Un action-platformer ad altissimo tasso di nostalgia: Abathor riporta a galla ricordi di vecchie ma ancora splendenti glorie del passato come Rastan (Saga), The King of Dragons e più in generale la golden age Capcom, Konami e compagnia bella. Una forte propensione al coop non impedisce avventure in solitaria con quattro eroi da catalogo che garantiscono ore di divertimento old-style.
Sviluppatore / Publisher: Pow Pixel Games / JanduSoft S.L. Prezzo: 14,99 euro Localizzazione: Assente Multiplayer: Coop PEGI: +12 Disponibile su: PC (Steam), Xbox One, Xbox Series X|S, PS4, PS5, Switch Data d’uscita: Già disponibile
Per chi come me ha avuto la fortuna di vivere le estati giovanili degli anni 80, ma soprattutto 90, i migliori ricordi coincidono soprattutto con le ore passate in compagnia di amici nelle sale giochi. Questi luoghi divenuti ormai più rari di un unicorno dorato, che all’epoca erano piuttosto diffusi e frequentati soprattutto nei luoghi di villeggiatura (altra parola che ormai non si usa più). Le loro sale erano quasi sempre riempite da flipper e cabinati di titoli usciti uno o due anni prima perché le novità erano riservate alle sale più elitarie e cittadine.
Tra un Mexico 86, un Rygar e l’immancabile Cadillacs & Dinosaurs, il sottoscritto non disdegnava mai una partita a Rastan, Golden Axe e soprattutto The King of Dragons, uno dei pochi giochi che mi fregio di aver finito con un solo credito. Perché ho citato proprio questi due titoli? Perché sono quelli che mi sono saltati subito in testa non appena ho iniziato a giocare ad Abathor, titolo d’esordio del team Pow Pixel Games che ha puntato tutto sull’effetto nostalgia e sulla modalità coop, locale e online, elemento spesso fondamentale in molti dei giochi appena citati che anche in questo caso mira ad unire più giocatori per moltiplicare il divertimento.
ERAN GIOVANI E FORTI E… MORTI?
Sia chiaro, volendo potete giocare Abathor anche in totale solitudine, senza luci, con il telefono staccato, l’aria condizionata spenta e senza viveri. In questo modo è possibile ricreare abbastanza fedelmente le fatiche, il sudore e il sangue che i quattro protagonisti dovranno sputare per salvare Atlantide dall’ira degli dei.
Abathor, titolo d’esordio del team Pow Pixel Games, punta tutto sull’effetto nostalgia e sulla modalità coop, elemento in grado di moltiplicare a dismisura il divertimento
Crantor è forse il più banale dei tre, il classico barbaro tutto muscoli e spadone che a dispetto di una stazza importante può usare un utile roll per evitare gli attacchi nemici. Sais, lavalchiria è l’unica che utilizza uno scudo (infrangibile) che se usato con il giusto tempismo può bloccare e deviare gran parte degli attacchi base. Kritias è un ninja-like molto veloce, il suo attacco “volante” è una goduria ma occhio perché è anche il più debole del gruppo. Azaes, infine, è un mezzo demone detentore di poteri magici, uno stregone che può assorbire le anime dei nemici per potenziare i suoi attacchi… neanche a dirlo, è stato lui la nostra prima scelta.
IT’S DANGEROUS TO GO ALONE IN ABATHOR
Giocando in singolo è possibile apprezzare le suddette diversità e la scelta iniziale non va presa sotto gamba o fatta semplicemente per motivi estetici perché sia in termini di agilità che di attacco/difesa la resa sul campo può cambiare non poco. Va tenuto inoltre conto del fatto che Abathor oltre all’estetica ha ereditato dai suoi nonni degli anni 90 una curva di difficoltà piuttosto ripida, che già dopo il primo stage tende ad inerpicarsi abbastanza velocemente. A rendere l’esperienza un po’ più ostica del dovuto contribuisce un game design sul quale Pow Pixel Games poteva impegnarsi un po’ di più.
Anch’esso attinge a piene mani dalla tradizione, proponendo situazioni già viste e riviste (una passeggiata su un aquila volante? Un boss che si mangia una torre costringendoci a salire il più velocemente possibile? Ma dai…) ma purtroppo non è riuscito ad imparare da alcuni errori del passato. Qualche tuffo nel vuoto non previsto, occasionali problemi di collisioni con le piattaforme e un paio di glitch ci hanno fatto compagnia durante l’avventura, rievocando ricordi che avremmo preferito risparmiarci.
TEMPI ANDATI MA NEANCHE TANTO
La pixel-art di Abathor non raggiunge gli eccelsi livelli ammirati in prodotti raffinati, anche se diversi, come Sea of Stars, Dead Cells o il recente Animal Wells, ma è caratterizzata da una palette di colori molto ampia e da un livello di dettaglio decisamente più alto rispetto alla vecchia scuola.
Se Streets of Rage 4 ha dato il via ad un rinascimento del genere, titoli come Abathor tengono viva la fiamma di un genere scomparso per due decenni
Ancora una volta ci preme sottolineare quanto Abathor risulti superiore se giocato in compagnia di qualcuno. La presenza di due o più eroi non solo rende l’azione più veloce e coinvolgente ma riesce anche ad equilibrare meglio il livello di difficoltà e sopratutto a diluire quelle due o tre fasi del gioco che in singolo risultano un po’ troppo stiracchiate e ridondanti. Se il ritorno di Streets of Rage e delle Tartarughe Ninja hanno di fatto aperto un periodo di rinascimento per belt-brawlers, action-platform e via dicendo, nel sottobosco Indie titoli come Mother Russia Bleeds e il qui presente Abathor tengono viva la fiamma di un genere che dopo la sua golden age era fondamentalmente sparito. I videogiocatori “over anta” come il sottoscritto non possono che gioire e godersi il momento finché durerà.
In Breve: Un action-platform sulla falsariga di vecchie glorie del passato, che mantiene viva la fiamma di un genere scomparso per quasi due decenni. Abathor non è un titolo perfetto e non inventa nulla di nuovo, ma fa ciò che deve in maniera equilibrata e garbata, forte di una modalità coop divertente e competitiva il giusto, capace da sola di chiamare a raccolta giocatori di tutte le età.
Piattaforma di Prova: PS5
Com’è, come gira: Nessun problema a girare su PS5 anche in coop a quattro giocatori (e ci mancherebbe visto il tenore tecnico di cui stiamo parlando), ma Abathor è afflitto da un po’ di difetti che hanno reso l’esperienza meno piacevole e fluida di quello che avremmo sperato. Alcuni possono essere corretti, altri sono dovuti ad errori di design che speravamo facessero ormai parte del passato.