SUPERHOT - Recensione

PC PS4 Xbox One

Nell’universo dell’intrattenimento, e di riflesso anche nel mondo videoludico, si va spesso avanti per paradigmi: abbiamo opere seminali realizzate da un manipolo di visionari dalle quali chi viene dopo estrapola le regole di base, e in questo modo vengono creati altri prodotti che vanno poi a posizionarsi all’interno di binari ben definiti. È così che nascono i generi, siano essi riferiti ai film, ai romanzi, oppure, ed è questo l’ambito che ci interessa maggiormente, ai videogiochi. C’è però chi quei vincoli li trova troppo stringenti e fa di tutto per piegarli a un’idea differente che riesca a trascendere, o addirittura a capovolgere quei principi.

ORDINE IN FRANTUMI

È il caso del team indipendente polacco che, nel fervore di una delle tante gamejam che proliferano in tutto il mondo, ha dato vita a un embrione dalla potenza ludica devastante, che sovverte l’ordine prestabilito su cui poggiano le fondamenta della stragrande maggioranza degli sparatutto moderni. È bastato porsi una domanda semplicissima, quasi banale, per dare vita a un’opera geniale: come sarebbe uno shooter dove tutto si muove al rallentatore? Dopo una campagna di crowdfunding su Kickstarter e una gestazione di quasi due anni, quell’idea è cresciuta da embrione a prodotto fatto e finito: SUPERHOT è finalmente sui nostri monitor.

Il gameplay di questo originalissimo sparatutto in prima persona si basa su un concetto che fa dall’immediatezza il suo punto di forza: il tempo è estremamente dilatato, e questo fa sì che l’azione sembri quasi immobile, tuttavia basta effettuare qualsiasi movimento per interrompere la distorsione temporale. Il tempo si muove solo quando lo fa anche il protagonista del gioco. In questo modo ogni stage diventa un puzzle, un arcano la cui soluzione giace nelle mani del giocatore e nel modo in cui decide di approcciarsi all’azione, sfruttando le innumerevoli possibilità offerte da un design dei livelli intelligente che sprona all’impiego di soluzioni creative e scenografiche per eliminare tutti gli uomini in rosso che vogliono lo scalpo del nostro avatar senza nome.

superhot recensione

In SUPERHOT il vero antagonista è il tempo

Tutto questo tenendo bene in mente che non sono loro il nemico in SUPERHOT: il vero antagonista è il tempo. È la gestione del tempo che costringe a un approccio ragionato: le traiettorie dei proiettili sempre ben visibili permettono, anzi impongono di calcolare con precisione chirurgica tutte le mosse evasive prima di passare al contrattacco, anche perché basta un singolo colpo per mandare in frantumi sia il nostro corpo che quello dei misteriosi rossi; inoltre, attaccare o raccogliere oggetti sposta in avanti le lancette molto più velocemente rispetto al semplice movimento, obbligando il giocatore a valutare l’impatto di queste mosse sull’economia temporale dello scontro.

MATRICE CROMATICA

Fortunatamente, gli sviluppatori hanno ben pensato di affiancare al gameplay uno stile grafico pulito e minimal, che esalta le meccaniche di gioco e favorisce il colpo d’occhio. Tutti gli elementi del livello con cui è possibile interagire si riconoscono con facilità, il nero di armi e oggetti risalta sul candore degli elementi di contorno, rendendo palesi tutte le opzioni utili per completare il livello, dando al tempo stesso un’identità forte allo stile di SUPERHOT.

Un’identità che viene a formarsi anche e soprattutto tra un livello e l’altro, quando si assiste alla narrazione della trama attraverso un’interfaccia che ricorda il buon vecchio MS-DOS: è qui che si dipana una storia che ricorda un B-movie degli anni Ottanta a tema informatico. Un soggetto che riesce intrattenere grazie a diversi escamotage narrativi ben congegnati, come la frequente rottura della quarta parete, ma che alla fine della fiera ha ben poco di originale. Tuttavia tra le directory di piOS, questo il nome del sistema operativo ispirato all’OS testuale della casa di Redmond, si celano anche tante chicche, come messaggi nascosti e simpatici minigiochi che puntano molto sul fattore nostalgia.

SUPERHOT SUPERHOT SUPERHOT!

Basta poco per venire ipnotizzati da SUPERHOT, dalla sua formula ludica elementare, dalla sua forte personalità. Eppure soffre di un importantissimo problema di fondo: i contenuti scarseggiano. La campagna principale si porta a termine in appena un paio di ore, a voler essere generosi, e le modalità alternative che si sbloccano una volta portata a termine l’avventura per la prima volta non riescono ad aumentare una longevità già di per sé risicata. Sì, ci sono le sfide grazie alle quali è possibile ripetere i livelli sottostando a regole ben precise, oppure affrontare orde infinite di omini rossi nella modalità Endless, ma questo non basta: prima o poi le sfide finiscono e ci si stufa di eliminare i nemici nelle arene.

SUPERHOT è un titolo che offre un’esperienza assai intensa, che controbilancia almeno in parte la sua brevità, con delle meccaniche fortemente innovative che danno spazio alla creatività dei giocatori. Ciononostante, è impossibile negare che la cosiddetta ciccia sia di fatto molto scarsa: qualche livello in più avrebbe sicuramente giovato, andando ad approfondire delle dinamiche di gameplay che rasentano la perfezione. In ogni caso, cari amici di The Games Machine, dovete assolutamente provare questo gioco, fosse anche solo perché si tratta dello sparatutto più innovativo a cui abbia giocato negli ultimi anni.

SUPERHOT è uno di quei giochi che si vedono una volta ogni lustro, se non di più: un’opera con un concept accattivante e, nella sua semplicità, geniale. Uno sparatutto in soggettiva sui generis che cattura il giocatore grazie a un gameplay che fonde immediatezza e strategia, dando vita a un mix brillante a metà strada tra un FPS e un puzzle game, tutto questo senza dimenticare una trama che non farà dell’originalità il suo punto di forza, ma che è narrata in maniera impeccabile. Peccato per una longevità decisamente scarsa: qualche ora in più di contenuti non avrebbe certamente guastato.

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Pro

  • Le meccaniche di gameplay sono molto innovative.
  • Il comparto artistico minimalista è quantomai azzeccato.
  • La narrazione riesce a rendere molto interessante una storia tutt'altro che originale.

Contro

  • Manca del tutto una colonna sonora.
  • La longevità è ridotta al minimo sindacale.
8.5

Più che buono

Le leggende narrano che a Potenza ci sia un antro dentro al quale vive una misteriosa creatura chiamata Alteridan. In realtà è solo il nostro Daniele, che alterna stati diurni di brillantezza ad altri notturni dove i suoi amici non hanno ancora capito che non conviene fargli assumere troppo alcol.

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