimolante.

ADELPHA NON È UN PAESE PER GIOVANI

Outcast – A New Beginning appare vecchio dentro, a un primo sguardo. Le animazioni e i volti fanno tornare indietro nel tempo, ma non in senso positivo perché stonano se paragonati alla passione con cui è stata realizzata Adelpha. Dal 1999 a oggi, inoltre, infiniti adventure open world in terza persona ci hanno proposto i suoi medesimi ingredienti, ritrovarseli nel piatto per l’ennesima volta difficilmente sorprenderà i patiti del genere. C’è però qualcosa di diverso nel modo in cui, questi ingredienti, sono stati amalgamati da Appeal Studios. Forse si tratta di una qualche spezia aliena che riesce a dare al gioco un sapore a suo modo peculiare, sicuramente non innovativo o rivoluzionario quanto l’indimenticabile avo ma stuzzicante, specie se si riesce a chiudere un occhio sulla mancanza di originalità complessiva e se non è la prima volta che si impersona l’ex Navy Seal.

Cutter Slade in tutta la sua… bellezza interiore.

Per riuscire a gustarsi il seguito di uno dei giochi che hanno fatto la storia del medium bisogna essere pronti a digerire qualche compromesso, mi riferisco a una ripetitività delle missioni e a qualche bug/glitch di troppo, come dei cumuli di massi che non toccano il terreno o un NPC che ti saluta anche se tu sei da tutt’altra parte, tuttavia è bello tornare su Adelpha dopo tanti anni, ritrovare Cutter Slade e aiutarlo a salvare la pellaccia sua e di chi lo circonda.

Per riuscire a gustarsi il seguito di uno dei giochi che hanno fatto la storia del medium bisogna essere pronti a digerire qualche compromesso

Prima ancora del feeling vagamente à la Avatar misto Stargate (i portali da attivare e attraversare sono centrali in Outcast – A New Beginning, non preoccupatevi), a colpire piacevolmente sono le possibilità in termini di esplorazione offerte dal jetpack e l’impagabile sensazione che regala il volo a pochi centimetri di distanza da un suolo alieno da cui sale un profumo di anni ’90. Che per qualcuno potrebbe risultare indigesto, per qualcun altro invece potrebbe ricordare casa.

In Breve: Non siamo ai livelli di miticità del primo episodio, è evidente. Outcast – A New Beginning è un seguito senza infamia e senza lode, al netto di un effetto nostalgia che inevitabilmente ha il suo peso ma non può giustificare ogni lacuna. Pregi e difetti quasi si equivalgono quando è ora di tirare le somme, apprezzarlo o meno dipende molto da quanta importanza di dà agli uni e agli altri. Questo è uno di quei casi in cui il prezzo non gioca a favore dell’opera, tuttavia con uno sconto una chance potrebbe valere la pena dargliela perché di Cutter Slade ce n’è uno solo.

Piattaforma di Prova: PC
Configurazione di Prova: Ryzen 7 7800X3D, Radeon 7800XT Nitro+, 32 GB RAM, SSD M.2
Com’è, Come Gira: Giocato in 4K, impostazioni su Ultra e 120-140 fps in game (cut-scene a 30). Le animazioni e i volti non fanno gridare al miracolo, mettiamola così. Adelpha è un pianeta bello da vedere e intrigante da esplorare, ma una nutrita lista di sbavature tecniche e il frame rate ballerino non gli rendono giustizia.

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Pro

  • Adelpha trasuda passione e cura / Il jetpack e l’esplorazione convincono / I fan della serie potrebbero apprezzarne il ritmo particolare e il game design…

Contro

  • Tecnicamente c’è ancora del lavoro da fare / Fase iniziale da mani nei capelli / … gli altri potrebbero reputarlo datato, ripetitivo e/o poco originale
7

Buono

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