Yasha: Legends of the Demon Blade è il classico esempio di titolo affascinante sulla carta e nei trailer, che però fatica a reggere il peso delle sue stesse ambizioni una volta impugnato il pad.
Sviluppatore / Publisher: 7QUARK / 7QUARK Prezzo: € 28.99 Localizzazione: Testi Multiplayer: Assente PEGI: ND Disponibile su: PC (Steam), PS5, PS4, Xbox Series X|S, Xbox One, Switch Data di uscita: Già disponibile
C’è qualcosa di irresistibile nei giochi che pescano a piene mani dall’immaginario del Giappone feudale. Le foreste di bambù inondate dalla nebbia, i demoni che si nascondono dietro ogni albero, le lanterne oscillanti che rischiarano la notte e gli eroi tragici, condannati a combattere un male eterno brandendo spade intrise di vendetta e sangue.
Yasha: Legends of the Demon Blade, action roguelite firmato dal team taiwanese 7QUARK, parte da qui e lo fa con un piglio estetico che cattura subito lo sguardo, salvo poi smarrirsi quando si tratta di costruire un’esperienza ludica all’altezza delle sue premesse. Un po’ come una katana dalle rifiniture ricercate ma affilata alla bell’e meglio, destinata a tradirti proprio sul più bello.
UNA DANZA DI COLPI… E PROBLEMI
Il concept di Yasha è di quelli che promettono notti insonni: tre guerrieri soprannaturali — la ninja immortale Shigure, l’emissaria Oni Sara e il samurai arciere Taketora — intrappolati in un ciclo di morte e rinascita, costretti a sfidare orde di yokai e boss mostruosi per spezzare la maledizione lanciata dalla leggendaria Volpe a Nove Code (Naruto, sei tu?). A sorreggere il tutto, troviamo una struttura roguelite in teoria ben collaudata: si parte da un hub centrale, si scelgono missioni generate proceduralmente, si combatte, si muore, si riparte con qualche benedizione o potenziamento in più nel carniere. Una formula rodata, pensiamo ad Hades ad esempio, che trascina in un gameplay loop solamente quando è supportata da un sistema di combattimento raffinato e una progressione che dia senso ai tentativi reiterati. Ed è qui che il gioco di 7QUARK comincia a vacillare.
tre guerrieri soprannaturali intrappolati in un ciclo di morte e rinascita, costretti a sfidare orde di yokai e boss mostruosi
A livello di feeling pad alla mano, Yasha sa regalare soddisfazioni: le combo scorrono fluide, le abilità speciali illuminano lo schermo e la varietà di nemici — dai tengu alati agli scheletri guerrieri — è apprezzabile. Ogni run è scandita da ondate di creature da eliminare per accedere all’area successiva fino a raggiungere una delle boss fight, scontri spettacolari, spesso capaci di mettere alla prova il giocatore soprattutto nelle fasi avanzate. C’è però una nota stonata ed è la gestione della parata, una meccanica fondamentale giacché dovrebbe permettere di esibirsi in colpi devastanti: il sistema di parry. Penalizzati da una finestra di input migliorabile e da un feedback visivo-sonoro non sempre chiaro, non è raro sbagliare il tempismo per colpa di hitbox poco leggibili o di animazioni che non comunicano adeguatamente l’arrivo dei colpi. Il risultato? Una meccanica potenzialmente centrale finisce per essere accantonata a favore di una schivata più affidabile e permissiva.
Ogni run è scandita da ondate di creature da eliminare per accedere all’area successiva
QUANDO LO STILE NON BASTA
Difficile soprassedere su dei difetti così, ed è un peccato perché artisticamente Yasha possiede un carisma notevole. 7QUARK ha confezionato un titolo capace di ricreare l’atmosfera di un Giappone mitologico con scenari dipinti a mano, palette cromatiche suggestive e animazioni ispirate. Tra villaggi abbandonati immersi nella nebbia, foreste di aceri rossi e antichi templi avvolti dal fumo d’incenso, gli scenari sono un balsamo per lo sguardo. La colonna sonora, ricca di strumenti tradizionali e cori evocativi, contribuisce a costruire un mondo credibile e affascinante. Ma anche qui, sotto la superficie scintillante, si nascondono delle crepe. La varietà degli ambienti è limitata e, nonostante la generazione procedurale, ci vuol poco per rendersi conto che le mappe finiscono per assomigliarsi fin troppo, sia nella struttura sia nelle situazioni, leggasi spawn dei nemici. Lo stesso discorso vale per i nemici: al di là delle boss fight, gran parte delle creature si ripresenta con piccole variazioni cromatiche e pattern poco fantasiosi. Ciò si traduce in una ripetitività eccessiva, la quale non invoglia a investire energie e tempo in run sempre uguali.
Sul fronte narrativo, Yasha si accontenta di fare da cornice all’azione, con brevi dialoghi banalotti tra una missione e l’altra e frammenti di lore affidati a pergamene sparse per i livelli. Le backstory dei protagonisti sono abbozzate, prive di guizzi o colpi di scena, e non riescono a fare breccia emotivamente nel giocatore. È un peccato, perché il potenziale per raccontare storie di onore, vendetta e redenzione in un mondo popolato da spiriti e mostri c’era.
L’opera di 7QUARK si fa voler bene a tratti, ma manca di quella coesione e profondità necessarie per lasciare davvero il segno
In Breve: Parte benino Yasha: Legends of the Demon Blade: tre personaggi con stili di gioco diversi, possibilità di equipaggiare due armi e alternarle in combattimento, un’estetica intrigante e un’ambientazione irresistibile o quasi. Peccato che, scemato l’entusiasmo iniziale, run dopo run i difetti prendano il sopravvento permettendo alla ripetitività di fare il bello e il cattivo tempo. Il suo problema principale è che, là fuori, è pieno di competitor superiori a lui sotto svariati aspetti, ergo è complicato consigliarlo a cuor leggere. Chi adora il contesto e ama i roguelite con visuale isometrica potrebbe apprezzarne i lati positivi più di quelli negativi, ma per riuscirci deve chiudere un occhio o due sui limiti della produzione taiwanese.
Piattaforma di Prova: PS5
Com’è, Come Gira: Tecnicamente niente di grave da segnalare, ho avuto qualche problema con l’input della schivata col DualSense collegato via USB ma in wireless sono spariti. Artisticamente s’è già detto, il gioco vanta un impianto audio-visivo accattivante, peccato che non sia sufficiente a mantenere alta la curiosità del giocatore.